Rabbia o Imbarazzo?
CAPITOLO 9
RABBIA O IMBARAZZO
Oggi è stata la prima giornata di scuola.
Questo posto è assolutamente incredibile! Oltre all'essere immenso è pieno di studenti interessanti; passando davanti ai laboratori di chimica puoi trovare ragazzi avvolti in camici bianchi con spessi occhialoni protettivi che mischiano strani composti in provette di vetro. Il parco è sempre affollatissimo e gli studenti girano ridendo coi libri sottobraccio, spostandosi da un edificio all'altra per seguire i loro corsi di studio.
Sono qui ora, col sole che incendia il cielo sopra i rami degli alberi, e guardo il fiume scorrere poco lontano da qui. Ancora qualche risata popola l'aria, ma vanno scemando e fra poco il parco sarà vuoto.
C'è qualcos'altro di incredibile che è avvenuto oggi.
E porta il nome di Mary.
Oggi, seguendo la mia tabella delle materie sapevo che, dopo due ore di medicina avrei dovuto spostarmi per raggiungere le aule di lettere che si trovano in un'altra zona del college. Inutile dire che anche questa volta il mio senso dell'orientamento mi abbia abbandonato. Neppure con la cartina che mi sono procurato questa mattina in segreteria riuscivo a capacitarmi di dove io potessi essere e di dove io dovessi andare.
Stavo giusto vagando per il cortile, avevo appena ripercorso due volte la stessa strada, avanti e indietro, quando, con il naso incollato alla cartina e i passi sempre più di fretta per via del ritardo che stavo accumulando, mi sono reso conto di aver sbattutto contro qualcosa, o meglio, qualcuno, solo quando ormai ero steso a terra coi libri sparsi ovunque.
La ragazza, perché era una ragazza la mia povera vittima, era rimasta in piedi non dopo essere barcollata un po' per poi aver capito cosa fosse successo.
Già pronto a sprofondare per l'imbarazzo, rosso come un peperone, attendevo solo che mi lanciasse qualche insulto per proseguire per la sua strada, e invece i suoi occhi verdi si erano posati su di me e la sua bocca morbida aveva esclamato delle parole che ancora adesso non riesco a credere possibili:
- Oddio, stai bene?! Hai fatto un volo. –
Una mano teneva i libri contro al petto, mentre l'altra si tese per offrirmi aiuto.
Io ero già talmente imbarazzato che un contatto fisico avrebbe peggiorato la situazione, quindi evitai di accettare il suo aiuto con la scusa di dover raccogliere i libri sparsi attorno a me.
- Scusa, io...- cominciai a farfugliare.
Cercavo di evitare di guardarla ma fin da subito mi ero accorto della sua bellezza, una bellezza tranquilla, che potrebbe passare inosservata, ma questo non significa che non ci sia.
I capelli biondi tagliati corti le incorniciavano il viso, un po' spettinati e lei cercava di domarli spostandosi i ciuffi dietro alle orecchie.
Gli occhi verdi precedentemente notati spiccavano sulla pelle chiara e sembravano nascondere un mondo intero.
- Mary. –
La guardai come non capendo, giusto per peggiorare ancora la mia situazione.
- È il mio nome. – sorrise lei.
- E tu...? – mi spronò vedendo che non aprivo bocca.
A ripensarci ora mi sento ancora morire di imbarazzo.
- John. John Watson. –
- Ok John, mi permetti di accompagnarti alla lezione di Lettere? Faccio la stessa strada. –
- Come...come? –
- Come ho fatto a capire che ti sei perso e devi andare a lettere? –
Ero stato in grado solo di annuire mentre l'immagine di Sherlock Holmes che deduceva tutto in un batter di ciglio mi tornava alla mente.
Ero davanti a una bella ragazza che mi stava offrendo il suo aiuto e io mi ero messo a pensare a Sherlock Holmes?
Sono da curare, ora ne ho la prova definitiva.
Mary mi fece notare che in mano avevo solo libri di letteratura. Chiunque avrebbe capito che cosa dovevo frequentare.
E così ero giunto a destinazione sano e salvo e avevo pure fatto amicizia.
Mary aveva lasciato la mia vita così come era comparsa; con semplicità e la paura di non rivederla mi prende ancora.
Osservo ancora un po' il cielo e, quando ormai della luce aranciata non rimane che un unico vago alone, mi volto prendendo posto alla scrivania della camera e apro lo schermo del mio portatile.
C'è qualcosa che voglio che cominci assieme alla mia nuova vita da universitario.
Cercando un po' su internet trovo ciò che fa al caso mio.
Scelgo il nome. Curioso un po' tra la grafica, i font e la struttura. Imposto il layout e, prima di quanto mi sarei aspettato, sono online.
"The Blog of John Watson"
Ok, forse non sono dotato di molta fantasia, però l'avere un blog che porta il mio nome è particolarmente interessante.
Spero, un giorno, di poter aggiungere la sigla "Dott." Davanti al mio nome.
Perché ho aperto un blog?
Può sembrare un'idea stupida ma amo scrivere e l'idea di poter mettere le mie storie online, dove chiunque può raggiungerle ed esprimere un giudizio mi elettrizza. Un piccolo, minuscolo, insignificante ritaglio della rete dove sono io il protagonista, dove sono io lo scrittore.
