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Due notti da solo in studio


(1, Nicolas)

Non sempre i buoni propositi vengono rispettati. Mi verrebbe da dire che succede veramente di rado, specie nella mia vita a quanto pare.

Ancora una volta il mio ritardo ha causato danni, ma non solo a me in questo caso.

E pensare che tutto era partito nel migliore dei modi: dopo la festa di laurea ero super gasato, complice sicuramente l'alcol, e tornato a casa mi sentivo come se avessi potuto sputare fuoco da un momento all'altro. Ero, per la prima volta, consapevole di quello che volevo e dovevo ringraziare solo Cesare e il suo discorsetto per questo.

Quando la mattina successiva alla laurea mio padre mi disse che saremmo andati a pranzo io, lui, mia sorella e mia madre in un bel ristorantino ho pensato qualcosa del tipo "cavolo, per la prima volta la vita mi sorride!"

Non penso che il motivo della mia felicità sia così chiaro, ma molto semplicemente i miei sono divorziati e io e Chiara, mia sorella, viviamo con nostro papà. Certo, vediamo spessissimo mamma, ma pensare di passare un pranzo tutti insieme come quando ero piccolo... Non riesco neanche a descriverlo, mi emoziona troppo. 

Con i ragazzi di Space Valley avevamo anche deciso di prenderci una piccola pausa di 3 giorni dalle registrazioni in studio per poterci rilassare dopo la conclusione del mio percorso universitario, tanto avevamo già dei video pronti. Così mi sarei potuto godere, finalmente, la mia famiglia.

Ma ho dovuto rovinare ogni cosa.

Come sempre mi sono dimostrato il solito coglione.

Non so neanche il perché, ma durante il pasto ho iniziato a pensare a delle cose che mi hanno reso mano a mano sempre più nervoso.

Che tipo di cose? E chi lo sa! So solo che davanti a quel semplicissimo piatto di pasta io mi sentivo sempre più complesso. Ogni singolo alimento su quel tavolo mi faceva pensare a un mio fallimento.

Sono dovuto uscire dal locale un paio di volte usando la solita e abusata scusa della telefonata importante, ma alla terza mi hanno iniziato a fare domande. Mamma era preoccupata, papà aveva probabilmente paura che non mangiassi e di pagare un piatto in più.

Troppe parole.

Troppe parole nella testa, la sentivo esplodere.

State zitti.

State zitti.

E iniziai urlare quelle due parole. Nel ristorante nessuno ci toglieva gli occhi di dosso, probabilmente hanno anche iniziato a bisbigliare tra di loro, gli altri clienti, ma le loro frasi restavano fuori dalle mie orecchie.

Sentivo solo i miei pensieri battere come martelli dentro la mia testa. E iniziai a parlare, non so neanche che espressioni io abbia usato, ma iniziai a dir loro ogni genere di cosa.

Li ho incolpati, i miei genitori, del mio continuo ritardo con la vita. Li ho incolpati della mia laurea, del fatto che non mi avessero convinto a seguire il mio sogno, di ogni cosa.

E lo facevo urlando e loro mi ascoltavano e rispondevano, confusi.

Ricordo i loro volti, ricordo i loro tentativi di calmarmi e ricordo di aver preso la macchina e di averli lasciati lì, andando via.

Ho solo ricordi confusi di quel pranzo, ma non potrò mai scordare la faccia di Chiara.

Per la prima volta l'ho vista piangere e ora a mente fredda mi rendo conto di essere stato io la causa di questa sua reazione. I miei si sono separati quando io avevo 10 anni, avevo appena iniziato le medie. Chiara di anni ne aveva a malapena 3, quindi non ha neanche realmente vissuto con mamma e papà realmente innamorati e felici.

E per una volta, una cazzo di volta, in cui poteva vederli sorridenti a parlare di qualcosa che non fossero i soldi degli alimenti o simili, quel coglione di suo fratello, frustato dalla vita ha dovuto rovinare tutto.


Sono due giorni e due notti che metto giù chiamate e blocco numeri da WhatsApp, non sono in grado di affrontare nessuno. 

