Distrazione
CAPITOLO 16
DISTRAZIONE
Non me lo faccio ripetere due volte e esco al seguito di Sherlock. Lui apre anche la porta dell'anticamera e si lancia nel corridoio, ma si ferma all'improvviso tanto che vado a sbattergli addosso. Lo vedo abbassare lo sguardo.
Ha ancora i pantaloni del pigiama.
Rientra senza dire una parola. Esce imbacuccato nel suo cappotto ma con ancora gli stessi pantaloni che aveva su. Scuoto il capo scacciando una risata e afferro il mio cappotto che il ragazzo mi sta porgendo.
***
Tutti i ragazzi devono essere a mensa o fuori dal territorio dell'università. C'è tranquillità. Il tramontare del sole ha portato le temperature ad abbassarsi.
11 gradi. Brezza fresca. Temperatura percepita: 8 gradi.
Edward Askell alloggiava nelle stanze riservate agli studenti di lettere. Oggi ho chiesto un po' in giro, non è stato difficile, la notizia era sulla bocca di tutti e non è stato difficile raccogliere parti di racconti sulla vita di Edward. Certo, non tutti erano veritieri, il concetto del parlare per attirare l'attenzione è sempre presente.
Chiunque farebbe finta di aver conosciuto Edward solo per dire la sua. Ma Nella matassa incolore della vita scorre il filo rosso del delitto, e il nostro compito sta nel dipanarlo, nell'isolarlo, nell'esporne ogni pollice. [1] Tra tutto quel vociare ci sarà stato di sicuro qualcosa di vero. E quello che è emerso è che Edward era uno studente modello, un figlio perfetto e un amico fidato.
Dunque perché mai sarebbe dovuto morire? La questione non sta in piedi né nel caso di un omicidio né nel caso di un suicidio. Perché mai una persona dalla vita perfetta dovrebbe mettere fine alla propria vita?
Faceva forse parte di qualche setta stravagante?
Capisco che tu abbia sonno, ma non sopporto quando esageri nel tirare conclusioni avventate. Non è da te.
Odio quando ha ragione. Ma a volte eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità. [2]
Però non siamo ancora a questo punto, c'è tutto il tempo per giungere alla conclusione.
John mi segue in silenzio. È eccitato e mi pare quasi che lo zoppicare si sia attenuato leggermente, si muove con maggiore disinvoltura.
Ci mettiamo una decina di minuti a raggiungere il luogo del delitto. L'orario tardo ha fatto sì che il campo fosse sgombro, la porta della stanza è chiusa a chiave e cinta dal nastro a strisce rosse e bianche.
Intorno a noi solo il silenzio.
-E ora? – domanda John alludendo alla porta sbarrata.
Non perdo tempo a rispondergli, lo faranno le mie azioni.
Mi chino frugando con una mano nella tasca del cappotto ed estraggo un pesante mazzo di chiavi. Sono tutte unite da un unico anello e non portano indicazioni precise.
-E quelle da dove arrivano? – mi domanda il ragazzo spiazzato.
-In segreteria ci sono le copie di tutte le chiavi, ordinatamente appese in una bacheca con il loro cartellino...certo, sarebbero state più comode, ma raggiungerle avrebbe implicato più rischi, ecco perché il mazzo privato del custode notturno mi è sembrato il ripiego migliore...è un uomo talmente distratto...-
Ringrazio mentalmente l'uomo paffuto che si dovrebbe occupare della sorveglianza ma che quest'oggi sembra essere stato attratto da un amore incondizionato per il gabinetto...
Sono certo che il lassativo lasciatogli nella tazza del caffè non centri assolutamente.
Mi ritrovo quasi a sorridere per l'accaduto, ma John non fa nemmeno a chiedermi il motivo del mio buonumore che, dopo una rapida osservazione di ogni chiave e la rispettiva comparazione con la serratura trovo quella giusta e la serratura ci dà il via libera con un click.
John sembra quasi sollevato nel vedere che il cadavere non è presente nella stanza:
-Credevi davvero che lo lasciassero qui? –
Ovviamente la salma è stata portata in obitorio e accuratamente sigillata in una cella frigorifera per cercare di preservare più a lungo possibile la sua condizione.
Comincio a spostare la mia attenzione da ogni angolo della stanza:
è strutturata in maniera differente da quella mia e di John, è un'unica grande stanza con un letto a castello che dovrebbe ospitare entrambi gli studenti: Edward Askell e il suo compagno di stanza Matias Ferris.
Quest'oggi ho avuto il tempo per cercare qualche informazione pure su di lui: studente di Letteratura come la vittima ha un anno in meno della stessa. Poco dedito allo studio, festaiolo, alla ricerca dell'indipendenza. Si trova a Cambridge per volere del padre che vuole che lui segua le sue orme.
La solita storia insomma.
John mi distrae. Si muove per la stanza come se fosse...imbarazzato. Osserva qualcosa, poi si sposta. Si avvina alla finestra. Sbircia fuori. Non tocca niente, è bravo, sa che lascerebbe impronte.
Mi sarei dovuto procurare un paio di guanti anche per lui dal laboratorio di chimica, ma non potevo immaginare che sarei venuto qui non da solo.
Mi distrae. Male.
Neghi che ti piaccia essere distratto in questo modo?
