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Un minuto e sette secondi


CAPITOLO 15

UN MINUTO E SETTE SECONDI


Perché la ragazzina in ultima fila mi osserva?

Da quando ho messo piede nell'aula di chimica ho sentito i suoi occhi addosso. Due occhi castani, assolutamente comuni, caratterizzati da una grande quantità di melanina.

È seduta in un banco in fondo a destra, accanto alla finestra e accanto a lei c'è un banco vuoto. I capelli sono raccolti in una coda di cavallo e presentano la stessa tonalità degli occhi. Il viso è morbido e i lineamenti sono dolci. Ma tutto questo non mi dice nulla.

Dovrei sorriderle?

Troppo strano. Preferisco ignorarla.

Più facile.

Più giusto?

Non sono io a decidere cosa sia giusto, io decido solo cosa sia meglio. Cosa sia meglio per me.

Così facendo prendo posto in un banco vuoto in prima fila, i due banchi ai miei lati sono vuoti. Meglio così.

Confusione. Intorno a me gli studenti chiacchierano, si tirano palline di carta e ridono.

Parole. Quante parole per non dire nulla. Per chiacchierare del niente più assoluto, solo per essere al centro dell'attenzione per un attimo.

Quando un uomo sulla sessantina entra in aula vedo tutti zittirsi e alzarsi in piedi. Li imito.

L'uomo è accaldato. È in ritardo. Ha corso.

Ha avuto un guasto alla macchina, macchie d'olio sulle mani. Non è giovane ma è ancora in forma, avrà una vita lunga e longeva.

-Comodi comodi ragazzi. –

Alle sue parole ci sediamo tutti quanti, senza essere molto coordinati.

-Avete risolto il "bilanciamento"? – domanda osservando la classe.

Mi nota subito. Mi sarebbe sembrato strano il contrario.

-Tu sei? – mi domanda.

-Sherlock Holmes. – rispondo senza sapere esattamente cosa fare.

Devo forse stringergli la mano?

Alla fine opto per restare seduto.

-In ritardo con l'inizio dei corsi eh? –

Odio le domande retoriche.

Che senso ha chiedere cose che già si conoscono? Affermare l'ovvio per gli esseri umani è ormai divenuto uno sport.

-Spero che tu riesca a tenere il passo. –

La sua attenzione si sposta sui quaderni dei suoi studenti che sono pieni zeppi di formule chimiche.

Dopo aver risposto a qualche domanda, le più poste dalla ragazza in ultima fila, si volta e cammina verso la lavagna. Il gesso bianco lascia dietro di sé segni polverosi:

Fe2(SO4)3 + Ba(NO3)2 → Fe(NO3)3 + BaSO4

-Avanti ragazzi, a chi lo risolve in tre minuti offro da bere. –

Sa che non ce la farà nessuno.

Non ha ancora conosciuto me.

In un istante entro nel mio Mind Place, un nome molto semplice per chiamare qualcosa che non lo è.

Ordine. È questo che fa andare avanti il mio palazzo mentale, tutto ciò che so, tutto ciò che conosco ordinatamente ordinato [1] in cassetti. I cassetti sistemati in stanze, le stanze poste su piani. I piani collegati da scale.

Mi muovo qui dentro come tra le pieghe della mia mente, nulla mi sfugge, ogni fotogramma viene archiviato nel cassetto giusto e per ritrovarlo basta un istante.

Vedo i numeri atomici muoversi davanti a me, ne sposto un paio col gesto della mano.

Ecco, ora va meglio.

Manca ancora qualcosa.

Il cassetto che contiene la tavola degli elementi si spalanca. Tutti in fila. Così.

Tutto si rimescola.

Poi il risultato si mette in fila.

Numeri ordinati, obbedienti.

Apro gli occhi.

-1, 3, 2, 3. – [2] fisso il professore.

Un minuto e sette secondi.