Ho avuto la fortuna sfacciata di avere una copia delle chiavi dello studio, ardentemente chiesta a Nelson per sicurezza. E che sicurezza...

Sono due giorni e due notti che oltre a stare al PC dello studio, andare in bagno e dormire sul divano non faccio altro.

Sono due giorni e due notti che la mia testa produce, come se fosse un piccolo cinema, le immagini di questi ultimi giorni a ripetizione: laurea, festa, discorso di Cesare, pranzo, laurea, festa, discorso di Cesare, pranzo, laurea, festa, discorso di Cesare, pranzo...

Le due notti da solo in studio, passano pero' rapidamente...

-Che ci fai già qui, Nicolas?-

Sento una voce dietro di me, intento a farmi un panino. Mi volto, è Dario che come al solito è in anticipo rispetto al solito orario.

Ci guardiamo e mi pare normale rispondergli d'istinto:-Mi sto facendo un panino, ne vuoi uno?-

-No, grazie Nicolas. Perché sei già qui? Hai l'orario del telefono sballato?-

-In realtà no, sono solo...-

-E' che di solito arrivi sempre per ultimo quindi vederti già qui mi fa strano!-

Scoppia a ridere, io non rido ma accenno un piccolo sorriso. Non ho una scusa decente da inventare per giustificare la mia presenza in studio, ma se nessuno fa domande... Beh, io non devo per forza dare una spiegazione.

Pian piano anche gli altri fanno il loro ingresso e, tralasciando qualche battutina, nessuno sembra dare particolare peso al mio "anticipo".

Abbiamo registrato un video e un salotto e poi ci siamo messi a editare e a cazzeggiare come nostra abitudine.

Sono stato un po' più spento del solito, certo, ma per il resto mi è parso di essere assolutamente come sempre.

Magari indosso una sorta di maschera, ma non sarebbe male iniziare a fingere che tutto vada bene. Posso estraniarmi dall'esterno e iniziare a crearmi una nuova realtà. Magari abbattendo il dolore estrinseco sostituendolo con un'apparente felicità mano a mano il dolore cesserà di esserci. Devo fare così.

Se nessuno fa domande tu non devi dare risposte, Nicolas. Neanche tu.


(2, Cesare)

Corro fuori dallo studio con Nelson:-COL CAZZO!- Strillo:-GUIDI TU, IO MI RIFIUTO!-

-DAI, CESU, NON MI PIACE GUIDARE!-

-Giochiamocela a sasso-carta-forbice.- 

Accetta, giochiamo. Io sasso e lui forbice, ho vinto.

-Puoi, con leggiadria, succhiarmi il ca...-

-Cesare, evita.- Sbuffa e saliamo in macchina:-Che poi, se stiamo andando a casa mia e poi tu vai a casa tua, perché dovrei guidare io?-

Il suo dubbio è assolutamente giustificato, ma non posso confermarlo, pertanto preferisco non rispondere e mettermi a cercare in radio qualche canzone decente.

Passiamo il viaggio di ritorno parlando principalmente del nostro argomento preferito: cibo spazzatura.

Arrivati sotto casa sua ci lasciamo con la nostra stretta di mano segreta (che non vi rivelerò perché è segreta, però si fa battendosi il cinque, poi il pugno e poi di nuovo, MA SHHHH).

Resto fermo qualche secondo per scegliere una canzone da ascoltare per il resto del percorso ma un messaggio di mio fratello, Claudio, mi blocca:


Cesare, abbiamo finito la carta igienica


C'è ancora in cucina, nel mobile di fianco al forno


No

Non dire cazzate

Mi fai girare i coglioni

Le hai portate a fare la puntata di Space Valley


...

Ah

Vero


Se non vuoi che iniziamo tutti a pulirci il culo con i tuoi vestiti ti conviene andare in studio a prendere i rotoli


 Va bene, ma voglio trovare la cena già apparecchiata!


Muoviti.


Claudio è incazzato, ha messo un punto alla fine del messaggio!

Retromarcia e via verso lo studio. Nell'andarci infrango decine e decine di regole del codice stradale, ma per la carta igienica e per la pulizia intima della mia famiglia questo e altro.

