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tw: smut.

Se solo fosse un po' più onesto, Manuel ammetterebbe che sul momento sta sbagliando tutto.

Non aveva molta voglia di uscire in realtà, tantomeno di andarsi a chiudere in un locale la cui clientela, a partire dal vestiario fino al tenore dei discorsi intrattenuti, rappresentava quanto di più distante da lui potesse esserci, ma, poco prima – mentre dava fondo ad ogni paranoia e tormento possibile – anche una prospettiva così misera di contatto col mondo gli sembrava meglio del rimanere recluso in casa.

Era un'abitudine sviluppata in tenera età quella di affacciarsi nelle vite degli altri per trovare distrazione dalla propria.
Che fosse rendendosi ascoltatore di cari amici e le loro paturnie, o ancora strappando, con sguardi prolungati e a tratti importuni, stralci di quotidiano da ignari passanti, tutto diventava un modo amatoriale di sentirsi parte del mondo e, per questo, meno solo nel farlo.

Si concentra allora su quanto avviene attorno a sé, la gentilezza dei colleghi di lavoro che l'hanno voluto lì a cena, il racconto del viaggio di nozze da poco concluso di uno, l'imminente matrimonio di un altro, tante piccole onde che lo tengono a galla e gli permettono di muoversi a prescindere dalla sua inerzia.

E' fermamente convinto di starci riuscendo, a stento partecipe come cerca di essere ai vari discorsi, nessuna responsabilità a gravargli addosso o aspettative da dover soddisfare, solo un piccolo ruolo marginale in una storia che non lo riguarda.

Eppure, nonostante il raggiro autoindotto, un pensiero continua a insistere nella testa, a battergli nella stessa martellante maniera dalla scorsa notte senza segno alcuno di cedimento.

Lo ha letto nel calendario della cucina, sul telefono in stand-by sopra il comodino, poi per poco non si è fatto arrestare per danneggiamento quando l'ha trovato pure a scorrere a caratteri cubitali nella croce della farmacia difronte casa e, con un ma vaffanculo tra i denti, ci ha quasi tirato delle pietre contro.

Una persecuzione di cui, tra l'altro, poteva benissimo fare a meno, considerando che, anche in mancanza di ausili esterni, Manuel sa perfettamente che giorno sia oggi, grazie tante.

E, al solito, per tutti questi crucci a tormentarlo non può prendersela con nessuno che non sia se stesso.

Gliel'ha detto prima Chicca e poi Matteo, quanto la sua presenza sarebbe stata gradita, addirittura voluta, a quel compleanno il cui invito giaceva ancora senza risposta nei meandri di whatsapp, ma Manuel, stoico e testardo come solo la sua stupidità lo rende, alla fine si era negato.

Subito dopo, gli epiteti poco gentili ricevuti dai due amici non lo avevano affatto sorpreso.

"La fate facile voi" borbottava contrariato "lo so solo io come ci sto a comportamme così" e Chicca allora insorgeva, gli andava contro.
"No, semmai sei tu che la fai più difficile di quello che è" un dito fermo contro il suo petto "hai perso un sacco de tempo a rosica' perché non hai capito che sto ragazzo lo volevi già al liceo e qualcuno è arrivato prima di te" attestava forse un po' troppo cruda "ma per fortuna tua quello era talmente sottone che ha preferito rimane' da solo piuttosto che sta' con un altro!, e so dieci anni ormai che vi ballate attorno, Manuel- dieci!"

"C'è gente che in sto lasso de tempo se sposa e se cresce pure dei ragazzini, Manueli'" aggiungeva Matteo per avvalorarne le parole.

"Noi lo sappiamo bene come stai" riprendeva Chicca con un tono più comprensivo "ti vediamo tutti i giorni che cerchi di fare l'amico con Simone, di evitare situazioni scomode o di non ingoiarte la lingua per quanto sei geloso se quello ce racconta di qualche uscita senza impegno... però Manu, certe volte non pensa' solo a te, chiediti pure come sta lui, che cosa vuole..."

