Impronte che zoppicano
CAPITOLO 10
IMPRONTE CHE ZOPPICANO
Non ci posso credere.
Dovrò cambiare "casa".
Traferirmi. Addirittura spostare la mia coperta!
Dovrei essere introvabile, dovrei non esistere, e allora com'è che nel giro di una settimana due persone si sono trovate nel sottopassaggio con lo scopo di parlare con me?
Sì, perché per quale altra ragione John Watson dovrebbe essere di nuovo qui?
Avrei voluto tornare a curiosare sul suo blog per vedere in quali e quanti altri modi aveva tentato di infangare il mio nome, ma la fortuna non mi aveva fatto trovare altri spiccioli, nemmeno vicino alla macchinetta dei biglietti.
Oggi è domenica. Uno dei giorni peggiori: è statisticamente provato che di domenica non vengono mai commessi omicidi.
Statisticamente provato?
Ovvio, l'ho calcolato io secondo i casi arrivati a Scotland Yard da che esiste l'archivio online.
Ho provato a vagare un po' per la città alla ricerca di qualcosa di interessante per passare il tempo, ma la totale monotonia mi ha convinto a tornarmene dalla mia coperta.
Mi sono trovato all'inizio delle scale per scendere e le ho subito notate.
Impronte. Di fango.
Non ha piovuto a Londra negli ultimi giorni, non è da qui che arriva il fango.
Umidità nell'aria, nelle città vicine c'è stato qualche temporale.
Osservo le impronte. Chi le ha lasciate zoppica. Su ogni scalino ci sono due impronte, indice di chi si ferma su ciascuno.
Scarpe da ginnastica. Nuove, le impronte sono nitide.
La suola non è consumata.
Potrei andarmene, lui dovrà tornare a Cambridge, non potrà aspettarmi là sotto per sempre.
Però c'è qualcosa che mi porta a scendere gli scalini. Piano, perché potrei sempre essere in tempo per cambiare idea e tornare indietro.
Curiosità?
Interesse?
Non condivido nessuna delle ipotesi consigliatemi dalla vocina.
Lo vedo di schiena. È seduto sull'ultimo gradino. Picchietta con un dito sul ginocchio, ormai è qui da un po', sta prendendo seriamente in considerazione l'idea di tornare da dove è venuto.
Però non è ancora deciso, vuole darmi un'altra chance.
Quando si gira è troppo tardi, non posso sparire.- Sherlock! – esclama.Occhi che ridono.
Erano così anche la prima volta?
Occhi felici.
Emozioni.
Bleah.
Come sempre John Watson trascende da tutte le spiegazioni logiche dell'essere umano.
Non ha alcuna ragione per essere qui.
Così come, secondo te, non avrebbe alcuna ragione per parlare di te nel suo blog, giusto genio?
Non dovrei permettere alla mia voce interiore di essere così presuntuosa...insomma, è solo la centesima, anzi, millesima parte di me, perché le lascio così spazio?
Concentrati sul caso.
Caso?
John Watson è da considerarsi un caso?
Un caso puramente di interesse antropologico. La sua mente è interessante, è fuori dagli schemi.
Ma è sempre una persona.
Già, una persona che prova sentimenti.
Occhi felici.
All'apparenza è come tutti gli altri.
All'apparenza?
- Uno studio in rosa? – [1] Domando, alludendo al titolo del "primo capitolo" di quella patetica storia su di me.
Leggo nei suoi occhi che è soddisfatto. Gli ho dato la conferma che sono stato io a lasciare il commento.
Pensavo che ci sarebbe arrivato, ma non ero sicuro.
Sorpreso Sherlock?
No.
Niente mi sorprende.
Una cosa può confermare ciò che pensavo.
O può smentirla. Raramente.
- Sì...bhe sai...avrai sicuramente notato le preti rosa della stanza...le tende rosa...credo che l'abbia arredato la nonnina quell'appartamento. –Stessa conclusione a cui ero giunto. Ma ora non mi interessa.- Ti è piaciuto? – domanda speranzoso.
- Mmm. – fingo di pensarci.
