19
Keith era appena uscito dalla doccia quando qualcuno si attaccò al campanello di casa, suonando con insistenza, e subito Rocky e Adriana presero ad abbaiare furiosamente, precipitandosi davanti la porta d'ingresso. L'uomo indossò un accappatoio e raggiunse i cani, avendo già una mezza idea su quella che potesse essere l'identità del suo "disturbatore".
Evan si trovava ancora al lavoro – era tornato in servizio proprio il giorno prima – e sarebbe rincasato da lì a poco, ma suo marito possedeva – ovviamente – le chiavi, quindi non poteva trattarsi di lui.
Keith trasse un profondo respiro, si fece spazio tra i cani, e aprì la porta di casa.
-Mamma- disse lapidario, fissando il dito della donna ancora premuto contro il campanello. -Hai trovato il cancello aperto?- le chiese con fare ironico, mentre Rocky e Adriana le balzavano addosso per farle le feste.
-Ho aperto con le chiavi- disse Francine, tra una leccata e un Rocky che si alzava sulle zampe posteriori, facendo perno sul suo petto, con il rischio di farla cadere all'indietro.
Keith si affrettò a toglierle il cane di dosso e a richiamare anche l'altra bestiola, cercando di calmarla, e una sua coscia nuda comparve da sotto l'accappatoio.
-Oddio! Apri la porta di casa tutto nudo! Evan che può pensare?- esclamò Francine, entrando dentro l'abitazione.
-Che mia madre mi ha interrotto mentre facevo la doccia. Anche se possiede le chiavi di casa nostra- ribatté Keith e l'altra assunse un'espressione innocente. -Vado a cambiarmi- disse poi. -La prossima volta apri pure la porta di casa con le chiavi, però, altrimenti che te le ho date a fare?-
-Figurati se apro casa vostra con le chiavi! Metti che state... impegnati. Meglio di no, grazie- disse la donna e Keith, che aveva immaginato la sua risposta, scosse la testa con imbarazzo.
-Mamma!-
-Vatti a vestire, amore, altrimenti ti prendi un accidenti-
Il giovane aggrottò la fronte, ma seguì il suo consiglio e corse a cambiarsi. Tornò da lei pochi minuti dopo, sfoggiando un completo di alta sartoria che lo fasciava mettendo in risalto i punti forza del suo fisico.
-Wow- disse Francine, atona, seduta sul divano di Rocky e Adriana, tra i due cani. -Mi hanno sostituito il figlio con uno figo!- esclamò e l'altro le rivolse un'occhiataccia. -Sei bellissimo, amore- aggiunse poi, con tono dolce.
-Grazie. È solo la "divisa" del Seraphim. Tra un paio d'ore devo essere al lavoro- le rispose Keith, sentendosi sempre più in imbarazzo, e distolse lo sguardo da lei, avvicinandosi alla macchinetta del caffè. -Ti va?- le chiese, indicando con un dito il piccolo elettrodomestico. Francine scosse la testa.
-Preferisco una camomilla- disse con un lungo sospiro.
-Ah-
Keith rimase in silenzio per pochi istanti, intuendo subito il significato che si celava dietro la battuta della madre.
-È andata male?-
-Ringrazia che ci stava tuo padre- sibilò Francine.
-Non siete andati proprio da lei, vero?-
-Non avevo il suo indirizzo e chiederlo a Evan mi pareva troppo lampante-
Keith annuì.
-Neanche io so dove abita di preciso. Evan va sempre a trovarla da solo-
-E dovrebbe pure smettere di andarci- disse Francine, facendosi scura in viso. -Quella lì non se lo merita proprio un figlio come Evan, non si merita un figlio a prescindere- borbottò e Keith sospirò mesto. Le porse la tazza con la camomilla e tornò verso la macchinetta, poggiandosi contro il bancone della cucina, iniziando a sorseggiare il proprio caffè con sguardo assente. Rocky e Adriana abbaiarono di colpo e corsero verso l'ingresso.
-Chi c'è?- chiese Francine, aggrottando la fronte.
-Evan dovrebbe tornare a momenti. Vado a controllare- le rispose il figlio e sparì per qualche secondo. Quando fece ritorno, lo vide stringersi nelle spalle. -Falso allarme. Avranno sentito qualche rumore- disse Keith, sentendoli abbaiare ancora da lontano. -Aspetta, li faccio uscire in giardino, così si sfogano un po'. Il cancello l'hai chiuso, sì?-
Francine annuì e Keith fece come aveva detto. Quando tornò in cucina, prese posto su una sedia, vicino alla madre, evitando il divano soltanto per non incorrere nel rischio di riempirsi il vestito di peli di cane.
Sua madre lo fissò con estrema attenzione, notando sul suo viso un'espressione del tutto nuova, che gli donava un aspetto maturo e pacato. Keith era davvero preoccupato, tanto che alcune rughe d'espressione avevano iniziato a fare capolino agli angoli dei suoi occhi. Ed era preoccupato per suo marito, Francine lo capiva benissimo, ma quel mettere da parte ogni cosa che riguardava sé, ponendo Evan al centro dei suoi pensieri in modo assoluto, le rendeva lampante quanto il sentimento tra i due fosse diventato solido, nonostante le tante piccole e grandi incomprensioni che, all'inizio, avevano reso la loro relazione rocambolesca.