Si, lo nego. Perché è la verità.
Con un respiro rientro nel mio Mind Place.
Dicevamo...
Avanzo nella stanza e riapro il cassetto etichettato come "Matias Ferris".
Non era particolarmente in confidenza con Edward, ma l'ha descritto come "...un buon compagno di stanza. Cortese, ordinato. Sarebbe stato impossibile litigarci. Sebbene non fossimo amici per la pelle e non condividessimo gli stessi interessi c'era rispetto tra noi e la convivenza era eccellente."
Il ragazzo è stato giudicato "sconvolto" dai poliziotti. La vista di un cadavere deve averlo scioccato.
Ripercorro le dinamiche della vicenda:
Matias ha trovato il corpo solo al mattino. Perché non era nella stanza quella notte? Lui e i suoi amici avevano passato la serata in discoteca, lui ha dormito da uno di loro. Potrebbero esserci testimoni attendili, ma potrebbe anche il contrario...
Stai mettendo Matias nella lista dei sospettati?
Ora come ora tutti sono sulla lista dei sospettati.
Anche John?
Sì, anche John.
Edward è stato solo tutta la notte. Nessuno è entrato nella stanza.
Potrebbe aver ripulito bene le proprie tracce.
Intuirei lo stesso il suo passaggio. Anche se il territorio è stato contaminato dalla polizia.
No, la somministrazione del veleno deve essere avvenuta prima del suo arrivo in camera.
Hai già eliminato l'ipotesi del suicidio?
Per il momento.
La serratura non è stata forzata. Le chiavi del custode non sono mai state usate prima di oggi. La polvere è ovunque, era presente anche nelle fessure della chiave usata per la porta. Siamo stati noi i primi a introdurla nella serratura.
Potrebbe aver raggiunto quelle della segreteria.
Improbabile.
Il fatto che tu non riesca a prenderle non significa che pure lui non possa.
Io posso benissimo. Semplicemente non l'ho reputato necessario.
La voce mi sta irritando.
John ha cominciato a osservarmi.
Altra cosa irritante.
Irritante o...piacevole?
Taci.
Non capisce cosa ci facciamo qui. Non capisce perché sto fermo in mezzo alla stanza.
Un giorno fosse gli spiegherò come funziona il mio Mind Place. Mentre sto qui la mia mente sta catalogando ogni singolo centimetro e lo sta archiviando, essere sulla scena del crimine, essene immerso, mi permette di ricostruire, seppur lentamente in questo caso, le dinamiche dell'accaduto.
Posso quasi vederlo ormai: Edward alla scrivania. Stava studiando. I libri sono ancora aperti.
Shakespeare.
Viene preso dalle convulsioni. La sedia è lontana dalla scrivania; ha cercato di alzarsi. Non ce l'ha fatta. La morte l'ha raggiunto prima.
Veleno, è davvero l'unica soluzione.
Ma quale? Cosa passa per l'organismo uccidendolo senza lasciare alcuna traccia chimica?
Per ora qui abbiamo finito.
-Possiamo andare. – comunico a John.
-Ma...non abbiamo fatto nulla? –
-Invece abbiamo fatto più di quanto immagini. –
Abbiamo?
Ho.
Hai? Che cosa hai?
Ho escluso definitivamente il suicidio. Cosa a cui la polizia non è ancora arrivata.
E ho anche escluso con certezza la possibilità che l'assassino sia mai entrato nella stanza.
Solo quando siamo ormai lontani dalla camerata John si decide a parlare, aspettavo che me lo chiedesse:
-Si può sapere perché ci siamo introdotti illegalmente su una scena del crimine per non analizzare nulla? –
-Tu non hai analizzato nulla. – sembra spiazzato, ma si riprende subito.
-Allora illuminami. – non c'è né rabbia nella sua voce né irritazione.
Voleva semplicemente dire in quel modo. Non c'è ironia.
John è...chiaro.
Trasparente. Dice ciò che vuole dire. Non dice ciò che non pensa.
-La polizia perderà tempo indagando sulla pista del suicidio. –
John inarca un sopracciglio, attende che io mi spieghi.
Sottovoce nel parco camminando al suo fianco gli spiego ciò che per me è stato ovvio fin da subito.
-Quale suicida verrebbe colto impreparato dalla sua morte? –
Non ha capito, i suoi occhi grandi mi interrogano ancora.
-La sedia John! La sedia! –
-...Si è spaventato appena ha cominciato ad accusare i sintomi...stava semplicemente studiando, ha cominciato a sentirsi irrigidito, probabilmente ha avuto paura. Gli è caduta la matita che usava per sottolineare. Era sotto la scrivania. Si è spostato indietro, probabilmente voleva raggiungere il bagno, uno specchio...capire cosa gli stesse succedendo. Se uno si suicida sa esattamente cosa gli sta succedendo. –
Ha capito. E ancora pensa quella semplice parola.
"Incredibile"
Potrò essere una persona insopportabile. Potrà essere irritante, presuntuoso, iperattivo e sociopatico, ma percepisco che sotto il suo sguardo sarò sempre e solo "incredibile".
NOTE
[1] Frase tratta da "Uno Studio in Rosso" di Arthur Conan Doyle
[2] Frase tratta da "Il Segno dei Quattro" di Arthur Conan Doyle
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