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12

-Ah, lei è la madre di quello-

-Quello ha un nome-

-Non mi interessa saperlo. Ho solo cercato di parlare con lui prima della cerimonia...-

-E non l'ha sentito il suo nome, durante la cerimonia?-

-Mi sono tappata le orecchie per non sentirlo-

-Certo che lei è davvero una...-

-Ero venuta qui solo per salvare la reputazione di mio figlio. Ma mi sono trovata in un covo di deviati che hanno fatto gruppo intorno a quello, impedendomi di intervenire-

-Deviata c'è lei! Come osa?!-

-Come osa lei! Vedi un po' se mi devo far dare della deviata da una che se ne va in giro con i capelli viola! Altro che madre, sembra una copia grottesca di una ragazzina ribelle degli anni Ottanta. Ci credo che poi suo figlio è venuto fuori così!-

-Senti, bella, a me puoi dire...-

-Non le permetto di darmi del tu! Né di darmi lezioni di vita! Ma proprio lei dovrebbe starsi zitta, che tutto è tranne l'esempio di una buona madre! Obesa, infantile e per giunta propensa a far passare per normali abonimi di questo tipo!-

Francine scrollò le spalle, cercando di sbarazzarsi dei cattivi pensieri.

-Pensavo che Evan fosse ancora salvabile...-

-Tuo figlio non ha bisogno di essere salvato!-

-Allora mi metterò seduta in attesa di vederlo colare a picco e poi verrò a sbatterlo in faccia a lei e vedremo chi, tra noi due, aveva ragione!-

Niente. Non riusciva proprio a far tacere la mente.

-Credi davvero che io possa gioire se a Evan succedesse qualche disgrazia?! È la gioia di mio figlio e per riflesso la mia, che adesso sono anche sua madre!-

-E se lo tenga! Ché io non ho che farmene, se lui si ostina a vivere in questo modo deplorevole!-

-Com'è che non è finita a scazzottate...- borbottò a mezza voce, fissando il paesaggio notturno del suo piccolo giardinetto, seduta su un gradino ai piedi della porta che introduceva in cucina.

-Con chi volevi fare a pugni?- si sentì chiedere e si girò di scatto, trovando suo marito sulla soglia, in ciabatte, calzoncini, canottiera e vestaglia di pile. Lo osservò mentre sbadigliava sonoramente, senza coprirsi la bocca con una mano, e scosse la testa.
-Stavo pensando alla Stronza- disse Francine, tornando a fissare la confusione che imperversava nel giardino: il tosaerba abbandonato in un angolo, la biancheria stesa, la cassetta degli attrezzi del marito con tutti i suoi arnesi sparsi tra l'erba che avrebbe dovuto tagliare, ma che rimandava di fare da circa un mese. E la pace e il silenzio tipico del distretto in cui vivevano, sormontato da un cielo in cui ogni tanto si riuscivano a scorgere anche un paio di stelle.

-Quella con la esse maiuscola?- le chiese Jack, sedendo accanto a lei, e le porse un accendino, così che lei potesse accendere la sigaretta che si rigirava tra le dita. Francine sollevò un sopracciglio e non disse nulla, anche se era stupita del fatto che proprio il marito le avesse porto un accendino, dato che detestava vederla fumare.

-Conosco solo una Stronza, io, per mia fortuna. Tutte le altre che conosco non hanno mai avuto problemi con me. Quindi non sono stronze-
-Giusto- disse l'uomo, annuendo poco convinto, infastidito dal fumo di sigaretta. Si spostò un po' sul gradino, allontanandosi da lei, e batté le mani sulle ginocchia. Francine alzò gli occhi al cielo e trattenne un sorrisino. -È lei che ti tiene sveglia a quest'ora?-

-Sono solo le due. Di solito aspetto l'orario, più o meno, in cui penso che Keith sia tornato a casa, per andare a dormire, lo sai-
-Certo. Perché c'entra niente la tua insonnia...-
-Quella è la vecchiaia- lo interruppe Francine con una smorfia e un sottile sbuffo di fumo.

-Ma smettila, che sei ancora un fiore!- borbottò Jack, arrossendo, e sua moglie rise, ringraziandolo e spegnendo la sigaretta.

-Non ti devi preoccupare. L'insonnia ce l'ho perché sto in pensiero per Keith, che lavora di notte. Se non mi arrivano messaggi o telefonate fino alle quattro... allora posso andare a dormire-
-Ma oggi non è restato a casa?-
-Ieri. Che Evan è tornato da San Francisco e non stava bene ed è rimasto con lui. Oggi è tornato al lavoro-
-Evan?-
-Si è preso una settimana di ferie, ce l'ha detto quando sono stati qui per Natale, mio caro. La tua memoria fa cilecca-
-Non mi riferivo a questo- borbottò Jack e Francine annuì.

-Sì. Ti stavo prendendo un po' in giro- disse la donna con un sospiro.
-La chiamerai?- le chiese il marito e Francine comprese subito a cosa si stava riferendo.
-Mi sto prendendo un po' di tempo- gli rispose.
-Giusto- ripeté Jack e rabbrividì.

