Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

"Come pioggia d'estate" - Solo per lei (capitolo 3 parte 2)

𝘊𝘖𝘔𝘌 𝘗𝘐𝘖𝘎𝘎𝘐𝘈 𝘋'𝘌𝘚𝘛𝘈𝘛𝘌

Starring

• 𝙇𝙪𝙘𝙖𝙨 𝙅. 𝙕𝙪𝙢𝙖𝙣𝙣 •
• 𝘼𝙢𝙮𝙗𝙚𝙩𝙝 𝙈𝙘𝙉𝙪𝙡𝙩𝙮 •

L'amore 𝘦𝘵𝘦𝘳𝘯𝘰
tra due persone
resiste a tutto

𝘼𝙇𝙏𝙊 𝙏𝘼𝙎𝙎𝙊 𝘿𝙍𝘼𝙈𝙈𝘼𝙏𝙄𝘾𝙊*


"Dottor Lucas!" Mi chiamò la donna salendo le scale e distogliendomi dallo schermo del telefono. "Ho saputo che hai appena finito un intervento durato sei ore, è andato tutto bene?"

"L'operazione è riuscita, non abbiamo avuto complicanze e i parametri sono stabili. Se non ti dispiace vado a riposarmi." Abbassai la testa sistemando il cappotto. "Mi dispiace per ieri, ma l'equipé aveva bisogno di me."

"Devo confessarti ch'ero stanca e sono crollata sul tuo letto. Menomale che stamattina è venuta la tua domestica. Le ho chiesto di mettere tutto in ordine."

Quelle parole mi paralizzarono all'istante e tenni gli occhi fissi sulla castana, mentre irrigidivo la mascella e serravo il pugno al punto da far impallidire le nocche. La stanchezza delle ore in sala operatoria svanì.

"Direttrice Sullivan!" Qualcuno alle mie spalle la chiamò a gran voce.

"Sì, arrivo." Rispose sbrigativa prima di riportare l'attenzione su di me. "Abbiamo parlato un po'. È una ragazza così dolce." Disse prima di sorpassarmi.

Mi girai schiudendo leggermente le labbra, prima di far vagare la mente e soffermarmi a pensare che qualcosa era successo.

Avevo tentato di rintracciare Amybeth, ma aveva sempre la segretaria ed ora ero certo che i miei sospetti fossero fondati.

Senza pensarci un secondo di più, accelerai il passo e mi precipitai per le scale infilandomi il cappotto grigio.

Dovevo vederla e far luce su quella faccenda il prima possibile. Il pensiero che Shannon le avesse mentito sulla "notte" trascorsa nel mio appartamento stava diventando asfissiante.

"Dove corri, doc? Quale vita devi salvare questa volta?" Mi punzecchiò Dalmar dietro di me.

"La mia." Risposi continuando a correre in direzione dell'uscita, senza stare a sentire altre frecciatine. Solo una cosa adesso era la mia assoluta priorità.

"𝘈𝘮𝘺𝘣𝘦𝘵𝘩!"

Avevo davvero i minuti contati.






"Che spregevole! Non credevo che si sarebbe spinto fino a questo punto. Prima sta con te, ti promette addirittura il suo amore e appena ti volti va' al letto con un'altra!" Dalila era sul piede di guerra dopo aver ascoltato la mia confessione e continuava a stropicciare la maglietta. Tolsi i vestiti dalle grucce e li gettai con noncuranza sul letto. "Come ha potuto non rendersi conto che con quest'atteggiamento ti avrebbe ferito. Che essere..."

Chiusi le ante e mi inginocchiai per liberare anche i cassetti.

"La vuoi smettere? Che ti aspettavi? Che si sarebbe innamorato di me? Una povera governante... Lui un grande chirurgo?" Ammisi con sarcasmo.

"Pazzesco! Nemmeno adesso ti arrabbi, preferisci tenerti tutto dentro. Per questo motivo sei così!" Mi rimproverò aspramente, zittendosi, quando la guardai in cagnesco avvicinandomi alla sua faccia confusa.