E mai gli era sembrata più scorretta una richiesta, quantomeno perché lui a Simone ci pensava di continuo, anche ore dopo la discussione con gli amici, mentre butta giù in fretta un bicchiere di vino e i discorsi degli altri attorno si fanno sempre più inconsistenti.

Se lo figura alla sua stessa festa, ne riconosce l'aspetto impeccabile, le gote leggermente arrossate dall'alcol e dall' imbarazzo per tutte le attenzioni che tanto lo inibiscono, poi il sorriso ampio e grato verso i presenti, un po' meno quando si ricorda degli assenti.

Vede nitidamente davanti agli occhi la speranza che lo agita mentre perlustra comunque il salotto con lo sguardo, come a dare un'altra possibilità, l'ennesima, a Manuel per fare bene, per non ferirlo più.
Gli trema il corpo da capo a piedi nel riconoscere poi la delusione dalla quale Simone viene assalito all'esito di un'infruttuosa ricerca e che tenta di nascondere con il viso per un attimo abbassato, la smorfia di dispiacere rivolta al pavimento, prima di tornare a mostrarsi felice.

Ed è incredibile, a tratti scoraggiante, quanto possa essere bello, tanto che Manuel si domanda, non per la prima volta, se ogni persona al mondo si renda conto del fatto che, anche in un'azioni semplice come quella di esistere, Simone non sembra essere parte del genere umano – ma piuttosto sceso direttamente dall'Empireo per benedire tutti con la sua presenza – o se è solo lui a delirare per quanto ne è innamorato perso.

Non dovrebbe stupirsi allora, trascinato com'è dal flusso di pensieri, ad immaginare che chiunque lì presente gli orbiti attorno: dagli amici di sempre, con Palmieri estenuante nella sua necessità di abbracciarlo di continuo, fino a quel collega di scuola che lo importuna dall'inizio dell'anno, proprio quello che a Manuel tanto fa desiderare di stare lì solo per scostare malamente la mano che si ostina a tenere sui fianchi del più piccolo e, per precauzione, emettere pure un ringhio manco fosse una bestia inferocita.

Lo terrorizza l'idea che l'amico possa offrire uno spiraglio di speranza a tale soggetto, lo riporta agli anni del liceo, al periodo in cui, per andare appresso ad una stupida distrazione che gli ha tolto sia la voglia di vivere che l'amata moto, non si è accorto di cosa stava lasciando indietro.

Il problema è che ora te ne accorgi, ma non fai comunque nulla a riguardo, gli ricorda intanto una voce cattiva nel cervello.

Sia chiaro, non lo trova per nulla attraente o adatto a Simone uno del genere.
E non ha fatto mistero di questo pensiero con nessuno Manuel, tantomeno in presenza dell'amico al quale, anzi, si è premurato di far notare come fosse anni luce da lui.

"Sempre così preciso, patinato, Simo'– mai un capello fuori posto, una sorpresa in quello che dice o fa..."
"E che c'è di male in questo?" era la risposta difensiva "Magari io ho bisogno di uno così!, che non mi tenga sulle spine... magari voglio uno che sia tranquillo, puntuale, che fa quello che dice e viceversa!"

Distendeva pure il viso in un sorrisetto soddisfatto alla fine, con la certezza di averlo azzittito per bene all'ennesima provocazione, tornando subito dopo a focalizzarsi sul resto della compagnia per riprendere a parlare.

L'altro invece attendeva solo che aprisse bocca per interromperlo ancora.
"Tu non vuoi questo" e non c'era un velo di incertezza nel tono adoperato "tu non lo vuoi uno del genere"
Gelava sul posto Simone, il corpo fermo e solo la testa ruotata con la fluidità di un automa di nuovo verso l'amico.
"E" si schiariva la voce "e che cos'è che voglio io Manuel? Dimmelo tu, visto che mi sembri così informato"

Non si faceva cogliere impreparato Manuel mentre "l'esatto opposto" replicava perentorio.
"Tu Simo' vuoi qualcuno che ti tenga testa, qualcuno che non ti dica sempre sì solo per farti contento, ma che comunque per te sia pronto a ribaltare il mondo. Uno che sia sicuro di sé, che sappia quello che vuole e come lo vuole, che non debba chiedere nulla" gli occhi fissi in quelli difronte a sé "ma solo prendere ciò che è già suo."