-Un pigiama più pesante no, eh?- gli domandò sua moglie con ostentata noncuranza e l'altro aggrottò la fronte.
-Se entrassi dentro invece di farci gelare le chiappe fuori...-
Francine rise e fece per alzarsi, ma l'altro la trattenne per una mano e le diede un bacio a una guancia.

-Non è che devo venirti a recuperare in qualche Stazione di Polizia, nei prossimi giorni, perché ti sei presa a pugni con la Stronza, vero?- le chiese con un tono che oscillava tra l'ironia e l'apprensione.

Francine scosse la testa e lo mandò a quel paese, alzandosi dal gradino, precedendolo dentro casa.

-Non voglio causare ancora più guai. E per ora sono troppo arrabbiata, lo capisco da me- disse mentre chiudeva la porta a chiave.
-È successo qualcosa?-
-Niente che tu non sappia già. Purtroppo, sono uomini, sono adulti, ma dentro sono sempre bambini ed Evan vuole bene alla Stronza...-
-È sua madre- la interruppe Jack.
-Non chiamarla così che mi metti i brividi-
-Scusa-

Francine sospirò e raccolse i folti capelli viola in una coda alta, mettendo in risalto l'ovale del suo viso un po' pieno, ma dalla pelle ancora liscia come quella di una ragazzina. Non aveva un elastico a portata di mano, quindi lasciò andare i capelli e incrociò le braccia sul seno.

-Voglio bene ad Evan, come a Keith, quindi... anche se Keith mi ha chiesto di intercedere con la Stronza, prima mi devo calmare un po'-
-Sì, meglio- convenne Jack e l'altra gli rivolse un'occhiataccia. -Quando mi guardi così, riprovo lo stesso dolore che provai la prima volta che ci incontrammo e distruggesti il mio adorato camioncino dei pompieri...-
-Ma smettila! Avevamo otto anni-
-Sul serio!- fece Jack, portandosi una mano all'altezza del cuore e scuotendo la testa, assumendo un'espressione affranta. -Dovevo capirlo allora che, con te, non c'è da scherzare!-

Francine lo mandò di nuovo a quel paese, ma il suo volto apparve al marito più disteso e rilassato. Persino i suoi occhi scuri sembravano avere abbandonato la luce tormentata che li aveva illuminati fino a pochi istanti prima. Le passò un braccio intorno ai fianchi e le baciò, di nuovo, una guancia, facendole strada verso la loro camera da letto.

Mentre sua madre e suo padre facevano di lui e di suo marito il loro argomento di discussioni notturne, Keith si apprestava a concludere un'altra giornata di lavoro al Seraphim. Stava scendendo le scale che conducevano dal soppalco al pianterreno e recuperò il proprio cellulare, ma si trattenne dal controllarlo finché non mise entrambi i piedi sullo stesso livello, arrivando a destinazione.

Evan, come d'accordi, gli aveva scritto spesso nelle ultime ore, anche se Keith era stato impegnato con il proprio lavoro e non sempre aveva potuto rispondergli. Tuttavia era contento di avere ricevuto notizie costanti da parte del marito – e pure un paio di foto che lo ritraevano intento a impiastricciare qualcosa in cucina, con Rocky e Adriana sullo sfondo a rendere il tutto più caotico. Ma Evan sembrava di nuovo sereno – o, almeno, stava provando a esserlo – e quello rincuorò un po' l'uomo, anche se non vedeva l'ora di tornare a casa e passare del tempo con lui.

Soprattutto per accertarsi che stesse davvero bene.

-Uhm. Candele e ce le abbiamo. Champagne e ce l'abbiamo. Fragole e ce le abbiamo...- captò dire, senza riconoscere chi aveva parlato – troppo distratto dai propri pensieri – e, ancora intento a fissare lo schermo del cellulare, seguì quella voce di uomo, arrivando fino al bancone del bar, dove finì per sbattere contro qualcuno.

-Ma ciao, mio sexy direttore!- esclamò Claud e Keith trasalì, alzando gli occhi sul serafino. Accanto a lui vide anche Ryan e Jade e, dall'altra parte del bancone, Amber e una delle ragazze che l'aiutavano nel lavoro: Bonnie.
-Ciao, Jade- bofonchiò Keith e il giovane gli rivolse il cenno di una mano.
-A me non saluti?!- chiese Claud, plasmando la propria espressione affinché apparisse il più possibile dispiaciuta. Ma restava Claud, che riusciva a rendere ironico pure il momento più triste, perciò il suo viso trasmise ai presenti abbastanza ilarità da strappare a tutti un sorriso.

-A te ti avevo già visto- sbuffò Keith, togliendogli di mano il foglio che, fino a un istante prima, l'altro stava leggendo.
-Ma cos'è?! L'elenco delle cose per una serata hard?!- tuonò al termine della lettura, con sgomento.
-Stanno stilando la lista delle cose che serviranno per la festa di Capodanno- disse Jade con una smorfia e Keith sgranò gli occhi in preda al panico.