"Così come?!" Ripetei. "Come sono?" Tornai a chiederle con tono seccato. Si umettò le labbra e tuonai facendola sobbalzare. "Rispondimi Dalila!"

Le lanciai un'ultima occhiata inquisitoria e ripresi in mano la t-shirt buttandola nella valigia. Poi mi sedetti passando una mano fra i capelli.

Per lei era così facile giudicarmi. Sapevo di aver perso la battaglia e l'intera guerra, per colpa di quel sentimento radicato nel mio cuore. Quindi non bastava sentirmi un fiore colpito dal gelo e pronto a seccare, ora anche la mia amica me lo rinfacciava.
Non potevo cancellare quei momenti e neppure credere di averli avuti sul palmo della mano. Ero stata una sciocca.

"𝘕𝘰𝘯 𝘦𝘳𝘢 𝘴𝘵𝘢𝘵𝘰 𝘮𝘪𝘰."

Avevo solo vissuto un sogno roseo ed ero ripiombata in questa crudele realtà, impreparata per affrontarla.

Dalila si accomodò.
"Perché non facciamo un viaggio? Noi due lavoriamo tutti i giorni e ce la meritiamo proprio una bella vacanza. Si dice che l'Italia sia davvero bella e abbia tanti posti da visitare. Per una volta potremo rilassarci. È quello che ti serve per tirarti su di morale e staccare la spina!"

Alzai le mani in alto, strofinandomi la fronte. "Va bene, va bene. Hai ragione tu. Non mi farà male cambiare aria. Devo allontanarmi da questa città, ho troppi ricordi da smaltire."

"Così mi piaci, AB!" Esclamò raggiante strizzandomi affettuosamente le guance.

"Prima devo ritirare il bucato, tu per favore prepara la valigia così dopo ce ne andiamo. Il bus parte tra mezz'ora."

"Signorsí, capitano!"

Mi alzai in piedi e mi voltai verso di lei, ancora comodamente seduta.
"Mi prometti che se verrà e busserà alla porta, tu non lo farai entrare?"

"Non sarà tanto facile... Se quel dottorino mi capita fra le mani giuro che lo faccio a pezzi. Me la pagherà."

"Dali." La ripresi.

"Vedrò di non commettere omicidi." Mi assicurò, anche se il suo sorriso non era rassicurante. "Ma tanto già annegherà nei rimorsi per aver perduto un diamante inestimabile"

"Non esagerare, io non sono poi così-."

Il suono del campanello mi fermò e il cuore inevitabilmente subì una scossa. Una parte di me sperava che fosse il riccio dietro quella porta, ma l'altra già distrutta non ce l'avrebbe fatta.

Non c'era nulla che potesse dire per curare le mie ferite.

Tutto ciò che desideravo era prendere quel bus e lasciarmelo alle spalle, fingendo che non fosse mai esistito.

Ero stata così sciocca a credere che l'oscurità avrebbe smesso di inghiottirmi.


Girovagavo nell'atrio del palazzo alla ricerca del numero che mi era stato indicato, quando improvvisamente la porta alla mia destra si spalancò.

"Ah scusa, cercavo il numero B12. Ma sto girando a vuoto." Gettai un'occhiata alla targa affissa su un lato, poi spostai gli occhi sulla mora che mi squadrò dalla testa ai piedi, come se fossi stato un alieno venuto da un'altra galassia. "Abita qui Amybeth?" Mi fissò per una manciata di secondi e feci un passo in avanti. "Sono il dottor Zumann. Lucas Zumann." Precisai.

Fece un lieve cenno con la testa invitandomi a passare e scivolò di lato, indicandomi la direzione con l'indice.
Uscii nel piccolo cortile e lei era lì girata di spalle e troppo affaccendata per accorgersi della mia presenza.

"Posso?" Chiesi scendendo lo scalino e si voltò con aria interrogativa. Gettò l'indumento con veemenza nel cesto e mi avvicinai, notando le occhiaie e il naso arrossato oltre alla rabbia che trasudava dai suoi occhi azzurri.