Era passato del tempo d'allora, Keith ed Evan erano cresciuti e lo avevano fatto insieme.
Suo figlio teneva le gambe accavallate, rigirandosi la tazza con il caffè su un ginocchio, perso tra i propri pensieri, e Francine non poté fare a meno di percepire un moto di orgoglio riempirle il cuore nel pensare che quella creatura meravigliosa era, appunto, suo figlio, che, a mettere al mondo quella creatura tanto perfetta ai suoi occhi, era stata proprio lei.
-Amore- lo richiamò e Keith si girò verso di lei.
-Uhm?-
-Andrà tutto bene- disse la donna, allungando una mano a stringere una delle sue. -Sistemiamo tutto-
-Temo che certe cose non si possano sistemare. A meno che tu non sia riuscita a fare ragionare Loreen-
Francine ritirò la mano e annuì.
-Purtroppo... no. Per fortuna, mi ero convinta a mettere il vivavoce e a tenere tuo padre con me-
-Per fortuna, era solo una conversazione telefonica-
-Per un istante ho creduto di potere entrare dentro il telefono e strozzarla, guarda, talmente mi ha fatta arrabbiare- ribatté Francine, stringendo con forza la tazza con la camomilla tra le proprie mani.
-Che ti ha detto?- le chiese Keith con un sospiro rassegnato.
-Cose brutte. Cose irripetibili. La sola idea di doverle pensare mi fa incazzare-
-Quindi...-
Francine scosse la testa e passò la tazza, ormai vuota, al figlio, che la poggiò sul tavolo, di fianco alla propria. La donna si protese in avanti e prese le sue mani nelle proprie.
-Loreen è una donna troppo attaccata alle apparenze, che parla più con una logica frutto di... convinzioni malate e antidiluviane. Non è solo Evan, il suo problema. Non ha neanche stima verso se stessa, perché donna. Non mi ha chiuso il telefono in faccia proprio perché ha capito che ci stava tuo padre, un uomo. Ora... io non so se lei è convinta di tutte 'ste stronzate perché è stata cresciuta così, ma non mi va di giustificarla-
-Ormai anche lei ha un'età, ha vissuto abbastanza da vedere il mondo cambiare. Farsi più "umano"- la interruppe Keith e Francine rinserrò la presa sulle sue mani. -Mi dispiace per Evan. Tiene tanto a lei...- mormorò ancora, ma non fu in grado di terminare la frase, dato che la voce gli venne meno. Francine si protese ancora di più verso di lui e lo strinse a sé, cullandolo nel proprio abbraccio.
Nessuno dei due si accorse dell'ombra in corridoio, anche perché davano entrambi le spalle all'ingresso della stanza. Evan – l'ombra in questione – socchiuse gli occhi e poggiò la nuca contro la parete alle proprie spalle. Aveva udito buona parte di quella conversazione e si sentiva abbastanza in colpa nel continuare a vedere le persone che amava preoccuparsi tanto per lui, perché lui non riusciva a fare a meno di sperare di risolvere i problemi con sua madre. Aveva desiderato così tanto avere con lei un vero rapporto madre-figlio da non rendersi conto di tutti quelli che aveva finito per coinvolgere in quella storia.
Non voleva che Keith stesse ancora male per colpa sua, non voleva che pure Francine e Jack si trovassero tirati in mezzo, e aveva già abusato fin troppo dell'empatia e della pazienza di Jeffrey. Senza contare gli amici che aveva tenuto lontani da sé, soltanto per non farsi sentire rinfacciare pure da loro che stava perdendo tempo dietro una causa persa. Sapeva che i loro attacchi erano colmi d'affetto e mirati a proteggerlo, ma Evan non aveva voluto essere "protetto" e si era allontanato da loro, con il rischio di perderli. Era fortunato ad avere accanto a sé persone che gli volevano bene a prescindere da quei suoi comportamenti discutibili – ne era consapevole.
Loreen era stata chiara: finché lui avrebbe continuato a vivere nella "perversione", lei non avrebbe più voluto avere a che fare con lui.
Evan tornò sui propri passi e uscì di nuovo in giardino, dove aveva lasciato Rocky e Adriana sul patio di casa. Prese posto sul dondolo, collocato in un angolo, tra le piante di rose e gerani di Keith – agonizzanti a causa delle sue scarse capacità da giardiniere – e si allungò ad accarezzare la testa della sua cagnolina. Adriana alzò il muso bianco, fissandolo con i suoi occhi bicromi che sembravano contenere tutta la pazienza e la comprensione del mondo. La vide socchiudere gli occhi e poi strofinarsi contro una sua gamba.