Sbatteva le palpebre Simone, una volta per processare quanto ascoltato, l'altra per rimettere in moto il cervello evidentemente andato in tilt.
Si prendeva appena un attimo per riordinare i pensieri e "forse hai ragione" concludeva poi "peccato che non abbia mai trovato nessuno così."



Quella era stata l'ultima volta in cui il discorso era venuto fuori in maniera tanto palese e Manuel mentirebbe se dicesse che le parole finali, provocatorie o reali che fossero, non gli rimbombano ancora nella testa.

Certo, aveva messo a nudo i reali desideri dell'altro, aveva dimostrato di conoscerlo molto più di quanto si potesse credere, ma anche quello con mezza frase non si era risparmiato nell'esporlo, nell'accendere una luce abbagliante e fastidiosa sulla sua ipocrisia.

Forse allora la questione si consuma tutta qui, riflette.
Lui poteva essere ciò che Simone voleva, ma, se non si mostrava onestamente, gli avrebbe preferito la soluzione più facile e immediata, o quantomeno l'unica di cui aveva bisogno.

Non può permettere che accada.

L'ha fatto a 18 anni, era stupido e inconsapevole, non aveva vissuto un giorno di adolescenza e, nella fretta di farlo, ha cercato di recuperarla in ritardo, andando fuori tempo e confondendosi nel percorso.
Ma ora è diverso, ora non ha più dubbi o distrazioni a tormentarlo.

Ed è talmente assorto in questa presa di coscienza da non rendersi conto di non avere più un tavolo di ristorante e annessi colleghi attorno, ma proprio le scene della festa che credeva di star immaginando in un delirio semi onirico.

Non sa nemmeno con quale lucidità sia arrivato in moto dal lato opposto di Roma, ma si ridesta quando Chicca davanti la porta – sorpresa quanto lui di trovarlo lì – prima lo stritola e gli dice "te sei convinto finalmente", poi lo trascina all'interno giusto in tempo per vedere Simone abbassare lo sguardo su una fila ordinata di fiammelle e, dopo un attimo di pausa ragionata, spegnerle con tutta la forza che ha.

Il caos che esplode è micidiale, eppure a Manuel sembra di non avvertire nulla, solo gli occhi dell'altro che dalla torta salgono ad incontrare i suoi, spalancandosi increduli quel che basta per rendere palese la volontà poc'anzi soffiata in silenzio.

Sorride malizioso Manuel e "che cos'hai chiesto?" mima con le labbra intanto che attorno a loro gli amici cantano allegri le proprie felicitazioni.
Avvampa il più piccolo e scuote piano il capo.
"Non posso dirlo" risponde nella medesima maniera.

Riabbassa di nuovo gli occhi per un secondo soltanto, dopo li riporta su e a lui quasi spezza le gambe la speranza che ci legge quando "tu invece che fai qua?" chiede.
Non crede allora, anche volendo, di poter dare una risposta diversa dall'unica che gli viene in mente e che lo divora da dentro.
"Ti amo" replica piano "ti amo Simone."




E' tutto talmente inebriante da lì per Manuel che quasi teme di essere brillo o, come accaduto prima, di star sognando senza accorgersene.

Si ripromette comunque di mantenere un minimo di contegno, anzitutto perché – contrariamente a quanto la sua propensione per i gesti plateali possa far credere – non è piombato a quella festa per diventare il fulcro delle attenzioni, e, in secondo luogo, perché non ha ancora ricevuto da Simone una risposta che confermasse la reciprocità di intenti.

Coglie l'occasione degli auguri ribaditi e dei regali offerti per farsi più vicino.
Attende che tutti abbiano avuto il proprio turno, ma una volta raggiunto il più piccolo, osserva per un attimo l'espressione trepidante e dice solo "buon compleanno Simo".

