Simili
Capitolo 25
SIMILI
-A cosa pensi? –
La voce di Molly mi raggiunge dal lato destro.
Ormai ha preso l'abitudine di sedersi accanto a me nell'ora di chimica. Non posso permettermi di essere scontroso se voglio continuare ad avere accesso ai referti del padre. Voglio proprio vedere cosa uscirà dall'autopsia di Norah.
Però tutta questa confidenza mi irrita.
I miei pensieri sono affar mio.
-Norah Darling. –
Rispondo pragmatico. Dicendo la verità.
Lei annuisce e il suo sguardo si adombra.
La notizia si è sparsa ormai per tutto il campus portando silenzio in ogni aula, in ogni stanza, in ogni angolo del parco.
Tre morti di studenti hanno lasciato il segno.
-Posso rivelarti un segreto? – la voce di Molly è molto cauta e si è abbassata impercettibilmente.
Cosa mai potrebbe dirmi?
Prova ad ascoltare
Annuisco e lei posa il vetrino che teneva tra le mani e mi guarda con occhi seri.
Credo sia la prima volta che riesce a sostenere il mio sguardo senza arrossire ridicolmente.
-Ecco, forse non è così, ma credo che queste morti siano, come dire, collegate. –
-Continua. –
-A dire la verità lo pensavo già dopo la morte di Alexander, ma ora la storia di Norah ha rafforzato le mie teorie. –
Molly Hooper si è guadagnata ora tutta la mia attenzione.
-Sono avvenuti tre decessi nel giro di tre settimane. Non si è mai verificata una cosa del genere in un'università. Qualcuno sta usando gli studenti. –
È il verbo usato da Molly a colpirmi maggiormente.
Gli studenti stanno venendo sfruttati da qualcuno.
Ma da chi? E perché?
-Che vuoi dire? –
Lei scuote il capo:
-Non ne ho idea, è solo una sensazione, ma sento che c'è qualcosa di sbagliato, molto sbagliato, in tutto questo. Tu...tu non credi che sia pazza, vero? –
Non posso espormi troppo, non voglio che capisca che sto indagando, ma allo stesso tempo non posso permettermi che lei lasci perdere le sue teorie, potrebbe perfino arrivare a qualche ipotesi interessante, dunque non posso scoraggiarla.
-No, assolutamente. Credo che tu sia molto intelligente e che potresti avere ragione. –
Ora sta arrossendo. Incredibile. Oh non capirò mai il genere umano.
Figuriamoci quello femminile.
-Se ti dovesse venire in mente qualche altra ipotesi interessante mi farebbe piacere che tu mi mettessi al corrente. –
-Certo, lo farò di sicuro! – esclama lei con un entusiasmo che mi pare un po' esagerato visto che stiamo parlando di omicidi.
Oh andiamo, non fare il moralista proprio tu. Cos'hai provato alla vista del cadavere di Norah?
Stavo analizzando la scena del crimine. Non potevo permettermi distrazioni!
Ecco, appunto.
Il suono della campanella mi salva dallo sguardo trasognato di Molly e mi affretto a tornare in camera, dove so di trovare John.
Ieri mi è stato molto utile avvicinandosi alla persona più vicina alla vittima.
Forse lui era mosso solo dalla compassione, ma questo ha favorito molto anche le mie indagini.
-Prego, entra pure. –
Commenta lui quando entro in camera sua. Senza bussare.
-Oh andiamo, se non avessi voluto che io entrassi avresti chiuso la serratura. –
È odioso quando si finge irritato.
E mi fa perdere tempo.
-Ripetimi tutto quello che ha detto ieri Susan. –
Mi siedo sul suo letto rannicchiando le gambe vicino al corpo. E attendo che lui parli.
-Cosa? Ancora? –
-Si esatto, io non ero lì a sentire e ho bisogno di assimilare tutte le informazioni. Su su, che non abbiamo tempo. –
Credo di sentirlo commentare qualcosa come "sei incredibile" in mezzo a una risatina, ma sorvolo.
Lui comincia nuovamente a riferirmi del dialogo tra il poliziotto e Susan.
***
-Ecco! – l'esclamazione di Sherlock interrompe il mio resoconto.
Che indizio avrà trovato nascosto tra le parole che io stesso stavo pronunciando ma delle quali ignoro la vera importanza?
Stavo riferendo a Sherlock dell'ultima risposta di Susan.
-" Norah non ha mai davvero superato la perdita ma..." e qui il poliziotto l'ha fermata, dobbiamo scoprire cosa avrebbe seguito quel "ma" –
-E come pensi di fare? –
-Chiedendoglielo, ovviamente. –
-Come scusa? E come faresti a domandarglielo? –
-Non io, tu. –
Il suo sguardo è compiaciuto come quello di un bambino che è riuscito a rubare le caramelle senza essere beccato.