Quasi non posso nemmeno credere a me stesso quando, aprendo la pagina per scrivere un nuovo post, lo intitolo:
"Il mio primo incontro con Sherlock Holmes"
Ma non è questo il momento di frenare la mia voglia di scrivere e Sherlock sembra il protagonista perfetto per dar vita a una serie di racconti gialli.
"Era una mattina umida. Molto umida. Londra è conosciuta anche per la percentuale di precipitazioni che ogni anno ci fanno visita. Quel giorno la pioggia era solo un elemento in più a tutti i guai che mi stavano capitando. Dovevo prendere un treno, un treno che avrebbe cambiato la mia vita, ma la sveglia, dispettosa come sempre, aveva deciso proprio quel giorno di licenziarsi. Senza nemmeno rispettare la clausola del contratto che doveva dare il preavviso di una settimana prima di mollare il lavoro.
L'ultima cosa che potevo immaginare, quella mattina, era che avrei calpestato una persona, tirando così un calcio ai miei piani della giornata sconvolgendoli completamente. Solo ora posso dire con certezza che sono contento che la sveglia avesse scioperato...
***
"...Sherlock Holmes è una persona semplicemente incredibile. Sembra quasi saltato fuori da un libro, direttamente dalle pagine ingiallite di qualche vecchio giallo di Arthur Conan Doyle [1].
Gli basta una sola occhiata per dedurre quello che agli occhi degli altri sembra invisibile, in pochi secondi può dedurre la causa di un decesso e dategli ancora qualche secondo e potrà indicarvi con precisione l'assassino..."
Non posso credere che ci sia della spazzatura simile in rete.
"The Blog of John Watson"
Che manie di protagonismo quel ragazzo.
Spero solo che nessuno lo trovi, non posso credere che mi stia facendo apparire come un fenomeno da baraccone! Come un indovino del circo!
Lascio scorrere ancora qualche parola sotto il mio sguardo vigile fino a quando non posso tollerare altro. Raggiungo la barra dei commenti e mi preparo a scrivere qualche cattiveria.
Non posso credere di star sprecando il mio quarto di sterlina trovato per terra in un internet point a leggere stupidate sul mio conto.
Perché è di questo che si tratta; stupidate.
Oh andiamo Sherlock, ammettilo che ne sei lusingato e sostieni che ti dia fastidio perché in realtà ti mette in imbarazzo.
Quella stupida voce.
Il tempo sta per scadere. Il tempo che dovevo impiegare per intrufolarmi nell'archivio di Scotland Yard per cercare qualche caso rimasto irrisolto per ingannare un po' il tempo è stato sprecato per leggere queste...idiozie su di me!
Lascio le dita sospese per pochi secondi sulla tastiera, ma alla fine l'unica cosa che riesco a scrivere è:
- E il signor Holmes le ha dato il permesso per scrivere ciò? –
Mi rendo conto di essermi abbassato al suo livello.
Ma il tempo è scaduto e lo schermo si spegne. Non posso più modificare il commento. Per oggi niente di internet.
Esco dall'internet point e rimango fermo sul marciapiede. Attorno a me non accade nulla. Gente che cammina.
Quiete.
Calma.
Tranquillità.
Non è snervante? [2]
***
Mi sono addormentato lasciando il computer acceso. Per tutta la notte.
Incredibile!
Non sono profondamente catturato al mondo dei sogni, ecco perché un trillo proveniente dall'apparecchio è sufficiente a svegliarmi.
Incuriosito mi avvicino allo schermo e trovo ancora aperta la Home del blog.
Il mio articolo ha ricevuto un commento.
Prima di affrettarmi a curiosare mi stropiccio gli occhi, la luce è troppo forte e mi alzo per tirare su la tapparella della stanza, lasciando che la luce dell'alba rischiari un po' la camera.
Sono le sette del mattino! Chi è che alle sette del mattino è sveglio per leggere i miei racconti?
La sorpresa lascia spazio alla curiosità...Oh il mio primo lettore!
L'entusiasmo sceme in un attimo.
Il commento non mi pare per nulla positivo
- E il signor Holmes le ha dato il permesso per scrivere ciò? –
Senza ragionare perfettamente, anche perché il sonno non mi ha ancora abbandonato del tutto, mi metto a picchiare sui tasti con un po' troppa forza.
Poi mi rendo conto di una cosa. Chiunque, leggendo il primo capitolo della mia storia (probabilmente destinato a rimanere il solo se non lavorando di fantasia per i seguiti) avrebbe dato per scontato che Sherlock fosse un personaggio di fantasia.
Credere così su due piedi all'esistenza di un ragazzo che ha una capacità intuitiva eccezionale non è molto scontato. Ecco, perché alla fine, l'unica cosa che riesco a scrivere in risposta è:
- Sherlock??? –
Resto a fissare lo schermo in attesa di una risposta.
Deve rispondere! Non può essere sempre così con lui, appare e poi scompare senza lasciare tracce.
Pretendo. Esigo che Sherlock risponda.
Ma passano i minuti e non arriva nessuna risposta, né da lui né da chiunque altro, questo però indica anche che non ho avuto una smentita.
Sherlock mi sta forse tenendo d'occhio?
[1] Ho scelto di citare lo scrittore di Sherlock Holmes per mettere un po' di ironia nel capitolo, come avrete intuito viene conosciuto da Watson come generico scrittore di gialli che nella storia non ha alcun rapporto con Sherlock Holmes
[2] Parte di dialogo tra Sherlock e la signora Hudson nel terzo episodio della prima stagione di Sherlock BBC
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