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CAPITOLO 79

OMAR

Due ambulanze coi lampeggianti accesi superarono la fila sorpassandomi e si arrestarono non lontano da dove mi trovavo io. Seguii con gli occhi il loro suono affievolirsi. Un furgoncino bianco le seguiva.

Passò solo un attimo ed udii poco distante uno schianto e una frenata sull'asfalto, quindi un tonfo sordo.

Doveva essere successo di nuovo qualcosa...

C'era una gran confusione di macchine immobili davanti a me. In lontananza il gemito soffocato delle sirene.

Seguii con gli occhi il loro suono spegnersi.

Aprii la portiera e scesi oltrepassando a piedi le auto ferme.

Un lampo vicino squarciò il cielo e a breve distanza lo seguì un tuono.

La pioggia si era fatta più insistente: mi sferzava la faccia e le luci delle auto ancora accese parevano fioche e quasi mi annebbiavano la vista.

Mi passai il dorso bagnato di una mano sugli occhi.

Adesso riuscivo a vedere meglio.

Veicoli obliqui, alcuni dalla carrozzeria o dal muso completamente distrutti bloccavano il passaggio. Il furgoncino bianco di poco prima ribaltato di traverso.

Tre corpi erano stesi a terra attorniati da infermieri. Altre due persone venivano portate fuori dagli abitacoli sorrette da uomini.

C'era un tremendo caos di gente ovunque. Freneticamente in movimento.

Mi avvicinai per prestare aiuto.

"Che cosa è successo?" urlai.

"Un'auto ha scontrato un camion. Credo per la pioggia... è un disastro! Il furgoncino bianco ha fatto il resto... Ne è nato uno scontro a catena. Alcuni veicoli sono in fiamme..." gridò un tizio di rimando.

Il tempo di rispondermi, poi si dileguò.

Mi guardai attorno: come in un film ogni cosa si mosse al rallentatore.

Rimasi impietrito.

Quei visi sdraiati a terra mi mettevano i brividi.

L'adrenalina accelerò il respiro in me.

"C'è qualcuno laggiù!" gridò una donna allarmata con una torcia in mano indicando l'acqua, "Presto!"

La raggiunsi per vedere meglio.

Mi sporsi dal parapetto in parte sfondato e scorsi poco lontano il tetto di un suv grigio chiaro metallizzato spuntare dal fiume. Una striscia adesiva sul vetro anteriore in alto che si intravedeva ancora.

Un brivido mi corse sotto pelle.

Strappai la torcia dalle mani della donna che avevo accanto: "Se vuoi la pace devi lavorare per l'onestà" c'era scritto.

Non poteva essere! Avevo riconosciuto quell'auto! Sapevo a chi apparteneva! Era quella della De Angeli! Non poteva essercene un'altra uguale!

Mi formicolò la testa...

"Presto, chiamate i pompieri!" urlò qualcuno; la gente spaventata si concentrò in quel punto. Alcuni si sgolarono in cerca di soccorsi. Nessuno pareva aver tempo per ascoltarli.

Ruotai lo sguardo intorno.

Un infermiere si inginocchiò per tagliare la camicia di un uomo a terra e tirarla via a pezzi per praticare un massaggio cardiaco.

Un altro infermiere apparso dal nulla portò una bombola dell'ossigeno.

Mi voltai un'altra volta a guardare l'acqua che lentamente stava inghiottendo quella bara di latta.

"Mio Dio! È ancora dentro!" gridò la donna di prima.

Fissai il suo volto terrorizzato.

Non c'era un momento da perdere!

Rimasi per un attimo paralizzato a decidere.

Dovevo farlo in fretta.

Era lì dentro ed era in pericolo, non c'era più tempo neanche per aspettare i pompieri.

A giudicare dal livello dell'acqua che filtrava attraverso i finestrini, presto la macchina si sarebbe inabissata del tutto.

Si udivano grida femminili di aiuto: c'era sul serio qualcuno intrappolato dentro.

In un impulso incontrollabile mi tolsi la giacca, mi sfilai le scarpe, trattenni il respiro e mi tuffai in acqua non riflettendo su nulla. Prima che si accorgessero di quello che stavo facendo.

Prima che fosse troppo tardi...

Non potevo non aiutarla... nonostante tutto, era pur sempre una vita...

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