Avrebbe potuto tirarmi uno schiaffo, urlarmi contro, ma l'unica cosa che mi riservò fu uno sguardo malinconico.

Diminuii le distanze e prese un lungo respiro.

"Perché sei qui?"

"Beth."

"Come hai potuto farlo?" Continuò alzando la voce. "Non ti sei fatto scrupoli a giocare con i miei sentimenti e a farmi credere che fossi importante e poi hai scaldato il letto con un'altra."

"Ma tu sei importante!" Replicai rilassando le spalle. "Per favore, lascia che ti spieghi ogni cosa. Voglio alleviare la tua sofferenza."

"Nessuno può alleviare la mia sofferenza... e men che meno tu."

"Ho riflettuto attentamente mentre venivo. Ti prego, non mandarmi via senza prima ascoltare quello che ho da dirti." La supplicai giungendo le mani sotto il mento.

"Credi che questo qualcosa che tu voglia dirmi abbia senso arrivati a questo punto, Lucas?" Mi interruppe, corrugando la fronte.

"Credo di sì. Perché in realtà quello che c'è fra me e te non so come definirlo e mi fa terribilmente paura."

"Ascolta, Lucas, il noi...-" Cercò di dire smettendo di guardarmi, ma non mollai la presa.

"Amybeth, non ho finito. Non so più a che pensare! Giorno e notte... la mia mente è svuotata però..." La guardai in silenzio e presi la sua mano minuta premendola sul mio petto. "Questo. Lo senti, questo? Non ha dubbi. Sei tu la sua unica custode e per te... non smetterà mai di battere e lo farà fino al mio ultimo respiro." Osservò quel punto attentamente prima di guardare nuovamente i miei occhi. "E sono sicuro che serve solo tempo per-"

"Non posso!" Sentenziò togliendo bruscamente la mano e indietreggiando mentre la sua cassa toracica andava su e giù.

Socchiusi leggermente gli occhi rendendole due fessure sforzandomi di decifrare il suo rifiuto.


Nell'aria si udì il tonfo del cuore sfracellato ai miei piedi e i frammenti mi si erano conficcati nello stomaco.

Avevo rischiato... e mi ero schiantato contro la sua corazza.

"Senti... s'è per Shannon si è presentata a casa all'improvviso, ma sono andato via. Mi ha aspettato fino al mattino e ha dormito nel mio letto, mentre ero impegnato in ospedale. Poi poco fa mi ha detto di averti vista. Mi devi credere. Non potrei mai farti soffrire."

"Lo so." Farfugliò. "Ti credo, però..." Fece una pausa con gli occhi rivolti al selciato. "Non ho più tempo per te."

Lasciai cadere le braccia lungo i fianchi e senza dare altre spiegazioni tentò di sorpassarmi, ma in un gesto nervoso, dettato dalla frustrazione agguantai il suo braccio spingendola contro il mio petto. Oppose resistenza anche quando portai le mani ai lati del suo volto.

"Beth... è una situazione complicata anche per me!" Quasi scottata dal mio tocco si divincolò con sdegno sollevando le mani e si coprí la bocca. "Amybeth. Guardami."

Osservai i suoi occhi vitrei, persi nel vuoto e in pensieri inaccessibili.
Ero incapace di interpretare quell'inquietudine che la circondava e adombrava il suo volto pallido. Rimase in silenzio per interminabili secondi e intanto il mio cuore perse dei battiti.

Si riscosse e mi fissò, spezzando finalmente quell'attesa snervante.

"Hai detto che: 'il tumore è in un punto complicato per essere asportato. Nessun medico sarebbe così pazzo da tentare un simile intervento. Anche se ci provasse-" I suoi occhi si riempirono di lacrime e solcarono le sue guance. Poi incrinò la voce. "Potrebbero esserci delle gravi complicanze e il paziente rimarrebbe attaccato a un respiratore a vita." Schiusi leggermente le labbra deglutendo e ricordando di aver fatto quel discorso nel giardino della villa. "La sua aspettativa di vita è solo del 5%. I dottori le hanno consigliato di non sprecare gli ultimi giorni che le restano. È una... forma aggressiva, non le lascerà scampo. Può sperare di sopravvivere in buone condizioni per un paio di mesi."

