CAPITOLO 42
BIANCA (seconda parte)
...
"Omar, mi dispiace, ma..."
Non sapevo come continuare.
"Fammi capire una cosa..." esclamò sprezzante, "Sei sempre così disinteressata con tutti o lo fai solo con me, eh?"
"Non sono disinteressata Omar, dico solo che..."
Non lasciò che concludessi la frase.
Rise amaro.
"Continua quanto vuoi Bianca, ma non ci vado! Non voglio ascoltarti"
Mi puntò gli occhi deciso.
"Sì, che ci vai invece. Sai che è la cosa giusta"
"Vuoi scommettere?" mi sfidò.
Strinsi gli occhi in una fessura.
"Finirai in un sacco di guai, Omar! Perché non vuoi capire?"
"Te l'ho già detto un'altra volta: non me ne frega un cazzo delle conseguenze. Non ci voglio andare. Sei tu che mi spingi verso un sacco di guai, perché ci finirò, Bianca e sarà solo colpa tua!"
"Certo, è colpa mia! Sono io che mi ostino a rifiutare! Tu non puoi decidere se andare o meno. C'è una condanna Omar... non assolvere i tuoi obblighi equivale a non rispettare la legge. Un posto vale l'altro. Fattene una ragione! E se deciderai di non andare sarà solo colpa tua! Solo tua non mia!" avevo alzato la voce senza accorgermene, ma anche lui lo stava facendo.
"Ok, denunciami allora perché non mi sottoporrò mai a un branco di deficienti con la verità in tasca, quando sta gente non ha nemmeno le tasche. Siete solo pronti a giudicare, senza sapere un bel niente come fate sempre. Sono stanco e stufo di teste di cazzo!"
"Non mi tentare, Omar!"
I nostri visi erano uno di fronte all'altro. I nostri occhi lottavano uno contro l'altro.
Perchè non capiva? Perché?
Serrò le palpebre in un spiraglio.
"Sai una cosa? Pensavo di essere solo io lo stronzo! Ma a quanto pare non è così!"
E no! Quello non doveva dirlo. Mi dava della stronza! A me!? A me che cercavo di aiutarlo!?
Ero un groviglio di nervi. Dalla tenerezza del momento prima ero passata alla rabbia. Mi stava riempiendo la testa.
"Ah, io sono la stronza, non tu che mi aggredisci e mi insulti quando cerco solo di fare il tuo bene? È logico! Si può sapere chi sei per dirmi questo?"
Si avvicinò ostile.
"La verità fa male, Bianca? Eh?"
Lo spintonai con forza allontanandolo. Sfogando in quel gesto tutta la frustrazione che avevo dentro.
Perché rendeva tutto così difficile?
Gli puntai l'indice.
"Ti svelo una confidenza, Omar: la vita non è semplice per nessuno. È difficile è vero. Ti mette continuamente alla prova... E può ferirti mentre la vivi, in tanti modi. D'accordo è crudele? Te lo concedo. Ma la vita nonostante tutto è bella, Omar! Lo è davvero! Ha anche momenti stupendi. Non è fatta solo di giorni che non significano niente, ma anche di istanti che significano tutto. È un male degno di essere vissuto, Omar! Non sempre un male finisce per essere tale e basta, il più delle volte porta con sé qualcosa di buono che non ti aspettavi. E tu non vuoi trovarlo questo qualcosa, non vuoi nemmeno provare a cercarlo per vedere se c'è e non capisco perché..." i suoi occhi si velarono, "Tu non sei il solo a soffrire su questa terra, Omar. Non lo sei affatto!" guardò a terra, "Che dovrei fare, eh? Dovrei stare in un angolo a vederti mentre la butti via la tua di vita? A vedere te che vai a fondo e anche più giù, perché non te ne frega un cazzo delle conseguenze?" il suo silenzio era la risposta, "Io non ci sto, Omar! Tu sei prigioniero delle cose che non puoi cambiare perché non vuoi varcare quella porta! Ma la porta è aperta, Omar! Esci fuori, cazzo! Esci! Prova a chiudere gli occhi per una volta invece, chiudili! Ma quando li riapri non guardare in basso, tu fai solo quello... guardi in basso, Omar! Non fai altro... Se vuoi condannarti fa pure, ma non starò qui a guardare. Preferisco andarmene!"
Alzò il capo e mi guardò con fatica indietreggiando. Poi fece un passo di nuovo verso di me puntandomi anche lui l'indice.
"Sai che ti dico? Non vali niente come Assistente sociale. Non ci dovevo venire al Centro. C'è solo gente di merda!"
Trattenere la furia era impossibile per entrambi.
