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CAPITOLO 69

BIANCA

Ero mortificata per Omar e nello stesso tempo terribilmente agitata. Mi portai le mani alle tempie: avevo un fortissimo mal di testa. Mi sentivo strana... era da un po' che non vivevo una sensazione simile, ma la conoscevo e ne ebbi paura. Fu allora che in un lampo di lucidità ricordai che da tempo non prendevo le mie pillole. Lo facevo tutti i giorni prima, ma da quando mi ero trasferita sarebbe stato difficile assumerle di nascosto da Omar visto che non volevo farglielo sapere ed avevo optato per lasciar perdere. Forse non sarebbe cambiato niente, mi dicevo.

Ma non era stato così. In quel momento me ne resi conto.

Dovevo prendere di corsa una delle compresse che erano nella mia borsa; quelle di emergenza se volevo riprendermi in fretta...

Le portavo sempre appresso.

Guardai Omar nel panico. Come avrei fatto a chiedergli tacitamente aiuto. Non riuscivo a parlare eppure avevo bisogno che qualcuno si accorgesse del mio malessere.

Ma lui non conosceva ancora a fondo quella parte di me, come avrebbe potuto aiutarmi?

E forse mi avrebbe solo compatito come tutti, ma non mi avrebbe accettato mai così com'ero, con quella incognita che sentivo ogni giorno sulla testa, con quella condanna sulla mia pelle, era questo che temevo.

Avrei dovuto parlargliene comunque se volevo essere onesta fino in fondo con lui, Omar lo era stato con me.

Più pensavo quelle cose e più mi animavo e peggioravo la situazione.

Dovevo calmarmi... eppure non riuscivo.

Il mio respiro si affannò. Non potevo controllarlo.

Poi rallentò... rallentò troppo...

Ti prego Dio, non adesso... non di nuovo...

I miei occhi cedettero a più riprese.

"Bianca!" si era accorto che qualcosa non andava, "Che succede?"

Poggiai una mano al tavolo per non cadere e strambai. Le mie palpebre tentarono di nuovo di chiudersi e mi toccai la fronte.

"Ehi, ehi..." mi raggiunse subito fermandomi con le braccia.

"Bianca... che succede? Dimmelo!" insistette.

"Sto... bene..." ansimai, "Tra... un attimo... mi passa. Devo... solo... prendere..."

Cosa, mi chiesi.

"Cosa?" mi domandò lui, "Che devo fare?" mi sorresse.

"Non lo so..." farfugliai guardando i suoi occhi allarmati.

Era tutto di nuovo così confuso nella mia mente. Non lo ricordavo più. Volevo solo chiudere gli occhi o forse era il mio corpo che lo chiedeva perché stavo per svenire.

Un attimo dopo mi ritrovai quasi incosciente di nuovo tra le sue braccia robuste che avevano fermato la mia caduta. Mi portò in braccio reggendomi sul divano e mi fece sdraiare.

"Che cosa ti serve, Bianca, dannazione? Chiamo un'ambulanza! Dimmi che devo fare"

No! - urlai silenziosamente. Non volevo tornare in quell'incubo.

Tutto quello che riuscivo a ripetere era... "La mia borsa..." solo "La mia borsa..."

"Ti serve la tua borsa?" feci a stento di sì con la testa, "Ok... la borsa... Dov'è la tua borsa? Maledizione! Dov'è?" Omar si guardava intorno disperato.

Scomparve alla mia vista e lo sentii ritornare e rovesciare l'intero contenuto sulla poltrona. Trovò la scatola delle pastiglie...

Aveva capito che potesse trattarsi di un medicinale...

"Sono queste, Bianca? Ti servono queste? Guardami, forza!" mi incitò, "Ti servono queste?!"

Annuii mentre i sensi tentavano di lasciarmi del tutto. Non potevo cedere. Ce la dovevo fare!

C'era anche la solita bottiglia d'acqua insieme alle pastiglie.

L'aprì, tolse una compressa dal blister e me la fece scivolare in bocca.

"Ora tienitia me, forza! Aggrappati a me" ansimò concitato.

Mi passò un braccio intorno al suo collo e mi tirò un poco su.

Quindi si sedette appoggiandomi al suo petto.

Poi avvicinò la bottiglietta di plastica alle mie labbra.

"Apri la bocca... così... brava..."

Il liquido scese nella mia gola portando con sé il farmaco.

Brontolai quando fu abbastanza.

"Basta?" si fermò e mi appoggiò i capelli alle sue labbra tenendomi la fronte.

"Ok... ok..." il suo cuore batteva forte. Lo sentivo nelle vene del suo collo contro la mia nuca. Era spaventato. Ma non per il fatto che soffrissi ancora di qualche disturbo che gli avevo taciuto, ma perché stavo male e non era sicuro di riuscire ad aiutarmi anche se lo voleva con tutto se stesso.

"Quanto ci mette a fare effetto quello che hai preso? Ce la fai a dirmelo?" non c'era stato bisogno di spiegargli niente, aveva inteso tutto. La mia anormalità comprendeva anche quello. Era appesa ad un filo.