E il risultato è corretto. Lo so.

Ma lo sguardo del professore è un'ottima conferma.

-Mi dispiace declinare l'offerta, professore, ma non bevo. –

Il prof era rimasto abbastanza allibito, ma con quella che sembra essere una battuta da parte mia lo scongelo.

-Oh...d'accordo. – risponde solo.

Non è vero che non bevo. Volevo solo far cessare quel silenzio imbarazzante.

***

-Sherlock! –

Perché? Perché? Perché?

Perché Sherlock non si rende conto che il fatto di avere due camera implichi il fatto che lui stia nella sua e io nella mia?

Perché diavolo è seduto a gambe incrociate sul mio piumone con le mani giunte vicino alla bocca?

Davanti a lui una copia del giornale della scuola, il Cambridge University Press.

Mi rivolge un unico sguardo sfuggevole e poi torna a fissare il vuoto.

Sono stanco morto. La giornata è stata piena di lezioni difficili e l'incontro fatto tornando in camerata mi ha messo qualche dubbio in testa.

Mi ero quasi dimenticato di lui con tutto quello che è successo nell'ultimo periodo; Sherlock, Mary, i corsi di studio...

Jim Moriarty. Il ragazzo che mi ha indicato la strada per i corsi di medicina il primo giorno, dopo avermi detto di frequentare gli stessi. Ricordo la strana inquietudine lasciatami dal nostro incontro, quella scintilla quasi folle sepolta con cura nel suo sguardo.

Non l'ho mai visto a nessun corso. E oggi che l'ho rivisto mi è tornato in mente questo particolare.

Non è successo niente di strano, ma è stato il tono con cui è successo ad avermi lasciato pensieroso: ci siamo incrociati in un corridoio, lui andava nella direzione opposta alla mia. Quando ci siamo passati accanto lui ha mormorato, senza alzare gli occhi dal libro che stava leggendo:

-Ciao John. - e ha tirato dritto.

Non riesco davvero a capire perché questa piccolezza mi lasci così sconvolto. E ora Sherlock in camera mia è un problema più immediato.

Non ho la forza di cominciare immediatamente a discutere, così mi lascio cadere sul letto a pancia in su, lasciando che la testa mi cada dal bordo, così da vedere il mondo a testa in giù. La finestra un ritaglio di cielo nella parete.

-Sono contento che tu trovi confortevole la mia stanza. – esordisco dopo un po'. Sherlock è fermo immobile.

-Però non credi che sia il caso di, ecco insomma, occupare i tuoi spazi ogni tanto? – lui mugugna qualcosa.

Non sono nemmeno convinto che sia rivolto a me.

Mi tiro su appoggiandomi ad un braccio e gli pianto il mio sguardo addosso.

Lui sembra scocciato, come se io lo stia distogliendo da importanti pensieri.

-Camera mia è disordinata. –

-E ti sembra una buona ragione per...- non mi lascia nemmeno finire la frase parlandomi sopra:

-Assolutamente, per le questioni importanti ho bisogno di tranquillità. –

Sono tentato di chiedergli di quali questioni stia parlando ma c'è qualcosa che mi colpisce di più:

-Sei qui da un giorno! Come può essere già disordinata camera tua? – senza aspettare una risposta coerente mi alzo e vado verso la sua porta.

Lo spettacolo che mi accoglie è incredibile, stento a crederci. Sembra che quelle pochissime cose che Sherlock possiede siano state sparpagliate di proposito per la stanza.

Il letto è completamente disfatto, qualche maglietta è spersa nei posti più improbabili, le due paia di pantaloni che possiede oltre a quelli del pigiama che credo stia indossando ora sono appallottolate sulla sedia, la scrivania è ricoperta da fogli in parte pieni di numeri e in parte accartocciati.

Ho paura di guardarmi intorno con maggiore attenzione per timore di quello che potrei trovare e allibito mi chiudo la porta davanti. Resto qualche istante a fissarla, per poi tornare indietro.