"La verità è che hai paura di uscire dallo schifo di vita che ti ritrovi, Omar. Hai il timore di farti curare e di lasciare andare i ricordi, perché non sai essere nessuno senza di loro. Ci vuole coraggio anche per cambiare strada, te l'ho detto... e tu questo coraggio non l'avrai mai, perché non sei capace di averlo!" gli vomitavo addosso tutto il mio tormento per lui e intanto gli facevo male, lo vedevo nei suoi occhi. E non mi importava.
Gli stavo urlando contro.
Come poteva non comprendere che era il solo modo per combattere? Che aveva bisogno di superare quel momento ad ogni costo, anche senza di me?
Ma forse non voleva superare quel momento, era una causa persa con lui. Avrei dovuto arrendermi.
"Tu non hai capito un bel niente di me... niente! Sei come tutti. Non vi importa un cazzo!" mi sbraitò contro.
Dal suo sguardo scesero due grosse lacrime, che non sapeva più trattenere.
Solo allora mi resi conto della sofferenza che gli stavo procurando.
Che stavo facendo, mi chiesi frastornata. Non potevo ridurlo così. Dovevo aiutarlo. Quello non era un aiuto.
Che stavo facendo, mi domandai di nuovo.
"Io non posso essere felice! Non devo!" mi urlò contro disperato stringendosi la testa con le mani quasi gli scoppiasse.
Ingoiai a stento.
"Perchè, Omar? Perché, no?!"
"Sta zitta!"
Quanta era l'angoscia che aveva dentro?
Mi sentivo una miserabile.
"Sì, che puoi, Omar! Non riesci ad essere felice solo perchè hai alzato una muraglia!" addolcii la voce in un ultimo tentativo, "Essere felici non è un crimine! Non lo è! E non è affatto una debolezza. Non vuoi essere felice perché questa è soltanto la tua grande forza... ne sei fermamente convinto, ma questo non sei tu, Omar. Non è così che devono andare le cose. Devi tornare a vivere. Lo meriti come chiunque altro"
Si ammutolì. Un groppo in gola gli impedì di mandare giù la saliva
"La felicità non ha posto nella mia vita" evitò il mio sguardo nel dirlo e guardò di nuovo a terra, "Non ha posto nella vita di un assassino!"
"Non puoi parlare sul serio, tu non sei un assas..."
Alzò la voce per sovrastare la mia e chiuse gli occhi.
"Basta! Sta zitta! Tu non capisci! Sono condannato per sempre a ricordare ogni momento di quello che ho vissuto. Ogni tragico istante... ogni maledetto secondo. Io non... io..." chiuse le palpebre trattenendo i ricordi perché non lo devastassero del tutto.
Mi faceva una pena infinita.
"Non c'è alcuna cura per il mio dolore. Non c'è cura per quello che è la vita! No..." scrollò la testa, "È tutto senza senso... Per cosa dovrei farmi curare, dimmi? Per tornare a vivere una vita che non ha senso, eh? Grazie, ma preferisco stare così... finché riesco a resistere..." Omar... "E se morissi domani non cambierebbe niente. Non se ne accorgerebbe nessuno perché nessuno mi vedrebbe! Mi vede, Bianca!" si colpì con forza il petto.
I suoi occhi ancora bagnati parevano quelli di una maschera. Una maschera di pena e di tormento.
"Io ti sto vedendo invece, Omar! Ti vedo!"
Non aveva più parole per ribattere.
Mi fissò un'ultima volta e chinò il capo.
"Non ce la faccio!!" alzò le mani.
Quelle furono le sue ultime parole.
Mi voltò le spalle e se ne andò.
"Omar!" provai a fermarlo.
Non si arrestò come se non avessi parlato lasciandomi sola su quel terrazzo.
Quel terrazzo che ora pareva nero. Tetro, buio, scuro... cupo. Come lo aveva vissuto da bambino quel tragico giorno in cui aveva perso per sempre la madre... e la sua vita.
Quella vita che per lui non aveva senso. Quella vita che era dentro ad ognuno di noi e che era sempre rimasta in lui, ma che non sentiva più.
Come poteva non avere un senso ciò che eravamo? Forse era solo difficile da sopportare, era questa la realtà... e per lui quel peso era troppo gravoso. Ma se quel peso lo avesse affrontato con qualcuno? Qualcuno che lo avesse aiutato a sorreggerlo? Non sarebbe più stata la stessa cosa. La vita non sarebbe più stata solo questo. Soltanto un carico.
Alcuni dicevano che l'esistenza era splendente come un diamante e fragile come il vetro. Era vero. Per lui era così.
Le ferite lo avevano trasformato in qualcuno che non era.
La vita può essere capita solo all'indietro, era vero, ma lui doveva viverla in avanti. E nessuno gli aveva insegnato come fare.
Seguii la sua figura allontanarsi con la morte nell'animo.
Quanto dolore aveva dentro... e non era quello che aveva detto che me lo aveva mostrato, era quello che aveva taciuto...
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