Non trova modo Simone di trasformare il volto da sorpreso a deluso, che lui già ne stringe il mento in una mano e "buon compleanno amore mio" ripete schioccando un bacio sulle labbra socchiuse.

Ignora i fischi grevi degli amici, così come quella sensazione infuocata di possesso a lambirgli le viscere e a dirgli di mandare all'aria i propositi di calma professati, di saltare addosso al compagno che lo guarda inebetito, fregarsene di tutto, e prenderlo lì su quel tavolo, tra torta e spumante, scoparlo forte, così da rendere chiaro a chiunque abbia ancora dubbi che Simone è solo suo.

E' devastante l'autocontrollo di cui deve rendersi capace allora.
Tollera appena il tempo che serve agli altri per recuperare le proprie cose e andare via, nel mentre osserva divertito il disorientamento di Simone durante i vari convenevoli, poi salta su dal divano sul quale si era accasciato non appena intercetta il solito collega, rimasto volontariamente fino all'ultimo secondo, invadere un po' troppo lo spazio vitale del più piccolo.

Si materializza tra di loro come fosse apparso dal nulla, le mani sui fianchi di Simone e tutto il corpo premuto contro il suo che trema in risposta.
Non spinge, solo sta lì, ma è indubbio che l'altro senta il contatto in un punto preciso, a giudicare dal rossore salito fino alla punta delle orecchie.

Si compiace poi della confusione che prende a governarne tanto le parole quanto le azioni, i saluti con l'ospite resi difficoltosi da altri pensieri che chiaramente gli ballano per la testa e la porta finalmente chiusa sulla quale Manuel non perde tempo a sbatterlo.

La sua fama di galantuomo d'altri tempi lo ha sempre preceduto ed è solo per questo che "Cristo Simo'- posso?" esala quasi gli costasse fatica fisica e a stento attende l'assenso non verbale prima di baciarlo come se la sua sopravvivenza dipendesse da quello.

Porta le mani sul viso del piccolo e gli pare che a farlo stia tenendo insieme ogni pezzo di lui che minaccia di squagliarsi o esplodergli sotto gli occhi tanto è la smania che prende a divorarne i movimenti.
Infila una gamba fra le sue e lascia che si strofini sopra per darsi un minimo di sollievo, poi gli geme nella bocca quando sente una mano salire a tirarne con violenza i capelli.

"Tu mi mandi al manicomio" annaspa Simone col fiato corto e mettendo un po' di spazio fra di loro "ma come cavolo t'è venuto in mente di fare sta piazzata"
Manuel in risposta mette su il solito sorriso che lo rende il peggiore delinquente e l'uomo più puro da ogni peccato insieme, lo stesso che al piccolo fa tremare le ginocchia e "te lo dovevo far capire Simo'" ribatte "te lo devo far capire per bene che so' io quello che tu vuoi"

Si ritrova Simone addosso senza riuscire a dire altro, la forza nei movimenti tale da spingerlo a sedere sul divano alle spalle.
Dondola leggermente i fianchi una volta sopra di lui, i palmi grandi contro il petto e i sospiri strozzati che all'altro fanno impazzire.
"Dio- così davanti a tutti Manuel" ripete e più che parlare sembra stia blaterando parole inconsistenti "mi hai baciato davanti a tutti... tu sei folle, folle"

Manuel annuisce, ne bacia ancora la bocca schiusa e poi non gli lascia tempo per fare altro, ma, prendendolo alla sprovvista, sale con una mano ad avvolgergli la pelle delicata del collo.

Non stringe, né preme, ma resta a guardare gli occhi di Simone spalancarsi e i fianchi dare istintivamente un ennesimo colpo in avanti.
"Tu non hai idea delle cose che t'avrei fatto" sussurra poi contro il suo viso e ignorandone i lamenti "di come mentre tutti cantavano e ridevano io pensavo solo a quanto cazzo t'avrei voluto mette pancia sotto su quel tavolo e scopa' fino a farti piagne"

"Potevi Manu, potevi prendermi" confessa Simone in un chiaro delirio estatico e Manuel crede di non essersi mai sentito più benedetto come in quel frangente.
Ne carezza piano il viso con la mano libera e in un gesto chiaramente antitetico alla brutalità del momento.