-Ma come diavolo hai fatto? – domando davvero desideroso della risposta.

-Non sapevo come vestirmi. –

Scoppio a ridere. Le risposte di Sherlock sono sempre così semplici, a volte mi ricorda l'ingenuità di un bambino.

Ma la mia risata è provocata soprattutto da una cosa: a quel che ho potuto vedere Sherlock possiede solo le due paia di jeans perfettamente uguali e cinque camicie bianche.

E non sapeva come vestirsi...

-Leggi qua, e dimmi cosa pensi. –

Afferro la copia del quotidiano e mi stupisco del fatto che "il grande Sherlock Holmes" stia chiedendo a me un'opinione.

In prima pagina un titolo a grandi lettere nere è stato cerchiato più volte a matita e l'articolo seguente è disposto su due colonne che incorniciano una foto in bianco e nero:

"Morte misteriosa tra le mura dell'Università"

-Un'omicidio a scuola? – mi lascio sfuggire a mezza voce rivolto a nessuno in particolare. Sono così preso che mi sono perso una notizia del genere.

-Omicidio o suicidio...chi lo sa. - mi corregge Sherlock e accompagnato dalle sue parole mi cimento nella lettura dell'articolo completo.

"Lo studente di Lettere Edward Askell è stato trovato questa mattina dal suo compagno di stanza che rientrava dopo aver passato la notte fuori. Il ragazzo di 17 anni è stato rinvenuto con gli occhi spalancati come se avesse provato un grande spavento e la schiuma alla bocca, sintomo di avvelenamento. Le analisi del sangue, però, non hanno portato alla scoperta di alcuna traccia di veleno conosciuto. La porta era chiusa dall'interno e la finestra era anch'essa sbarrata. Nessuno può essere entrato nella stanza, ci si chiede dunque se la somministrazione dell'eventuale veleno sia stata somministrata prima dell'arrivo in camera dello studente o se si sia trattata di un'assunzione volontaria, dunque di un suicidio. Gli amici affermano che Edward fosse una persona felice e senza grandi problemi, né a scuola né in famiglia. I genitori, avvisati oggi stesso, sono stati convocati dalla centrale di polizia di Cambridge e sono rimasti distrutti dalla notizia.

Ancora poco chiare sono le dinamiche dell'accaduto, manca un movente e un'arma del delitto. L'ispettore di polizia si è rifiutato di rispondere alle nostre domande. Seguiranno svolgimenti. "

-Hai qualche idea? –

Sherlock tira su le spalle per poi lasciarle ricadere.

Poi un sorriso sornione gli compare sul volto.

-Andiamo. –

Lo guardo interdetto. Ormai è tardi, tra mezz'ora dovremmo recarci in mensa per la cena e poi desidero solo andare a dormire. Ma vengo assalito da quella sensazione che mi ha pervaso al mio primo incontro con Sherlock Holmes. Si chiama adrenalina.

Sherlock si alza e esce dalla mia stanza di slancio. Sento i suoi passi avviarsi verso l'uscita, poi torna indietro e infila la testa nella mia camera:

-Vieni. – la sua non è una domanda, non me lo sta chiedendo.

-Tu...tu vuoi che venga? –

-Ma certo! Che farei senza il mio blogger? – [3]

NOTE

[1] scusate il terribile gioco di parole...mi piace come suona.

[2] come già avevo detto una volta non sono un particolare genio, senza contare che al secondo anno di artistico i bilanciamenti non si fanno, dunque l'esercizio e il relativo risultato (corretto) sono stati presi con un semplice copia e incolla da internet...ci tengo a essere sincera J

[3] qui mi affido a voi fan come me...non ricordo di che episodio della serie tv sia questa frase, controllerò, ma se nel frattempo c'è qualcuno che lo sa fatemelo sapere, così sistemerò la nota.

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