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CAPITOLO 39

BIANCA (seconda parte)

Ci lasciò soli.

Fissai Ivan un'altra volta senza intendere appieno.

"Ho detto qualcosa di sbagliato?" gli domandai.

"Sbagliato no, ma..." faticava a confessarmelo, o forse non sapeva se facesse bene a dirmelo; temeva la reazione di Omar, "E' un argomento un po' delicato"

"Perchè? Che è successo a sua madre? So che i rapporti con suo padre non sono dei migliori e che è cresciuto solo con lui, ma non so altro. Temo sia questo il motivo del suo cambio d'umore. Forse sbaglio..." era troppa la mia curiosità.

Vinto si lasciò andare.

"Sua madre è morta quando Omar aveva appena 10 anni. Si è ammalata di cancro... leucemia. Se n'è andata così all'improvviso. Pensavo te ne avesse parlato. Mi sembrate affiatati"

"Non mi ha detto niente"

Sua madre era morta! Un nodo improvviso mi chiuse la gola. Non potevo neanche immaginare il dolore devastante che quella perdita avesse significato per lui. Ora capivo che cosa lo avesse portato a dire... che la vita ti colpisce quando meno te lo aspetti...

Gliela avevo ricordata nominandola, portando a galla quel passato che era ancora presente per lui. Mi sentivo terribilmente in colpa.

Stupida e in colpa!

"Credo che sia per questo che non riesce ad affezionarsi a nessuno e non vuole legami stabili" continuò, "Forse dovrebbe perdonarsi per qualcosa di cui si sente il responsabile, e perdonare suo padre per essersi rifatto una vita. Solo così potrebbe tornare a vivere anche lui, da allora non l'ha più fatto..." guardò nella direzione verso cui era scomparso Omar.

"Perchè dovrebbe perdonare se stesso, scusa? Hai detto che è morta di un cancro... non capisco"

Guardò a terra esitante, poi mi fissò e trovò il coraggio di svelare di più.

"Omar era da solo in casa con lei quando è successo. È convinto che avrebbe potuto salvarla nonostante tutto e di non aver fatto abbastanza"

Spalancai gli occhi.

Era convinto che avrebbe potuto salvarla! Quale rimorso avrebbe potuto essere più pesante da sopportare?

"Ma è assurdo! Era soltanto un bambino... e non avrebbe potuto fare niente comunque... lei era destinata sfortunatamente" mi si stringeva il cuore.

Lui così piccolo, di fronte a qualcosa di così grande...

La mia colpa era anche più grande. Lo avevo ferito due volte.

Ivan scosse la testa abbattuto.

"E' così purtroppo"

"Come sai tutte queste cose? Sembra che tu lo conosca molto bene"

"Lo conosco da tanto infatti. Giocavamo insieme da piccoli. Gli inseparabili ci chiamavano" sorrise al ricordo, "Le nostre madri erano amiche... Da quando è mancata però... è cambiato tutto. Non si è fatto più sentire" abbassò il capo, "Per un po' ci siamo persi di vista, so che ha vissuto qualche tempo con la nonna a Roma, ma di più non so dirti... Ci siamo ritrovati qui in palestra però e non ci siamo dimenticati"

Dovrebbe perdonarsi, aveva detto Ivan. Solo così potrebbe tornare a vivere...

Sarebbe successo mai?

"Ivan, scusa..." lo chiamò un tizio.

"Perdonami" mi disse raggiungendolo.

"Certo, va pure"

Restai ferma, coi miei pensieri che sapevano di Omar. Quanta pena il quel cuore silenzioso.

Suo padre l'aveva lasciato a se stesso quando aveva più bisogno di lui. Quel dolore che li univa andava superato insieme. Ed invece...

Se lo avessi di nuovo abbandonato a se stesso anch'io, che cosa ne sarebbe stato di lui?

Omar arrivò indossando un sorriso tirato di lì a poco

"Pronta?"

"Sì, possiamo andare"

Non sapevo dove, né cosa gli avrei detto, ma più che mai ora desideravo stare con lui.

Mi avvicinai alla porta a vetro dell'ingresso quando inaspettatamente qualcuno la spalancò senza farci troppo caso facendomi perdere l'equilibrio. Come quella mattina in tribunale fu Omar a trattenermi evitando di farmi cadere. Le sue mani robuste erano scivolate decise sulla mia schiena e la sua bocca si era fermata ad un soffio dalla mia. Sentivo il suo respiro caldo, il profumo di doccia-schiuma della sua pelle.

Guardai i suoi occhi tristi e lui guardò i miei.

L'intensità di quel momento mi fece paura.

Come a richiamarmi la borsa che tenevo appesa su una spalla cadde a terra. Mi ricomposi e la raccolsi.

Respira, mi ordinai.

Respira...

Anche Omar pareva turbato.

"Va tutto bene?" mi domandò.

Assentii ed uscii all'aperto. Avevo bisogno di un po' di aria fresca...

Mi seguì.

"Possiamo?"

Ad un mio cenno ci incamminammo.

Dovevo andarmene da Firenze comunque... prima che fosse troppo tardi...

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