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Piccoli Passi

CAPITOLO 34

PICCOLI PASSI

Ancora una volta. Da capo.

Perché?

Perché devo finalmente trovare una spiegazione a tutta questa situazione. Ci sono ancora due domande senza risposta: Come e Per quale motivo.

Lascio che tutta l'assurda situazione si riproietti nella mia mente come un film. Le scene si susseguono una dopo l'altra: il mio primo incontro con John. Il mio arrivo a Cambridge. Il primo decesso; Edward Askell. Poi Alexander Foils, Norah Dill, Sofia Pacini, Ashley Rooth e infine il professore di chimica.

Questo è stato fatto tutto per me? Un grande enigma da risolvere?

Come una pericolosa partita a Cluedo?

Può essere ma...ma non è il motivo principale, è una conseguenza. Una piacevole conseguenza per l'assassino, che ha potuto trasformare tutto nel suo divertimento personale.

Come faceva, Moriarty, a sapere del mio arrivo a Cambridge, come poteva conoscere la mia identità? Che rapporto ho io con lui?

John e io ci siamo "scontrati" a Londra. L'ho convinto a tornare alla sua vita. L'ho accompagnato al treno.

Il treno.

John.

Elimina John. Anche solo per un attimo.

Si. Elimino John dal ricordo. Ora non c'è più il suo viso a salutarmi. Ce ne sono molti altri. Persone che prendono posto a sedere. Persone che sistemano le valigie. Persone felici, persone arrabbiate, persone tristi, persone...

Persone.

Volti, sguardi, espressioni.

Eccola.

Chi?

Mary.

Seduta qualche sedile più avanti rispetto a John.

Osserva me.

Poi.

Osserva John.

Poi.

Prende il cellulare e scrive.

Cosa scrive?

Le sue dita si muovono sulla tastiera del telefono. Il vetro del treno è sporco. Visuale compromessa.

Guarda il movimento delle dita.

Prima riga, quinta lettera. T.

Prima riga, quarta lettera. R.

Prima riga, penultima lettera. O.

Ultima riga, quarta lettera. V.

Il treno parte.

TROV.

Trovato.

Moriarty mi stava cercando.

Cos'è successo dopo? Ricorda Sherlock, ricorda.

John ha conosciuto Mary mentre io ero ancora a Londra. Ovvio, Jim doveva fare in modo di tenere sotto controllo il ragazzo per arrivare a me. Quanti sono i suoi aiutanti? Quante spie ha in giro? Chi è davvero Jim Moriarty?

Poi...John ha scritto sul blog della nostra indagine, così Jim ha capito che avevo abboccato all'amo.

La porta di ingresso si apre. Camminata lenta. John.

***

-Ti ho chiesto se potevi passarmi una penna! – la voce di Sherlock mi raggiunge dalla sua stanza. In un attimo il mio malumore si dissolve

- Cosa? Quando? – domando entrando in camera sua. Come sempre riesce a spaesarmi. –

-Circa un'ora fa – [1]

Questo atteggiamento è così tanto da Sherlock che mi viene voglia di ridere. È tutto come prima.

Io, Sherlock. E un mistero da risolvere.

Lui è seduto come sempre in quella posizione improbabile, con le punte delle dita allineate e le gambe intrecciate sopra il copriletto.

-Scusa Sherlock, ma non ti ero accorto che sono rimasto fuori? –

Lui mi guarda come a dire "e allora?" e commenta con noncuranza:

-Ora però sei qui. –

E, dopo un istante, sorride.

Sorride come quel giorno al bar, quando mi ha detto che gli ricordavo la schiuma del cappuccino.

Un sorriso tutto per me.

-Si Sherlock. Sono qui. –

E sarò sempre qui, vorrei aggiungere. Ma non lo faccio. Perché ho paura.

Paura di lui. Paura di me.

Paura di lui e me insieme.

-Allora, qual è la prossima mossa? – domando invece, lasciando da parte i miei dubbi.

-Prima mi passi una penna, poi potrei anche aggiornarti sugli sviluppi a cui sono giunto. –

Si, tutto quello che vuoi, Sherlock.

***

Bussano alla mia stanza, strano, non aspettavo nessuno.

-Si? – domando avvicinandomi alla porta.

-Sherlock. –

-E John. – aggiunge un'altra voce.