"Sei stupendo" aggiunge, la devozione profonda nella voce e ritrova la furia quando gli sovviene che poteva esserci qualcun altro al posto suo in quel momento.
Applica allora una leggera forza sul pomo d'Adamo e guarda gli occhi difronte a sé roteare all'indietro per il piacere.
"Sei solo mio tu... Cristo- amore solo io posso vederti così, vero? Sei solo per me"

L'altro annuisce, i fianchi che continua a dimenare senza sosta e "però adesso scopami" si lamenta più di prima "se sono tuo scopami Manu"

Manu non ha mai saputo negargli niente, non inizierà di certo adesso.



A Simone pare quasi di sognare.
Che dalla prima volta in cui il compagno si era palesato col baffo non era riuscito a pensare ad altro.

Gli amici si divertivano a fare battute sull'estetica da sessantottino rivoluzionario e lui invece si ammutoliva non potendo nella maniera più assoluta condividere in pubblico ciò che invece albergava nella sua mente.

Manuel ne aveva pure frainteso il silenzio, interpretandolo come un disappunto o peggio ancora un disprezzo.

Dio, se solo sapessi – avrebbe voluto dirgli in un impeto di coraggio – se solo sapessi che non vorrei altro se non la tua faccia da stronzo fra le mie gambe.

Non può quindi concedersi tregua nel momento in cui tale insperato desiderio si realizza, le sue ginocchia puntellate sul materasso e Manuel in mezzo alle cosce piene a mugolare come un disperato quasi che fosse lui a ricevere piacere e non Simone a sentirsi le viscere rivoltate un morso e un bacio alla volta.

"Domani non te potrai manco mette seduto senza pensa' a me" gli ansima contro le natiche oscenamente aperte "senza pensa' che sto casino te l'ho combinato io"
Simone lo implora di non smettere mai e di prenderlo allo stesso tempo e quello, che proprio non sa dirgli di no, comincia a prepararlo con dita e bocca assieme.

Lo aiuta a mettersi poi pancia sopra e, con tutta la delicatezza che può, affonda piano nelle sue carni.
"Cazzo'" geme "sei caldissimo"
Carezza ogni parte del corpo che riesce intanto che dondola piano in avanti finché "ce la faccio Manu- ce la faccio" sente e allora può cominciare a spingere e come un pazzo cerca il volto difronte a se per baciarlo.

"Sei stupendo Simo'" giura scendendo con una mano a stimolarne l'erezione "non ce poi sta co 'n'altro tu- solo io amore, solo mio"
Annuisce il piccolo, la promessa di appartenenza detta all'infinito e "nemmeno tu Manu" esala all'apice del piacere "nemmeno tu con altri- nessuno ti ama come ti amo io"

Non fa in tempo a strabuzzare gli occhi Manuel, a usare l'ultimo barlume di lucidità per rendersi conto che è vero – mai si è saputo così innamorato e amato come con lui – che già sta venendo in lunghi fiotti nello stomaco caldo sotto di sé.

Ha ancora il fiato corto e la fronte imperlata di sudore contro la sua Simone quando lo richiama con un leggero Manu che all'altro fa temere il peggio.
"Che- che c'è Simo?"
Sorride appena prima di rispondere e a quello viene spontaneo farlo di rimando.
"Mi sa che alla fine l'ho trovata la persona che voglio davvero."






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nota dell'autrice:
il titolo di questa os avrebbe potuto benissimo essere "e quand è ca me mett nu poc scuorn?", invece eccomi a profanare i Dire Straits.

Non so veramente che cosa dire, solo vaffanculo Damiano Gavino??

P.s: sul finale c'è una citazione a C'era una volta in America che è tornato al cinema per il 40esimo anniversario.
Se mai ne aveste modo, consiglio fortemente la visione 🙏🏼

Grazie a chiunque passerà da qui senza coprirmi di insulti e alle paffutelle del mio cuore sempre così pazienti ♥️

Ciao!🧚‍♀️

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