"Quindici minuti... almeno" risposi a stento.

"Quindici minuti... ok... ok..." mi strinse forte a sé ripetendoselo ancora per calmarsi, "Ok... sta tranquilla. Andrà tutto bene! Non succederà niente... niente..." il suo fiato era corto.

Non ce la facevo più a rimanere vigile.

Chiusi gli occhi.

"Rilassati! Non ci pensare" mi prese il braccio sinistro e cercò di farmi rannicchiare sul suo petto.

Mi voltai e posai il mio capo nell'incavo del suo collo. Sentii il suo pomo d'Adamo muoversi quando mandò giù la saliva.

Mi baciò teneramente sulla fronte.

"Ssch... andrà tutto bene" disse di nuovo, "Sì... Tutto bene"

Mi avvinghiò circondandomi con le braccia ed io posai una mano sulla sua cercando coraggio e forza in lui per superare quella fase.

Il suo petto si muoveva avanti e indietro freneticamente ad ogni respiro fino a che il momento critico cominciò a passare e lentamente riuscii a riprendermi.

"Va meglio?" provò a chiedermi quando mi vide alzare i miei occhi nei suoi.

"Credo di sì... E' passata"

"Ok" tirò un respiro di sollievo ancora agitato.

La mia mano sul suo petto avvertiva la sua respirazione ancora alterata.

"Il tuo respiro sembra impazzito così come il tuo cuore" sussurrai.

Non ce la faceva a guardarmi.

"Perchè ho di nuovo paura, dannazione! E sei di nuovo tu a farmi paura. Ho paura di perderti come ho perso mia madre, senza poter fare nulla... e non ce la farei stavolta" mi alzai un poco reggendomi sul suo torace.

Era il suo rimorso che parlava. Il suo senso di colpa.

E la convinzione di fare del male alle persone che si avvicinavano a lui. A cui teneva come mi aveva detto...

"Hai visto..." puntò i miei occhi e lo accarezzai su una guancia, "Non è successo, mi hai aiutato invece. Sono ancora qui"

Mi issai e posai la mia fronte contro la sua. Deglutì annuendo e chiuse gli occhi, accarezzandomi i capelli e scendendo a lambirmi una guancia. Feci lo stesso senza aggiungere altro.

Ero così certa che non mi avrebbe accettato nessuno, nemmeno lui, ma non era stato così. Omar aveva patito con me per tutto il tempo.

Tra le sue braccia di nuovo mi ero sentita difesa, salva da ciò che ero. Lui aveva accettato tutto di me: il buono, la parte guasta e la via di mezzo... ogni cosa, tutto ciò che ero. Come in fondo avevo fatto io con lui. Ora lo sapevo.

Ma c'era un'altra cosa che stavo facendo: stavo guarendo il suo rimpianto. Quello che lo inseguiva da tutta una vita.

Le sue labbra trovarono le mie e mi baciò come non mi aveva mai baciato. Consegnando a quel bacio la parola grazie che non sapeva dire a voce. Anche le mie avevano lo stesso messaggio per lui, perché stava guarendo quella parte di me che mi rendeva insicura, metteva sottosopra il mio mondo, quello in cui credevo e mi ridava fiducia.

"Perchè non me lo hai detto, Bianca? Non mi hai detto che poteva succedere una cosa del genere?"

Chinai il capo colpevole.

"Perchè temevo di allontanarti se lo avessi saputo. Non mi sono solo rimasti danni ad una mano..." stentavo a dirlo, "Il mio cervello a volte... ha bisogno di spegnersi... Mi dispiace Omar, io... non sono così forte, ho pensato che..."

"Tu sei la persona più forte che conosca, Bianca. Quello che hai vissuto ti ha reso così. Mi dispiace solo che non ti sia fidata di me"

"Non dire così, Omar. Tu sei la mia metà e non potrei più fare a meno di te"

"Mi hai escluso, Bianca. Pensavi che non potessi sostenere i tuoi problemi. Ma l'amore non dovrebbe essere affrontare le sfide della vita in due?"

Mi sentivo ancora più colpevole. Aveva ragione. Lui che non aveva saputo trovare l'amore, lo insegnava a me.

"Hai ragione, Omar. Completamente"

"Non voglio ci siano più segreti tra di noi" mi accarezzò i capelli, "Se affronteremo i problemi in due, saranno più facili da sopportare. Me lo hai insegnato tu"

Aveva di nuovo ragione su tutto. Non avevo avuto fiducia in lui come avrei dovuto. Io che impartivo agli altri lezioni di vita, in realtà ne avevo bisogno...

"Ho sbagliato tutto, Omar. Potrai mai perdonarmi?" abbassai gli occhi.

Mi posò due dita sotto il mento, mi costrinse a guardarlo e mi baciò.

"Non c'è niente da perdonare... so solo che perderti mi ucciderebbe... starti lontano lo farebbe... non potrei mai lasciarti andare, per nessun motivo al mondo, non scordarlo mai"

Fissai i suoi occhi scuri un attimo dopo e mi accorsi che avrei potuto morire in quegli occhi per il resto della mia vita... per rinascere con lui un'altra volta...

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