L'osservai frastornato, piegando leggermente la testa. "Amybeth... hai detto ch'era la tua amica."

Scosse la testa. "Non è lei." Sibilò, e altre lacrime si fecero strada. Alzò lentamente gli occhi. "Sono io..."

Mi pugnalò senza pietà e un dolore lancinante si inerpicò in ogni centimetro del mio corpo.

Ogni certezza sfumò e mi mancò il respiro. Mi allontanai portando le mani fra i ricci, attorcigliandoli e tirandoli così forte che avrei voluto strapparmeli dal cranio. Lei singhiozzava debolmente.

"Non era possibile. Non l'avrei persa, quel farabutto che si credeva invincibile non me l'avrebbe portata via!"

Era un incubo, solo un incubo.

Ma nonostante tutto pur chiudendo gli occhi e riaprendoli, quel giardino e il suo volto afflitto non scomparirono.

Feci scorrere la mano sulla nuca con il capo, senza sapere come reagire.

"M'illudevo di poter cambiare il mio destino, credevo che tu-" riprese con la voce rotta dai singhiozzi.

"Calmati, Beth, per favore." L'afferrai per le spalle e chiusi il suo viso fra le mie mani accarezzandoglielo. "Ora andremo in ospedale e rifaremo la TAC e tutti gli accertamenti. Mi consulterò con i colleghi per capire come procedere. Ti prometto che non ti accadrà niente."

"Mia sorella sta per partire." Vaneggiò alzando gli occhi, facendomi imbestialire.

"Tua sorella? E cosa c'entra?" Urlai scuotendola leggermente.

"Non smetterò di lavorare altrimenti non potrò inviarle i soldi che servono. E non voglio che scopra la mia malattia o rinuncerebbe al suo futuro."

"Amybeth, puoi smetterla di preoccuparti per gli altri e pensare a te una buona volta? Non è il momento di fare l'orgogliosa. Lo capisci che se non faccio qualcosa..."

"Lo so a ciò a cui andrò incontro e l'ho accettato molto tempo fa. Va bene così. Partirò con Dalila e vivrò al massimo i miei ultimi giorni." Scossi la testa disapprovando la sua scelta e mi afferrò il viso per portarlo all'altezza del suo, mentre con i pollici mi sfiorava la mandibola. "Ogni tentativo non servirebbe a niente. Se davvero tieni a me, allora devi lasciarmi andare."

"Almeno lasci che ci provi."

"Non essere triste. Voglio che tu sorrida quando penserai a me come il ricordo più bello che hai avuto."

"Non è scappando che questo mostro ti farà meno male."

"Non voglio che lo faccia a te, Lucas." Appoggiò la mano sul mio petto e sospirò mentre intrecciavo le nostre dita deciso a non slegarle. "Non ti condannerò per egoismo ad occuparti di una moribonda... con la paura di sapere se il giorno dopo ci sarò ancora."

"Non è così, Beth!"

"Lo devi accettare." Dichiarò e senza guardarmi, entrò in casa lasciandomi in quel cortile.

Trassi un lungo sospiro per stemperare l'angoscia, cercando di mettere insieme i pezzi della mia vita, appena andata a rotoli.

Non potevo accettare di perderla, stando insieme ad aspettare.

Per anni avevo salvato vite sul tavolo dell'operatorio, giovani o anziani che fossero. Avevo varcato i palcoscenici del mondo per illustrare i miei successi, e adesso il destino mi aveva messo alla prova con questo colpo sleale nelle costole. Ma il dolore mi si era diffuso per tutto.

Le sue catene erano anche mie, mi avevano intrappolato e non avevo intenzione cercando la chiave.

Avrei combattuto in nome di quel sentimento che aveva attecchito dentro di me ed estirpato a mani nude quel mostro, se necessario.

Non me l'avrebbe tolta.
Non avrebbe vinto.

Stava preparando la sua valigia infilandovi i vestiti quando entrai in punta di piedi nella sua camera.

