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CAPITOLO 58

OMAR (terza parte)

Un silenzio tonante si sostituì alle grida di poco prima. I nostri gesti rimasero appesi.

"Ok, coraggio! Dimmi quello che pensi davvero, papà!" i miei occhi si riempirono di lacrime, "Insultami forza! Lo preferirei a questa ramanzina. Ne ho le tasche piene di te che mi dici quello che dovrei fare, di sentirmi sbagliato e inutile. Non ne posso più!"

Tenne gli occhi bassi solo un istante, poi all'improvviso mi guardò in modo differente da come era abituato solitamente.

"Vuoi sapere quello che penso?"

Annuii interessato di sapere dove volesse andare a parare e i miei occhi si incupirono di più.

"Hai vinto tu, Omar. Va bene hai ottenuto quello che desideravi: volevi vivere sul filo del rasoio? Va bene, puoi farlo. Non ti dirò più nulla. Vivi come più ti pare. Ma sì..." continuò, "Vivi la tua vita così. È perfetta! Ubriacati fino a sfondarti, fino a morire, finisci in galera... non me ne frega più niente"

Il dolore aprì una buco in me, rompendo gli argini di quel fiume in cui scorreva.

"Ma voglio che tu sappia una cosa prima: la penso ogni maledetto giorno, ogni dannata notte..." il riferimento a mia madre era nei suoi occhi lucidi, "Hai ragione: non c'ero quando è accaduto. C'eri solo tu... Ma ho avuto paura, Omar! Sì, paura... di vederla morire... andare via per sempre... da me! Da noi, Omar! Sono stato un vigliacco!" entrambi trattenevamo le lacrime, "E tu sei il fallimento di quello che ho fatto come padre. Sono anche un fallito, Omar! Sono solo questo! Sei tu che non capisci. Ogni volta che ferisci te, ferisci me! Mi stai demolendo, Omar. Anche io non ce la faccio più! Non ho più le forze..."

Ci ammutolimmo senza più parole. Non c'era niente da dire ancora. Maura sentito il trambusto aprì la porta.

"Signor Fosco!" esclamò allarmata.

Entrambi eravamo ancora imprigionati nelle braccia di alcuni dei presenti.

Fissò me senza capire.

Guardai gli occhi lucidi di mio padre e lui guardò i miei. Quando ero bambino era più facile odiarlo, ma ora ero un uomo e sentivo nel mio cuore quello che sentiva lui. Era sincero: anche mio padre aveva sofferto e stava soffrendo. Glielo leggevo in quegli occhi che avevo sempre visto intorno a me, ma non avevo mai guardato. Tutto quel tempo per capire che se avessi scrutato nel fondo del suo sguardo ci avrei trovato me stesso. Lui era stato il mio equilibrio ed insieme il mio disordine. Eravamo stati per anni lontani eppure eravamo nello stesso posto. I nostri silenzi erano pieni di parole come in quel momento e non avevo saputo ascoltarli. Avevamo camminato insieme da quel tragico giorno e nonostante tutto avevamo percorso strade di sofferenza diverse. Perché la vita non è mai scontata, non va mai secondo i piani e ci aveva giocato quello scherzo.

I nostri animi si acquietarono del tutto e ci lasciarono liberi.

"Perchè non mi hai mai detto queste cose, papà? In tutto questo tempo io..."

"Sei tutto quello che mi rimane di tua madre, Omar. La rivedo nei tuoi occhi tristi... sei uguale a lei. E mi sento in colpa perché ho fatto del male anche a te senza volerlo"

Non sapevo più che dire. La mia rabbia si era soffocata in quelle parole.

Il suo viso mi appariva un altro ora: vi leggevo le rughe di un tormento mai assopito la cui causa ero io. Motivo inconsapevole di un dolore che si aggiungeva al mio solo perché non lo avevo condiviso con lui.

"Signorina Dagni, mi mandi la sicurezza... è ora di risolvere questa cosa..." le ordinò mio padre a sorpresa interrompendo i miei pensieri.

Me lo meritavo: se voleva denunciarmi aveva più che ragione visto come mi ero comportato.

Chinai il capo colpevole.

Addio Bianca! E forse era meglio per lei. Non meritava uno come me... non lo meritava nessuno...

"Mio figlio ha bisogno di trovare una persona. Voglio che gli diano tutto l'appoggio possibile o se la vedranno con me. E voglio che vi diate tutti da fare insieme a loro, avete capito?" si rivolse ai presenti, "Stavolta è anche più importante delle altre volte"

Alzai gli occhi e trovai i suoi.

Mi sorrise di un sorriso tiepido.

"Ci siamo capiti?" si guardò intorno ribadendo il concetto.

Ero smarrito.

"Certo signor Fosco! Faremo del nostro meglio" risposero insieme.

Inaspettatamente mi raggiunse, ma non per colpirmi stavolta. Mi posò le mani sul collo e avvicinò il mio capo al suo.

"Basta, Omar, basta! Voglio che me lo prometti. Il tuo senso di colpa non la farà rivivere. Tua madre non vorrebbe vederti distruggere la tua vita... e soprattutto vorrebbe che tu fossi felice" mi sorrise di nuovo amaramente, guardandomi con indulgenza.

Mi stava di nuovo dicendo le parole di Bianca...

"Io non posso essere felice, papà. Non ci riesco" grosse lacrime scesero a bagnarmi il viso.

Abbassai di nuovo la testa e lui mi scrollò deciso. Non ce la facevo a reggere il suo sguardo.

"Si, che puoi Omar! Devi solo volerlo. Il dolore non si annulla con altro dolore. È così!"

Alzai lo sguardo.

E se avessero avuto ragione entrambi? Se avesse avuto ragione anche Bianca? Ma come potevo da solo? Non ce l'avrei fatta...

"Tu mi aiuterai?"

"Ti prometto di sì, Omar! Se me lo permetterai, lo farò!"

Un suo cenno del viso mi confermò che non mi ero sbagliato. Non sapevo che dire e forse non c'era nulla da dire. Mi avrebbe aiutato... quella volta davvero lo sentivo.

Ed avrei trovato lei...

***

A domani...

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