- No. –Leggo la sua delusione negli occhi.
Occhi che non ridono più.
- Pensavo...pensavo che ne saresti stato lusingato...- prova a scusarsi.- Lusingato? "Sherlock intuisce tutto in pochi secondi è incredibile tuttavia la sua spettacolare ignoranza su alcune cose..." – cito dal suo stesso racconto.Lo vedo tribolare:- Aspett...era, non intendevo...era in senso...- incespica sulle sue parole.
Zoppica.
Che strano pensiero, Sherlock.
- Oh spettacolarmente ignorante in senso positivo, ma non mi dire...Non mi interessa sapere chi è il primo ministro o chi va a letto con chi... -- O se la Terra gira attorno al sole – mi suggerisce lui simulando innocenza.
Questa discussione non ha senso, ma non intendo dargliela vinta.
- Ancora con questa storia? Ne abbiamo già discusso al nostro primo incontro! Non è importante! -Non è importante?! – posso dedurre che è scandalizzato.Non sarà forse la mia deduzione del secolo, però è certa. Non ci piove.- Ascolta, questo è il mio hard disk e ha senso metterci dentro solo cose utili. Realmente utili. La gente si riempie la testa con tanta spazzatura e questo ti distrae dalle cose che contano, capisci?Tutto ciò che mi interessa è il mio lavoro, senza il mio cervello marcirebbe! Scrivilo nel tuo blog! O meglio smetti di tormentare il mondo con le tue opinioni! – [2]
Bella mossa, Sherlock.
Percepisco il disappunto nella voce della mia coscienza. Volevo solo mettere le cose in chiaro.
Sono stato troppo brusco?
Sono stato sincero.
A volte la sincerità fa male.
Il dolore è sentimento. Emozione.
- Che ci faccio qui? – domanda John a se stesso.Dovrei sentirmi in colpa?- Io...io...- è arrabbiato.L'ho deluso.
Devo rimediare?
- E io che ero venuto per aiutarti! – sbotta alla fine.Aiutarti.
A-iu-tar-ti.
Aiutare te.
Aiutare me.
Aiutarmi?
Perché mai qualcuno vorrebbe aiutarmi?
Il mio stupore dev'essere palesemente leggibile sulla mia faccia. John è ancora arrabbiato e il suo tono risulta tagliente:
- Che c'è adesso?! –Sono convinto che lui si aspetti che io dica qualcos'altro di cattivo.
Cattivo?
Io sono cattivo?
Sono sincero. Punto.
- Aiutarmi? – riesco a domandare invece.Vorrei mostrarmi offeso, ma perfino io capisco che c'è un momento in cui bisogna abbassare le difese.- Sì! Aiutarti. –Non dice altro.
Mi siedo sui gradini.
Una nonnetta compare dall'altro lato del sottopassaggio.
Cammina lenta.
La media di una persona in salute è di 5 km all'ora.
Lei è già tanto se si muove a 1,5 chilometri al secolo.
John si siede accanto a me.
- I miei genitori sono avvocati. –Comincia John, palesemente più calmo.- Sono avvocati di un certo livello. – sottolinea.Non è per vantarsi. Non è una persona piena di sé John Watson.
Il fatto di aver aggiunto quel particolare serve a me. Sa che capisco perfettamente.
Significa che hanno il potere si saltare qualche...pratica.
Ma pratica di cosa?
Avanti che ci arrivi Sherlock. Io l'ho capito. Tu l'hai capito, ma non vuoi crederci.
- Potrebbero adottarti. –
NOTE
[1] Titolo del primo episodio della serie tv Sherlock BBC a sua volta ispirato a "Uno studio in rosso" titolo del primo libro su Sherlock Holmes scritto da Arthur Conan Doyle
[2] Dialogo preso (e leggermene modificato per adattarlo) dal terzo episodio della prima stagione di Sherlock BBC
Angolo autrice:
eccoli qui di nuovo insieme...felici vero? E cosa pensate del finale? Quanti di voi lettori\lettrici pensano che Sherlock accetterà? Quanti pensano il contrario?
Grandi idee per il futuro! Promesso.
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