Chiuse in fretta la cerniera e a quel punto le andai dietro, prendendole il braccio tirandola su e facendola voltare nella mia direzione.

"Ti ho incontrata troppo tardi, Beth. Il destino è stato infame... ma l'esito non è importante. Sono felice, non rimpiango di amarti con tutto me stesso, e anche se mi dici che devo allontanarmi, non lo farò. Non chiedermelo perché non ho alcuna intenzione di ascoltarti. Combatterò per la tua vita. Per noi."

Li sondai così in profondità quel blu, tanto da fondermici.

Non si scostò e non replicò.

Poggiai la mano sulla sua guancia asciugando i residui delle lacrime, sentendo il suo respiro levigarmi il palmo.

"Puoi farmi qualsiasi richiesta, Amybeth. Portare giù dal cielo la luna e dartela. Scalare l'Everest a mani nude sfidando una bufera di neve o nuotare in un oceano pieno di squali. Sono terribilmente e perdutamente impaziente di farlo. Ma non ti lascerò sola. Questo non lo farò mai!" Esclamai e mi guardò serena. Le lasciai un bacio sulla fronte e avviluppò le braccia attorno alla mia schiena, come per sentirsi al sicuro.


Nascose la testa nell'incavo del mio collo, mentre la stringevo come se avessi paura di vederla scomparire da un momento all'altro. Chiusi gli occhi e stritolai un lembo della sua camicia nel pugno. Non c'era medicina più potente dell'amore.

Ce l'avrebbe fatta, ne ero sicuro.

Soffocò altri singhiozzi sulla mia spalla e mi staccai repentinamente, prendendola per mano.

"Vieni con me."

"E dove?" Chiese bloccandomi.

"In qualsiasi posto."

"Come?" Replicò accigliandosi.

"Non volevi andare via? Quell'isoletta è perfetta, ci ritorneremo." Feci girandomi verso la soglia.

"E come farai con gli impegni in ospedale? Hai un'agenda piena di interventi e i tuoi pazienti aspettano soltanto te."

"Ma non eri tu a dirmi "pensi troppo al lavoro e non ti godi la vita?" Sei stata tu ad incitarmi, cosa c'è? Ti stai tirando indietro?" La presi in contropiede facendola sorridere. "Anch'io so godermi la vita, visto? Sbrighiamoci!"

"Ma lascia almeno che prenda la valigia."

"Compreremo tutto là." Ribattei uscendo nel corridoio, dovendo ammettere di aver perso l'ultima parte di razionalità, ancora intatta.

Mi aveva stravolto la vita. L'aveva resa più variopinta e felice, proprio come quei fiorellini nel mio appartamento. Aveva spalancato il mio cuore e l'aveva colmato di nuova vita.

Dublino, i nostri problemi, l'ospedale... erano una realtà irraggiungibile da quella magnifica isola.

Quando eravamo saliti sull'aeroplano ci eravamo liberati di quel macigno.

Eravamo noi in un piccolo angolo di paradiso, dove si respirava libertà e armonia.

L'incarnazione di un sogno che desideravo ardentemente che continuasse all'infinito.

Trascorrevo tutti quei momenti ad ammirare il suo sorriso e la spensieratezza, mentre mi consegnava il dado invitandomi a lanciarlo.

Ma niente... ero totalmente negato per i giochi e anche stordito dalla sua bellezza e dalle ciocche rosse scolpite dal sole, proveniente dalle vetrate.

Come poteva essere serena con poco?

Mangiammo in un ristorante che affacciava sul mare sul calare della sera, brindando e approfittando del tempo per chiacchierare.
Raccontò molti aneddoti sulla sua famiglia, facendomi ridere fino allo stremo. Era così spontanea nei suoi gesti da sembrare una bambina.

I nostri piedi, il giorno seguente, si ritrovarono a calpestare la sabbia bagnata, con le mani allacciate mentre  fissava il sole alle nostre spalle che stava per adagiarsi nel mare.

Ogni momento sarebbe rimasto intrappolato nella memoria di entrambi.
Come lei aveva detto quella volta.