-La festa del prossimo anno, intendi, vero? Perché per domani è già tutto pronto, vero?!- esclamò, mentre il suo tono di voce toccava picchi sempre più acuti e isterici ad ogni parola che pronunciava.

I presenti si scambiarono uno sguardo complice, mentre Amber si portava una ciocca dei suoi biondi capelli dietro un orecchio, distogliendo gli occhi da lui che, invece, stava tentando di instaurare una comunicazione visiva con lei.

-Oh mio Dio! Jeffrey mi licenzia!- strillò Keith. -Vi avevo consegnato il programma per Capodanno il mese scorso! Avreste solo dovuto prendere le consegne...!-
-Che colpa ne ho io se i fattorini si rincoglionisco quando incontrano il mio sguardo seducente?- lo interruppe Claud, prendendo a rigirarsi una ciocca di capelli tra due dita.
-In che senso?- chiese Keith.
-Ignoralo- intervenne Ryan, picchiando un paio di schiaffetti su un braccio del compagno.

-La ditta a cui ci rivolgiamo di solito ha preso il tuo ordine, ma... è fallita. Tipo la settimana scorsa- disse Amber con un risolino nervoso.
-E non mi avete detto nulla?!-
-Stavamo tentando di risolvere il casino senza che tu lo trasformassi in un episodio di catastrofe biblica- disse Claud e Jade dovette trattenersi per non ridere della battuta del proprio compagno.

-Fermi tutti!- esclamò Amber. -Facciamo un punto della situazione. Alla fine ci mancano solo un paio di cose della merce che avevamo inserito in elenco...-
-Possiamo mandare Claud a prenderle così me lo togliete di torno, grazie- disse Keith e Ryan rise, mentre Jade afferrava Claud per un braccio, nonostante le sue infantili proteste, e iniziò a spingere il compagno fuori dal locale, seguito dal terzo della loro relazione.

-Ma come! A quest'ora quasi tutti i negozi sono chiusi! Come puoi liberarti di me così, Coleman!- stava sbraitando Claud, ma grazie alla spinta poderosa di Ryan, che aiutò Jade a staccarlo dall'angolo del muro a cui il biondo si era aggrappato con entrambe le mani, i tre sparirono dalla circolazione nel giro di pochi secondi.

-Ci mancano pure i danzatori esotici che...- mormorò Amber, dopo essersi schiarita la gola e avere fatto cenno a Bonnie di lasciarli soli. Dopotutto, ormai erano in chiusura e il turno della ragazza era già finito.
-Quelli non sono oggetti- disse Keith con un gemito di sofferenza. -Com'è che fallisce la ditta di trasporti e non c'abbiamo neppure i danzatori esotici?!- tuonò mentre l'amica sgranava i suoi grandi occhi castani e si affrettava a dargli le spalle, con la scusa di riempirgli un bicchiere d'acqua.

Keith prese posto su uno sgabello a ridosso del bar, mentre un paio di serafini uscivano dal locale, dopo averli salutati, seguiti pure da Tom. Poco dopo arrivò anche Eric e si congedò da loro, e così, in tutto il Seraphim, rimasero soltanto loro due. Amber gli poggiò tra le mani un bicchiere d'acqua e gli sorrise accondiscendente.

-Il leader del gruppo che avevi contattato... ha riconosciuto Claud e ha dato forfait dopo che ha discusso con Ryan. Per fortuna ci stava Jade, anche ieri sera...-
-Per fortuna, è spesso qui- la interruppe l'uomo con un sospiro mesto.
-Ha chiuso da poco un caso importante. L'F.B.I. era troppo contenta e lui si è premiato prendendosi qualche giorno di riposo-
-Non ero ironico. Menomale che c'è Jade davvero. Tra i tre è quello più conciliante-
-Vero- concordò Amber. -Altrimenti finiva in rissa- sussurrò, intervallando le proprie parole con dei risolini isterici.

-Che cosa?! Manco una sera e succede il finimondo!- urlò Keith.
Amber alzò entrambe le mani in segno di sconfitta.
-Però ho già contattato Daniel. È stato un tesoro! Hanno diversi modelli ballerini in agenzia. Un paio pure di danza esotica. Ne sta discutendo con Jeffrey e...- ma venne interrotta dal proprio cellulare, che prese a squillare e a vibrare sulla superficie del bancone. Lo indicò con entrambi gli indici e sorrise. -Deve essere lui!- esclamò.

-A quest'ora?-
-Sono tornati da B.B.L. ieri e lo sai che lavorano pure di notte. Altrimenti come se la conquistavano la nomea di "vampiri"?- domandò Amber con fare retorico e rispose al telefono.

Mentre l'amica era intenta a conversare con Daniel, Keith recuperò il proprio cellulare e aprì la chat con sua madre.
"Chissà se l'ha già chiamata".

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