Capitolo 8
Avevo capito bene? Mio padre era Zeus? Il Re degli Dei? No, sicuramente mi stavano prendendo in giro, tutto quello a cui avevo assistito era frutto della mia immaginazione. Magari stavo sognando, magari ero vittima di uno scherzo di cattivo gusto, oppure... oppure ero morta!
Quella tempesta di fulmini doveva avermi colpita in pieno e quello attorno a me era l' Aldilà.
Andiamo, chi volevo prendere in giro? Sapevo che quello era tutto vero, anche se era ancora un po' difficile da accettare; insomma, non capita tutti i giorni di svegliarsi umani per poi scoprire di essere un Semidio, per giunta figlio di Zeus!
Ma perché il riconoscimento era arrivato così tardi? Zeus era cosciente della mia presenza prima di oggi? O per lui ero solo un'altra dei suoi figli, disseminati in giro per l'Universo?
Avevo trascorso la mia giovane vita cercando almeno una volta di sapere che aspetto avesse mio padre e adesso che mi se ne presentava l'occasione, le mie certezze stavano iniziando a cedere.
Era davvero come rappresentato sui libri di Epica? O magari quello era solo frutto dell'immaginazione di qualche artista squattrinato? Avrei avuto realmente il coraggio di conoscere mio padre? Di stare faccia a faccia sola con lui?
Mi sistemai alla buona nella mia casata; essendo l'unica figlia di Zeus, al momento, non dovevo dividere gli spazi con nessuno.
La mia stanza era molto carina, abbastanza grande ed estremamente semplice, tutta sui toni del giallo e del blu, i colori legati all'elettricità e ai fulmini.
Chirone aveva detto di prepararmi alla svelta, in quanto quel pomeriggio ci sarebbe stato un test da svolgere, più un convenevole, a detta sua, che ogni matricola doveva superare per potersi guadagnare un posto di rispetto nella gerarchia del campo. A malapena riuscii a sistemarmi quando mi accorsi che era ora di andare.
Arrivai al punto indicatomi dal mio mentore a passo veloce, punto che comunque avrei identificato senza problemi vista la folla che si era venuta a creare.
«Benvenuti Semidei, al rito di iniziazione delle matricole» annunciò solennemente Chirone. «È tradizione, qui al Campo, che ogni matricola si sfidi in una gara ad ostacoli con l'attuale detentore del record. La sfida di oggi sarà composta da Daphne, la nostra nuova arrivata, e Nori, l'attuale campionessa per cinque volte di seguito»
Un fragoroso applauso scaturì attorno a noi, e mi accorsi che al numeroso gruppo si erano aggiunte altre persone, insomma, sembrava che tutti fossero accorsi ad osservare la gara.
Mi guardai attorno spaesata, ero stata colta di sorpresa e non sapevo cosa mi sarei dovuta aspettare.
«Batterò anche te mezza calzetta, stanne certa» mi disse Nori sfacciatamente.
«Queste sono le vostre mappe» ci informò Chirone dandoci due pergamene ingiallite «lungo il tragitto dovrete affrontare tre diverse prove, la prima che riesce a prendere la bandierina in fondo al percorso e a riportarla qui, avrà un premio speciale»
«Sappi, novellina, che io non ho mai perso un premio in vita mia» continuò a provocarmi Nori.
«Secondo me parli troppo, e poi c'è sempre una prima volta, no?» sbottai ad un certo punto, stanca della sua voce.
Intravidi Nori lanciarmi un'occhiata furiosa, magari nessuno le aveva mai risposto a tono e, da quanto avevo capito, era competitiva fino al midollo.
«Siete pronte ragazze?» chiese Chirone alzando il braccio come se fosse una bandiera «Al mio via. Tre, due, uno... via!» urlò abbassando la mano.
Iniziai a correre lungo il sentiero che mi si presentava davanti, diedi uno sguardo alla mappa e notai che al primo bivio sarei dovuta girare a sinistra.
Nori mi precedeva di qualche metro, quando un torrente impetuoso si parò nel mezzo del nostro percorso.
Quella a quanto pareva sarebbe stata la nostra prima prova, un test di agilità; tutto quello che avremmo dovuto fare era attraversare il torrente saltando sui massi che sbucavano dal pelo dell'acqua e si dirigevano diagonalmente proprio verso il punto indicato dalla mappa. Il torrente era terribilmente impetuoso e lo scrosciare dell'acqua mi riempiva le orecchie non rendendomi in grado di sentire altro. L'acqua si infrangeva sulle rocce rendendole instabili e soprattutto scivolose.
