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CAPITOLO 27

OMAR (Seconda parte)

Gettai il mozzicone a terra e mi avvicinai all'angolo posteriore del palazzo per vedere meglio...

"Grazie, ma non è necessario" stava dicendo Bianca ad un tizio.

Era un tipo piuttosto tarchiato e smunto. Gli occhi chiari scialbi con i capelli corti appena mossi e un poco brizzolati sulle tempie.

Vestito in maniera sobria: un paio di jeans chiari ed un maglione crema a righe bordeaux e blu.

Non lo conoscevo.

"Stai scherzando, spero. Come puoi credere di esserne capace da sola? Non sei stata altro che un'aiutante... la mia aiutante"

"Infatti! È ora che cammini con le mie gambe"

Rise sarcastico con le mani in vita.

"Non hai l'esperienza per farlo... non sei in grado"

"Vedremo!"

"E poi sarebbe toccato a me se non avessi fatto pressione sulla Lisbo"

"Io non ho fatto pressione su nessuno, Giorgio"

Era impossibile non ascoltare ciò che dicevano, anche se mi ero ordinato di non intervenire.

"Quel caso è mio! Lo voglio io!"

Bianca gli puntò l'indice contro con fare aggressivo. Quasi sulla difensiva.

"Fosco non è un caso! È una persona, Giorgio. Un ragazzo che ha solo bisogno di aiuto. E non lo lascio a te. A rovinare da te. Lo faresti visto come hai appena parlato"

Quindi stavano parlando di me...

Un brivido mi percorse da capo a piedi nel sentir le parole di Bianca.

Rimasi nascosto per continuare ad ascoltare.

"Allora non riesci proprio a capirlo... Fosco è mio!" insistette il tizio.

Io non ero di nessuno. Tanto meno di quello stronzo!

Bianca aprì la bocca per ribattere, ma non lo fece. Era troppo esterrefatta da tanta prepotenza.

Giorgio si avvicinò a lei con fare minaccioso.

"Non ci provare nemmeno ad occupartene!"

Bianca fece per andarsene senza ribattere.

La trattenne per un braccio.

"Dimmi che parlerai alla Lisbo e che rinuncerai"

"Non mi toccare!" tentò invano di strattonarlo.

Non la mollò.

"Ti concederò di fare la mia collaboratrice come sempre"

"Ti ho detto di non toccarmi!" provò ancora lei.

Scosse il braccio per liberarsi e lui le afferrò il polso stringendolo con rabbia.

"Mi stai facendo male, Giorgio!"

Non la lasciò nonostante tentasse di liberarsi.

A quella vista un lampo di collera mi passò per lo sguardo.

Non potevo non intervenire. Era in difficoltà: il suo sdegno si era trasformato in paura, lo vedevo nei suoi occhi.

Uscii allo scoperto.

"Ehi!"

Si voltò verso di me stranito. Non pareva sapere chi fossi. E non si aspettava qualcuno avesse seguito la scena.

"E tu chi cavolo sei? Fatti i fatti tuoi... è meglio"

"Lasciala!"

Bianca sgranò gli occhi e mi guardò impaurita. Temeva mi mettessi di nuovo nei guai.

E forse mi ci sarei rimesso sul serio nei guai, mi prudevano le mani.

Sapevo la mia decisione avrebbe avuto delle conseguenze, ma l'espressione terrorizzata che aveva Bianca in viso non mi lasciava scelta.

"Stiamo solo parlando... sta tranquillo... è tutto a posto" mi disse lei con voce tremante mentendo.

La fissai severo; sapevo perfettamente che quella non era la verità.

Stava solo cercando di proteggermi.

Giorgio continuò a stringere la preda. Le sue dita affondarono nella pelle del suo braccio per timore che potesse liberarsi.

Il mio sguardo bruciò su quella morsa.

Se non la allentava e la mollava gliela staccavo io quella cazzo di mano... e sapevo come...

"Hai sentito? È tutto a posto... stiamo parlando" sogghignò trionfante lui, "Puoi anche andartene"

Gli diede di nuovo uno strattone quando tentò di svincolarsi.

Digrignai i denti: io lo uccidevo quel bastardo!

Era facile farsi forti coi più deboli. E lei lo era in quel momento.

"A me non sembra" replicai, "E comunque non vedo perché devi tenerla per un polso, quindi lasciala! E non te lo sto chiedendo gentilmente" feci un passo nella sua direzione.

La mia voce era calma, ma il mio tono era ostile. Alquanto ostile...

Lo stronzo non registrò la minaccia e continuò a impugnarla stretta.

"Che paura, guarda! Mi tremano le gambe"

Te le faccio tremare io le gambe imbecille!

La mia mascella si contrasse mentre stringevo le mani in un pugno.

Bianca si accorse che la mia rabbia sarebbe esplosa da un momento all'altro e scosse la testa per convincermi a non reagire.

"Perchè non te ne vai da dove sei venuto?" continuò il bastardo istigandomi ancora, "Non abbiamo bisogno di te, pivello" ridacchiò beffardo.

Pivello a chi?

"Te lo dico un'ultima volta, ti avverto. Non costringermi a farti male"

"Non sono affari tuoi, ti ridico!" rise maligno.

Così però aveva scritto il suo nome su quel pugno!

Te lo faccio vedere io se non sono affari miei...

In un attimo ridussi la distanza tra me e lui sbiancando del tutto le nocche.

"No!" urlò subito Bianca.

Non la ascoltai; ormai la furia mi riempiva la testa e gli occhi.

Un attimo dopo quello stronzo era a terra sull'asfalto colpito dal mio destro e Bianca era di nuovo libera...

***

Che pasticcio! E adesso? Omar ha già i suoi problemi non gliene serve un altro...

Io non so  voi, ma voglio leggere di più...

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