CAPITOLO 85
BIANCA
Un altro giorno...
Era stata la cosa più dura da cercare di accettare la morte di Omar.
Non riuscivo a rassegnarmi. Non avevano ancora trovato il suo corpo. Forse non era così.
E non potevo dimenticarlo, né lo avrei fatto mai.
Era passato un mese ed ancora non si avevano sue notizie.
Eppure non rinunciavo ad aver fiducia. Non volevo farlo.
Nel mio cuore lui c'era ancora e ci sarebbe stato per tutta la vita.
Mi aveva lasciato così, all'improvviso.
Per sempre diceva mia madre. Mi rifiutavo di crederlo. E non potevo tornare a vivere, a respirare, perché per farlo mi serviva lui.
Non era come partire per l'America, questa volta era diverso. Era un distacco definitivo e decisivo... finale.
Ma dirmi quel finale non potevo... avrebbe significato annullare ogni speranza e finché non trovavano il suo corpo, dentro di me Omar non era morto... sarebbe stato accanto a me di nuovo. Sarebbe tornato.
Di notte lo sentivo sussurrarmi sottovoce. Era accanto a me nel letto. In quel letto dove mi aveva abbracciato e baciato tante volte. Mi svegliavo, quando riuscivo ad assopirmi, chiamando il suo nome. Se richiudevo gli occhi lui era di nuovo lì...
Ma era solo un'illusione che svaniva presto. Un'allucinazione di un momento.
Il signor Fosco mi aveva lasciato continuare a vivere nel suo attico. Era distrutto dal dolore. Diceva che era un modo per tenere ancora in vita la parte migliore di Omar.
Anche per me lo era.
Tra quelle mura continuavo a sentire il suo cuore battere. Lui scorreva in me più vicino, come il sangue nelle vene.
Non c'era distanza che potesse separarci, nemmeno la morte se così davvero fossero andate le cose. Non avrei mai smesso di marciare verso di lui per raggiungerlo, per essere di nuovo con lui, nemmeno in quel caso.
Ogni cosa mi ricordava noi insieme, in quella casa ormai persa.
Mi mancava. Avrei voluto averlo accanto soltanto per dirglielo. Soltanto per dirgli che avevo un bisogno disperato di lui. Di averlo ancora lì con me. E non averlo fatto prima era il mio rimorso più grande.
Il dolore era fortissimo, mi toglieva il fiato... l'aria per respirare.
Ogni singolo giorno, ogni secondo, ogni istante... morivo anch'io. Avrei voluto seguirlo solo per lenire quel dolore. E non potevo evitarlo. Non potevo non pensarlo.
Se i carabinieri alla fine avessero davvero trovato il suo corpo, io...
Non riuscivo a dirlo, ma solo a pensarlo perché a quel punto non avrei visto un'altra ragione per continuare a vivere.
La sua assenza creava un vuoto dentro di me, che non potevo e non avrei potuto in alcun modo colmare.
Era in ogni lacrima versata, ogni mia lacrima che mi serviva per non dimenticarlo.
Per quanto lo sapessi lontano da me in qualunque modo, non era solo. Io ero lì con lui.
Lo avrei aspettato ancora, fino all'ultimo. Fino a quando la realtà non mi avesse travolto togliendomi ogni attesa.
Alcune volte pregavo che lui parlasse con me in qualche modo. Che mi dicesse che gli mancavo anch'io.
Eppure ero sempre sola col mio silenzio, senza di lui.
Era ogni parte di me, non riuscivo e non volevo lasciarlo andare. La lontananza che ci separava forse era solo un sogno. Solo un incubo dei peggiori. Dovevo solo svegliarmi.
Ma poi mi ridestavo e quella distanza c'era ancora... era ancora reale. E quella distanza era un respiro che mancava ad entrambi. Un respiro che ci separava e che allo stesso tempo ci avrebbe legato per sempre. Trattenuto in me fino a quando non saremmo tornati insieme.
A volte mi rannicchiavo sul divano poggiavo la schiena allo schienale e sentivo il suo abbraccio, quelle braccia forti che mi stringevano e che mi rassicuravano.
Avevo addirittura visto la sua immagine tra la folla, un giorno. Avevo attraversato in fretta la strada per raggiungerlo, ma non era Omar. Non era lui!
Dove sei? - mi chiesi.
Torna da me...
https://youtu.be/gYR0xP1j4PY
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