La prima a provare fu Nori, in quanto più avanti di me. Con l'agilità di una gazzella saltò tutti i massi, tranne l'ultimo, che la fece cadere dritta nel torrente. In quell'esatto punto la corrente era la più forte che avessi mai visto e il punto da raggiungere sull'altra sponda era più in là rispetto a noi. Avremmo dovuto nuotare controcorrente, ma Nori non sembrava importare. Con due bracciate arrivò sull'altra sponda e corse via verso la prossima meta, urlando un: «Ci si vede all'arrivo, sfigata»
In quel momento realizzati che Nori dovesse essere figlia di Poseidone, una soluzione così rapida non poteva essere giustificata se non con un aiuto divino.
Tentai anche io di saltare sui massi e, arrivata sulla penultima roccia, come se fossi stata spinta da una forza magica, caddi scivolando rovinosamente in acqua. Impiegai tutte le mie forze per cercare uscire da quel torrente, sbracciando più forte che potevo ma sembrava tutto inutile.
Proprio mentre sentivo le forze venir sempre meno vidi vicino alla parete della riva, una specie di corda naturale, composta di rami intrecciati.
Mi spinsi verso la sua direzione, facendo leva con le gambe contro la roccia alle mie spalle e sfruttando la poca forza che mi era rimasta riuscii finalmente ad aggrapparmi alla liana, certo era scivolosa ma sempre meglio delle rocce. Riuscii, con non so ancora quale forza, a salire sull'altra sponda e continuai il mio percorso il più velocemente possibile.
Nori era in netto vantaggio, ormai le speranze di vincere quella gara si stavano affievolendo sempre di più.
Guardai la mappa, alla ricerca della mia prossima meta. Il foglio di pergamena che avevo in mano doveva essere dotato di una sorta di magia, lo osservai cambiare aspetto sotto i miei occhi fino a quando non mi indicò un sentiero. Percorsi la strada che mi divideva dalla mia seconda meta correndo, chiedendomi se la mia avversaria non fosse ormai già alla seconda prova. In qualche minuto raggiunsi il punto indicato dalla mappa che coincideva con un vecchio capannone abbandonato. Sembrava che l'unico modo per continuare la gara fosse passare attraverso quello stabile.
Una volta entrata mi guardai attorno, il capannone doveva essere stato un'antica fabbrica di armi o armature, c'erano molti pezzi di ferro e acciaio, lì intorno.
D'un tratto, alle mie spalle, la porta di legno da cui ero entrata si chiuse, mi girai di scatto notandola mentre si dissolveva, lasciando al suo posto un muro vuoto.
Di fronte a me una densa nube viola iniziò a diffondersi nell'aria e dei suoni, simili a dei sibili di serpenti si diffusero nella stanza. Quando iniziai ad intravedere una figura di donna innanzi a me, collegai tutto.
In quella stanza, con me, doveva esserci una Gorgone.
Prontamente chiusi gli occhi, per non essere pietrificata, e iniziai ad escogitare un piano per poterla sconfiggere. Mi trovavo in una fabbrica abbandonata, circondata da pezzi di acciaio lucente...
All'improvviso, ricordai la spiegazione che il professore aveva dato sul mito di Perseo, colui che uccise Medusa, e per imitarlo iniziai a tastare il terreno con i piedi, alla ricerca di un singolo pezzo di metallo.
Sentivo la Gorgone ringhiare e avvicinarsi pericolosamente a me, io iniziai ad indietreggiare fino a quando non inciampai in qualcosa; sentii la sua consistenza e notai che era liscio e freddo.
Istintivamente afferrai l'oggetto e lo posi davanti agli occhi, quasi come fosse uno scudo.
La Gorgone doveva trovarsi sopra di me quando ad un tratto il sibilo dei suoi capelli cessò all'istante.
Aprii gli occhi e cercai di osservare i piedi del mio nemico, ma di fronte a me c'era la statua di pietra raffigurante la mia avversaria. La statua iniziò a creparsi, per poi scomparire completamente.
Il trucco aveva funzionato alla perfezione e questo mi permise di fuggire via da quella stanza, attraverso uno squarcio nella parete apparso in quel preciso momento.
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