-Non ci penso nemmeno. Non andrò ad infierire su una povera ragazza che ha appena perso la propria migliore amica. Perdipiù non la conosco nemmeno, ci siamo visti una volta.-
-Oh, so che troverai il modo. Comunque, un altro punto fondamentale è la lista degli invitati alla festa. –
Lo vedo chiudere gli occhi un attimo.
Quando li riapre mi sembrano più azzurri di prima.
-Cosa pensi di fare? – gli domando curioso.
-Qualcosa mi verrà in mente! –
Il silenzio cala nella stanza.
Nella mia mente sento ripetersi la storia della sorella di Norah e non posso che essere preso dalla malinconia. Istintivamente il mio sguardo si volge al comodino dove ho posizionato la foto con Harriet.
-John, è tutto a posto? –
So che ha capito, non sarebbe Sherlock Holmes se così non fosse.
E sapendo questo so che non si aspetta una risposta.
Eppure quello che dice dopo mi colpisce. Non me lo sarei aspettato da lui. Forse però lui sarà sempre in grado di stupirmi.
-Ne vuoi parlare? –
Non lo so. Non ho mai parlato di questa storia con nessuno. Nella mia famiglia il discorso è stato chiuso in un cassetto e la chiave è stata smarrita.
Tutto è stato dimenticato. O perlomeno abbiamo tentato che così accadesse.
È il suo sguardo a convincermi.
Forse per la prima volta da quando lo conosco mi sta davvero guardando.
Solo guardando, come fanno le persone normali, senza analizzarmi, senza cercare di dedurre cosa io stia provando.
Attende semplicemente che io sia pronto.
***
-È successo pochi mesi fa. –
John chiude gli occhi. Deglutisce.
-Il 22 agosto. Ero a casa, stavo studiando nonostante l'ora molto tarda. Dalla strada è arrivata la luce blu e rossa di una macchina della polizia. Ci ho messo poco a rendermi conto che si era fermata proprio davanti alla porta di casa mia. –
Ora i suoi occhi sono aperti, ma sono distanti, inafferrabili, persi dietro ricordi ancora troppo vividi.
-Ho sceso le scale di corsa. Qualcosa mi premeva sullo stomaco. Avevo capito subito cosa fosse successo. Chiamalo come vuoi, istinto, deduzione...-
Mi guarda.
-Resta il fatto che appena la luce si era fermata sotto le finestre io avevo capito che mia sorella era morta. –
Si prende una pausa.
Io aspetto.
Qualcosa dentro di me è cambiato. Solo poche settimane fa sentendo queste parole avrei provato solo orgoglio per aver già dedotto tutto solo osservando lo zoppicare psicosomatico di John e i suoi occhi persi dietro la foto con la sorella.
Ora però questa sensazione non mi raggiunge.
Aspetto solo che la sua voce vada avanti.
-Non ha mai avuto un carattere facile. Era più grande di me di tre anni e aveva cominciato presto con certi vizi che non approvavo. Ma io ero solo lo stupido fratello piccolo che non poteva permettersi di dirle come vivere la sua vita. Mamma e papà, sempre in giro, non se n'erano nemmeno accorti.
E così quei suoi vizi l'avevano portata alla morte. Una dose troppo forte di LSD e aveva creduto di poter volare. Chissà cos'ha provato mentre il marciapiede si faceva più vicino. –
Capisco che il silenzio che segue quest'ultima frase durerà a lungo.
Non c'è più niente da dire.
Il filo dei miei pensieri viene interrotto da un'anomalia.
Si tratta di un ricordo.
Il viso di mio fratello più giovane. Mi osserva dalla porta.
Ricordo quel giorno.
Un altro colloquio con le famiglie adottive era andato male. Avevo spaventato la giovane coppia. Mi vedevano come un mostro incapace di provare sentimenti.
Avevo deluso Mycroft.
Lui mi ha sempre visto come l'ostacolo insuperabile per raggiungere una nuova vita.
Non ci avevo messo molto, crescendo, a capirlo. Ero un fallimento.
Dopo i colloqui non mi parlava per giorni, si limitava a fissarmi scuotendo il capo.
Era peggio di ogni insulto esistente a questo mondo.
E alla fine aveva scelto di tradirmi.
Forse è stato quel giorno, quando lui ha varcato il cancello orfanotrofio per non tornare indietro, che la mia personalità ha raggiunto il punto di non ritorno.
Se la vita voleva che io fossi solo una mente calcolatrice, allora lo sarei stato.
Senza alcuna eccezione.
Dunque nemmeno la separazione da Mycroft doveva farmi soffrire.
E così era stato.
Lui e la sua nuova vita.
Io e me stesso.
***
Angolo autrice: altro capitolo riflessivo in cui emergono altri particolari del passato di Sherlock e anche di quello di John
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