Arrivo a destinazione in relativamente poco tempo, a dimostrazione del fatto che Nelson guidi proprio male e lentamen-ma perché la luce è accesa?

Mi avvicino e noto come all'interno sia tutto illuminato. 

Ok, non me ne sono andato via da molto, ma Nicolas aveva detto che stava tornando pure lui a casa. Boh, avrà perso tempo. O peggio, avrà dimenticato le luci accese, quel piccolo coglioncello. Solo perché è laureato ora si crede anche autorizzato a farci pagare bollette più costose.

Entro dentro e come prima cosa provo ad accertarmi che Nicolas sia realmente andato via. Chiamo il suo nome un paio di volte e alla seconda lo vedo spuntare dal bagno.

-Cesare?!- Mi guarda, ha i pantaloni ancora sbottonati e lo sguardo quasi spaventato.

-Ti ho fatto cagare addosso, eh?- Ridacchio per la mia meravigliosa battuta:-A tal proposito, c'è ancora carta? Devo portarla a casa con urgenza e...-

-Che ci fai qui, Cesare?- Mi chiede lui, mentre si sistema le braghe.

-Te lo stavo spiegando, sono venuto a prendere la carta igienica perché a casa è finita. Dov'è?-

Lui continua a guardarmi, non dice nulla.

Devo smorzare la tensione che provo stando a contatto col suo sguardo:-Lo so che sono bello, ma potresti smettere di fissare e dirmi dove sta la carta igienica?-

-Lì.- Mi indica un pacco contenente 6 rotoli, che mi affretto a prendere.

-Daje, grazie Bic.- Lo guardo ancora, sembra stanco, magari lo è troppo per tornare a casa da solo:-Senti, vuoi un passaggio per andare a casa? Ti accompagno io e poi domani mattina ti vengo a prendere.-

-No, grazie.-

-Sicuro? Mi sembri molto stanco. Dai, insisto, vieni con me!-

Sbuffa forte coprendosi il viso con le mani:-Cesare, te ne devi andare, davvero. Ora vado anche io, non ti preoccupare.-

-Hai detto la stessa cosa quando me ne sono andato con Nelson.- 

-Sono andato in bagno e...-

-Che ti succede, Bic?-

-Non tornerò a casa, Cesu. Non fare domande, stasera resto a dormire qui, preferisco così.-

Gli chiedo di spiegarmi il motivo e lui inizia a raccontarmi del pranzo fatto con i suoi, delle sue urla e di sua sorella.

Più lo ascolto più mi rendo conto che in realtà è lui dalla parte del torto.

Provo a farglielo capire, ma ancora una volta mi attacca. E' come se adesso di fronte a me avessi il Nicolas che ho appena finito di immaginare seduto al tavolo di quel ristorante.

E' troppo nervoso, non mi fido a lasciarlo solo:-Nicolas, capisco la tua rabbia, ma sono sicuro che passerà. Magari puo' esserti d'aiuto una nottata insieme solo io e te, da uomini.- Faccio per avvicinarmi a lui, ma si allontana, indicandomi l'uscita.

-Cesare, voglio stare solo.-

-Ti prego, Bic, voglio aiutarti, sei troppo nervoso.-

-Ok, sono nervoso, ma non mi interessa. So che la colpa è la mia, non ho bisogno che tu mi dica che ho torto, lo so da me. Come so da me di essere un coglione fallito.-

-Non sei un coglione fallito, smettila!-

-Vai via.-

Lo guardo, sembra deciso. Se insitessi ancora sicuramente sarebbe peggio, mi ha anche reso davvero incazzato. Me ne vado, mi lascio tutto dietro.

Torno a casa, mi prendo gli insulti di Claudio per aver dimenticato la carta igienica e vado filato a letto.

Non puo' essere solo la laurea a renderlo così instabile dal punto di vista emotivo... Cosa puo' avere?




Ciao a tutti, piccolo angolo da parte mia! Questo capitolo non è esattamente il massimo, è molto di passaggio. Perciò pecca un pochino di costruzione, se così si può dire, ma vedrete che poi la storia prenderà un ritmo più incalzante. Grazie per aver letto! 

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