Evan si asciugò gli occhi con l'altra mano, rendendosi conto che stava piangendo di nuovo e proprio non riusciva più a sopportare di versare lacrime per una donna che non lo voleva. Aveva ragione Jeffrey: ormai aveva trentacinque anni, era un uomo, aveva una sua famiglia ed era arrivato il momento di tagliare fuori dalla sua vita Loreen. Non perché volesse farlo, ma perché capiva lui stesso di non avere alternative, se non voleva impazzire dietro quella storia.
Tirò su col naso e recuperò il proprio cellulare. Sbloccò lo schermo e aprì la rubrica. Rimase dei secondi infiniti a fissare il contatto di sua madre.
Accarezzò con fare impalpabile la parola "mamma", timoroso di fare partire accidentalmente una chiamata al suo numero. Era straziante sapere di avere una madre, ma essere pure consapevole di averla già persa – e chissà da quanto tempo, anche se lui aveva fatto di tutto per non ammetterlo con se stesso.
Con dita tremanti cliccò un paio di icone sullo schermo, finché non gli comparve la dicitura: "vuoi bloccare questo contatto?"
Ed Evan diede la conferma.
Lei non avrebbe mai messo piede a Los Angeles e lui non sarebbe più tornato a trovarla a San Francisco.
Aveva bloccato il suo numero di telefono e lei non avrebbe più avuto modo di contattarlo, né lui avrebbe potuto farlo – e si sarebbe impegnato con ogni fibra di sé per convincersi a non volerlo più fare.
Si sentì come travolto dalla perdita di sua madre, proprio come se stesse vivendo un lutto.
Diede una pacca ad Adriana, ma Rocky gli impedì di alzarsi dal dondolo, poggiando il muso su una sua coscia. L'uomo gli sorrise triste e prese ad accarezzarlo dietro le orecchie.
Pochi istanti dopo il suo cellulare squillò ed Evan trasalì.
"Calmati. Non può essere lei. Non più" si disse e trasse un profondo respiro, rispondendo alla chiamata.
•
-Hai intenzione di dirglielo?- chiese Francine e Keith si strinse nelle spalle.
-Se come ti ha detto, lei smetterà di contattarlo finché non avrà divorziato da me... Non penso che Evan sarebbe contento di saperlo-
-Hai paura che lui lo faccia pur di appianare le cose con lei?-
Keith rimase qualche secondo in silenzio, riflettendo attentamente su quella possibilità.
-No- disse pochi istanti dopo, facendo schioccare la lingua contro il palato.
-Ma vuoi dirglielo?- insistette sua madre.
-Dirmi, cosa?- chiese Evan, facendo il proprio ingresso nella stanza, scortato da Rocky e Adriana, con un sorriso luminoso stampato in viso. Keith sollevò entrambe le sopracciglia stupito e si alzò per andare incontro al marito, sentendosi a disagio all'idea di smorzare la sua apparente felicità con le ultime novità sul conto di Loreen.
-Ehm- fece Keith, ma Evan lo interruppe, mettendolo a tacere con un sonoro bacio. -Amore...-
-Buone notizie!- esclamò il veterinario, mentre lui aggrottava la fronte. -Ciao, Francine-
-Ciao, tesoro. Tutto okay?- gli chiese la donna, andando loro incontro, insospettita dallo strano comportamento del genero. Pareva che gli avessero iniettato nelle vene il siero della felicità.
Non che fosse intenzionata a lamentarsi del suo improvviso cambio d'umore, ma le suonava troppo strano vederlo tanto felice all'improvviso, dopo che aveva trascorso le ultime settimane in un limbo di tristezza palpabile.
-Vie quelle facce tristi- sussurrò Evan. -Ho... origliato la vostra conversazione, prima- ammise e Keith sgranò gli occhi.
-Cosa hai sentito?- gli domandò Francine.
-Un po' tutto-
-Quindi... non divorzierai da me per fare felice lei?- gli chiese Keith con un filo di voce, in preda al panico. Con sua madre aveva sostenuto con convinzione che suo marito non avrebbe mai potuto fare nulla del genere, ma il timore di essere stato troppo ottimista gli serrò la gola in una morsa dolorosa.
Evan aggrottò la fronte: doveva essersi perso quella parte della loro conversazione. Contrasse la mascella, ma poi si impose di ricordare che aveva deciso di tagliare Loreen fuori dalla sua vita. Non poteva più permettersi di farsi guastare la felicità da lei.
-Tu sei l'amore della mia vita. E ho deciso che Loreen non ce la voglio più, nella mia vita-
-Quando? Che è successo?- esclamò Keith, parlando tanto velocemente da mordersi la punta della lingua, mentre sua madre, accanto a loro, esultava in silenzio – non voleva apparire loro come una stronza che gioisce della rottura del rapporto tra una madre con il proprio figlio, ma era davvero felice di quella notizia.
-Lascia perdere. Avremo tempo per questo... o forse no. Per ora, abbiamo cose più importanti a cui pensare!- esclamò Evan, schiacciandosi il marito contro e compiendo in contemporanea un piccolo saltello di felicità.
-Cioè?-
Evan si prese qualche istante di suspence, si morse un labbro, mentre i suoi occhi scuri brillavano di gioia.
-Lily e Nate... hanno trovato una bambina per noi-
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