Al sentire il primo nome il mio cuore ha perso un battito. Ma poi, ovvio che ci sia anche John, saranno qui per parlarmi della morte del professore di Chimica.

Li faccio entrare e leggo sul volto di John uno sguardo colpevole e abbassa subito gli occhi non appena cerco di incontrare il suo sguardo.

-Molly...- comincia Sherlock.

-Sherlock, ti prego...- la voce di John sembra implorarlo a parlare con calma, con tatto.

Che cosa sta succedendo?

-Devi stare lontana da Jim. –

Ancora non credo di aver perdonato Sherlock dopo la vicenda di Natale, quando mi ha messa in imbarazzo davanti all'unico ragazzo che sembra perlomeno volermi bene.

Ora non posso credere a ciò che ho appena sentito. Il mio sguardo si fa furente.

-Perché pensi di poter comandare la mia vita? – il mio tono è accusatorio.

Non lo capisco, davvero non lo capisco. Perché per una volta non posso essere lasciata in pace?

Io lo so che con te non potrei mai avere una vita, Sherlock, l'ho capito. Anche se i tuoi occhi continuano a farmi sciogliere, anche se devo reprimere la voglia di passarti la mano tra i ricci scuri, anche se non posso fare a meno di fissare le tue mani quando in classe si muovono sul microscopio.

Devo rinunciare a te perché tu non provi niente. Per nessuno. Perché sei solo e lo sarai sempre.

Perché non soffri nella solitudine, perché la ricerchi. Perché ami solo te stesso.

Quindi mi chiedo, ti chiedo, perché ora che ho capito tutto questo, ora che ho voltato pagina, ora che sto bene, tu devi mettere in discussione tutto quanto?

Vorrei dire, dirgli, tutto questo, ma non ne ho la forza.

Eppure, la sua risposta, mi stupisce.

-Lo sto facendo per te. –

-Credimi. – aggiunge dopo un po'.

Sono divisa in due. Una metà di me vorrebbe essere furente, dirgli che non ha la minima idea di cosa significhi fare qualcosa per qualcun altro, accusarlo di essere solo un egoista.

L'altra metà però incontra lo sguardo di John.

John, la nemesi di Sherlock. John che è la rappresentazione umana della gentilezza, della bontà di cuore, delle parole gentili e dell'empatia. John che ora sta annuendo e con gli occhi sembra dirmi: "Ha ragione, credigli davvero"

Posso anche dare ascolto a questa metà di me, ma...:

-Ma perché? – domando lasciandomi cadere su una sedia.

-Perché Jim Moriarty – Sherlock sospira, sembra quasi umano. Quasi. –è il Killer di Cambridge. –

Oh.

Ormai non riesco più a contenere le lacrime.

-Se questo. – tirò su col naso –se questo è uno scherzo Sherlock, giuro, giuro che me la pagherai. –

-Ti giuro che non è uno scherzo. –

Il silenzio scende nella camera. John mi ha appoggiato una mano sulla spalla mentre Sherlock sembra a disagio.

-Lui ha manipolato le vite di tutti. – continua il ragazzo dagli occhi di ghiaccio. Ancora una volta nel mio cervello ci sono due desideri contrastanti: vorrei che stesse zitto, che mi lasciasse in pace. E vorrei sapere tutto, tutto in ogni dettaglio.

È la sua voce che non si ferma a decidere per me.

-Ha manipolato John, attraverso Mary. – osservo il ragazzo alle mie spalle che mi stringe la spalla più forte, non so cosa dire.

-Ha manipolato te e...- rimango appesa a quella "e" come se ne andasse della mia vita:

-E ha manipolato me attraverso voi due perché...-

È sempre stato così lento a parlare? È sempre stato così difficile per lui far uscire le parole?

Di solito no, perché, di solito, parla di cose ovvie, cose del mondo. Ora lui vuole parlare di sé e non l'ha mai fatto.

Sta imparando, come un bambino che muove incerto i primi passi e che, ogni tanto, scivola.

-Perché voi due siete le uniche persone che per me...che per me contano. –

Oh Sherlock...se tu ora avessi una lacrima che ti scende per la guancia ecco...ecco, saresti perfetto.

Ma va bene anche così, Sherlock. Sono stati i tuoi primi passi. Ora puoi sederti. E riposare.

NOTE:

[1] Sherlock BBC

***

Angolo autrice: credo, credo di non avere nulla da aggiungere. Sherlock ha già parlato per me.

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