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Capitolo 4

Mi osservai intorno allarmata, non potevo farmi cogliere impreparata. I figli di Ade avevano lo straordinario potere di viaggiare attraverso le ombre ad una velocità sorprendente, quindi per evitare un suo eventuale attacco furtivo, cercai di mettermi in una posizione pienamente illuminata, senza neanche un filo d'oscurità. Ero decisa a combatterlo e a porre fine alla sua inutile esistenza.

Quando poi la vidi.

Una ragazza bellissima: carnagione olivastra, occhi e capelli castano scuro, e addosso un'armatura color della notte.

Appena i nostri sguardi si incrociarono sguainai la spada e lei fece altrettanto. Una spada di ossidiana con un'impugnatura d'osso e un rubino rotondo, che ricordava un melograno, sull' impugnatura. Il patto mortale. L'inganno secolare di Ade.

Non mi fu difficile riconoscere quella spada, anche perché ero stata addestrata a conoscere tutte le armi più famose, con tutte le loro caratteristiche, in caso avessi dovuto combattere contro una di esse.

Era arrivato quel momento.

Quella era Thanatos, la spada della Morte.

«Figlia di Zeus vedo» mi disse con tono acido.

«Figlia di Ade, presumo» asserii io quasi ringhiando.

Balzammo all'attacco quasi nello stesso istante. Era piuttosto brava a combattere. Mi trovai molte volte a schivare qualche suo fendente, ma mai nessuno dei miei colpi andò a segno. Le nostre spade si colpivano l'un l'altra, producendo scintille viola ad ogni contatto.

Tentai un attacco laterale, in un punto preciso sotto il braccio, di solito quella zona era sempre abbastanza scoperta. La mia avversaria la schivò abilmente e tentò di affondare la sua spada nella mia giugulare, con il risultato di graffiare lievemente il mio collo in quanto riuscii a spostarmi repentinamente.

Ad un certo punto ebbi un colpo di fortuna, riuscendo a farle volare via la spada, che afferrai con grande abilità.

Era inerme adesso, e anche disarmata.

Mi avvicinai a testa alta e le puntai la mia spada alla gola.

«Fine della corsa, figlia di Ade» pronunciai.

«Tu credi?» domandò rivolgendomi un sorriso diabolico.

Non ebbi il tempo di capire la sua affermazione che la vidi sparire sotto i miei occhi, e la sua spada con lei.

Dannazione. Le ombre.

Sinceramente odiavo usare i miei poteri durante i combattimenti, lo consideravo alquanto sleale e non era affatto divertente. Preferivo combattere "lealmente", per dimostrare che non ero forte soltanto grazie ai miei poteri divini.

Ma lei voleva giocare? E va bene. Giochiamo.

Concentrai tutti i miei poteri sulla mia spada, all'improvviso il cielo si infuriò, sembrava quasi che a momenti stesse per cadere giù. Mai fare arrabbiare una figlia di Zeus, specialmente se quella in questione sono io.

Urlai con tutta la forza che avevo nel petto e dopo aver sollevato la spada verso il cielo, la piantai dritta nel terreno.

Ovunque fosse l'avrei trovata, e l'avrei anche presa.

Una scarica di fulmini iniziò a colpire il suolo, incendiando qualche albero.

Dopo un qualche istante la mia avversaria fu costretta a rivelarsi, un fulmine le atterrò ad un palmo dal naso e lei, colta di sorpresa, cadde all'indietro.

In quel preciso momento, le nuvole si allargarono per far passare uno spiraglio di luce solare, che la colpì in pieno. Essere figlia di un Dio che aveva il poteri meteorologici, aveva i suoi vantaggi.

Ormai non aveva nessuna via di fuga. Nessun'ombra che potesse salvarla, e poi era troppo debole anche per fare un misero passo. Non aveva scampo.

Accompagnata dai fulmini le apparii davanti, lei cercò di attaccarmi ma io fui più veloce. Le ripresi la spada, la costrinsi ad atterrare, coricandosi completamente, e mettendole un piede sul petto, le puntai la spada alla gola per la seconda volta, quella definitiva.

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