CAPITOLO 21
OMAR
Bingo!
L'avevo trovata! E lavorava pure al Centro!
L'avrei avuta ai miei piedi in un batter d'occhi, se giocavo bene le mie carte...
Alzai lo sguardo e trovai il suo.
Non dovevo renderle la cosa troppo facili comunque. Avrei giocato un po' con lei, come il gatto col topo. Le cose troppo semplici sono sempre le più complesse del resto...
Quante ragazze avevano quegli occhi così magnetici comunque, mi chiesi. Nessuna di quelle che avevo conosciuto di sicuro.
Quando mi fissava talvolta temevo potesse arrivare fino ai confini della mia anima e andare al di là. Non era così che accadeva di solito; nessuno si era mai preoccupato più di tanto di ciò che nascondevo dentro di me. Mi avevano giudicato in fretta senza badare ad altro, Lei voleva parlare con me, invece...
Puntai di nuovo il suo sguardo per imprimermelo nella mente e subito chinai il capo per disegnare.
Di fronte a lei pensieroso continuavo a ritrarre il suo volto sul foglio per non dargliela vinta. Non sapevo se avrei continuato ad andare agli incontri. Ma esserci dichiarati quasi amici mi aveva destabilizzato.
Non ero mai stato quasi amico di nessuno; per lo più la gente mi stava sul cazzo. E poi se mai ero io a decidere chi sopportare!
Ma Bianca... aveva detto quel quasi amici così ingenuamente che non avevo potuto oppormi.
Magari mi sarei divertito un po' lasciandoglielo credere. Poteva essere utile al mio scopo...
"Ad ogni modo anche se siamo quasi amici non vuol dire che chiuderò un occhio" mi guardò dubbiosa, "Se dovessi saltare un incontro, dovrò riferirlo stavolta. Lo sai? Non posso fare altrimenti" mi informò, "Vorrei essere chiara con te da subito"
"Lo so. Potevi farlo anche ieri per quello che mi importa" mi strinsi nelle spalle.
Non replicò.
Si apprestò a scrivere con la mano sinistra compilando il modulo. Le bastava che avessi implicitamente accettato e la lasciai fare.
Chinò il capo sul foglio con la penna in mano ed iniziò con l'interrogatorio
"Il tuo indirizzo attuale?"
Alzò gli occhi nei miei in attesa.
Mi passai una mano sul mento lisciandomi il velo di barba.
"Al momento sto in Via delle Cascine 29 interno 12. In un appartamento di mio padre. Sto lì finché non trovo qualcosa che mi possa mantenere da solo. Per ora non ho racimolato abbastanza. Ti basta? Appuntalo! Non si sa mai... nel caso volessi fare un passo a trovarmi" le strizzai un occhio allusivo.
Non rispose alla mia provocazione.
"Quindi lavori? Dove?" domandò invece.
La fissai.
"In una palestra"
Poteva essere in sintonia con un programma di gestione della rabbia avere un lavoro. Speravo si accontentasse.
"Quale? La palestra intendo..."
"La Fitness & Knockout. Hanno aggiunto da poco pugilato a quello che offrono... mi piace"
"E chi ti ha dato questo lavoro?"
"Me lo sono trovato da solo. Un mio amico cercava un secondo per gli incontri di boxe della palestra e così... mi sono proposto"
"Come si chiama questo tuo amico" fermò la penna in attesa della mia risposta di nuovo.
Ancora!?
"Ivan... Ivan Rocci"
Lo appuntò.
"E guadagni abbastanza?"
"Non lo so..." risposi spazientito, "Veramente non ne abbiamo ancora parlato. Cioè... non è che ci vada spesso... per lo più quando mi chiamano. Non lo so se guadagnerò abbastanza. Ti basta?"
Imperterrita continuò.
"Quindi non hai ancora iniziato a lavorare seriamente"
Che palle!
Non risposi; feci finta di niente, concentrato sul foglio.
"Omar!" mi richiamò.
"Eh... cosa? Scusa ero sovra-pensiero"
"Dicevo... quindi non hai ancora iniziato a lavorare seriamente?"
"Ah... no. Non ancora. Solo saltuariamente"
Il mio sguardo era assente. Impegnato in qualcosa che nulla aveva a che fare con le sue domande.
"E come passi le giornate?"
Di nuovo non fiatai.
"Omar..." nessuna reazione, "Omar!" insistette.
"Cosa?"
Ero troppo distante con la mente. Le avevo suggerito un dubbio....
"Hai assunto droghe o alcool per caso?"
"Io non uso droghe... perché me lo chiedi?" feci una smorfia.
"Per vedere come stai messo, Omar"
Scoppiai in una risata isterica.
"Oddio!" quello non doveva chiedermelo... "Vuoi sapere come sto messo veramente?" non fiatò, mi fissò e basta, "Sto messo di merda, se lo vuoi sapere... davvero di merda!"
"E perché stai messo di merda?" continuò imperturbabile.
"Cos'è... vuoi sentirti a posto con te stessa o cosa?"
"Mi piacerebbe aiutarti. Perché no? È quello che faccio qui"
"Nessuno può aiutarmi... a meno che tu non mi faccia uscire da questo posto per non tornarci più... In quel caso sì, che mi avresti dato una bella mano!"
Non si scompose.
Il mio era il tipico atteggiamento di coloro che dovevano seguire un percorso di riabilitazione al Centro...
***
OK... non la presa troppo male.
Domani vediamo come procede...
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