Mentre scendevamo per una scarpata dall'aria familiare, dopo fatto tappa al bar e osservato la casetta sul monte, la pioggia ci colse di sorpresa.

Accelerammo il passo ma ci ritrovammo in poco tempo bagnati fino al midollo, con i vestiti incollati addosso. Dopotutto il tempo era assai imprevedibile in estate e gli acquazzoni estivi erano brevi ma intensi.

"Dai, vieni." Rise seguendomi sotto il portico di una casa, un riparo di fortuna. "Buongiorno, ci ripariamo un attimo dalla pioggia, è un problema? Possiamo restare?" Chiesi a una donna, alzatasi dallo sgabello.

"Fate pure ragazzi. Potete anche entrare dentro, se non volete prendervi il raffreddore." C'invitò cordiale e mi voltai verso la ragazza al mio fianco, che sollevò il braccio per raccogliere le gocce che colpivano il sentiero. Poi ispirò dal naso e allargò lo sterno.

"Riesci a sentirlo questo profumo?"

Seguii il suo esempio, alzando lo sguardo in alto.

"Con tutti i miei sensi."

Improvvisamente si girò nella mia direzione, abbozzando un sorriso con gli occhi velati di tristezza.

"Promettimi una cosa." Annuì e accostai la mia fronte alla sua deglutendo. "Non dimenticherai mai questo profumo, vero? Il profumo della pioggia d'estate ti farà sempre pensare a me."

"Te lo giuro."

Portai le mani fra i suoi capelli umidi e abbassò di nuovo la testa, facendo combaciare i polpastrelli e unendoli completamente.

"Te lo giuro, amore mio." Ripetei a bassa voce, lasciandole una scia di baci sul collo, sulla guancia, sulla fronte... e sulle labbra, premendovi le mie, assaporando quel sapore che aleggiava nell'aria.

Anche le sue labbra sapevano di pioggia.. Mista a lacrime.

Si lasciò cadere fra le mie braccia, rannicchiandosi sul mio petto mentre la stringevo sotto il boato dei tuoni.

Mi tirò per la mano sorridendo e mi trascinò sul sentiero sotto quella fitta pioggia. Spalancò le braccia e feci lo stesso, roteando come se stessimo danzando, mentre la pioggia piombava su di noi, inzuppandoci i vestiti.

Ma era talmente liberatorio che mi trovai a mio agio, mentre urlavamo contro il cielo. Poi l'afferrai facendola girare, mentre rideva contro la piega del mio collo, incuranti di chiunque. Ignorando la tristezza e sperando che il dottore smettesse di tormentarci.

La sua risata melodia risuonò nella mia testa, e la seguii a ruota.

L'appoggiai per terra con il fiato corto, afferrandole la testa e infilando le mani fra i capelli umidi, come lei stava facendo con i miei, prima di unire le fronti e ascoltare i nostri cuori battere energicamente, come il ticchettio delle gocce intorno a noi.

Se solo avessi potuto bloccare il tempo... Ma era proprio quello che mancava.

Osservai il temporale che si dissipò dalla finestra dell'hotel, ma i miei occhi si puntarono sullo schermo del computer, ripetendo il percorso del bisturi nella cavità intracranica.

Non potevo prevedere quando e come si sarebbe verificata la prossima emorragia e i danni che avrebbe sviluppato. Nessuna ipotesi sarebbe stata esclusa, per questo avevo speso notti intere a rimuginarci, rimanendo a vegliare su di lei, ascoltandone il respiro e accarezzando il suo volto disteso con la punta delle dita.

Amybeth si sarebbe infuriata nel vedermi concentrato sul referto, per cercare una soluzione efficace.

Ma era impossibile starmene fermo a mani conserte ad aspettare la fine.

Con il mouse segnalavo attentamente ogni "entrata", valutando quale fosse la più breve che consentisse un passaggio libero per la sonda.

Improvvisamente si mosse sotto il lenzuolo, girandosi su un fianco e posizionò le mani sotto la guancia fissandomi, mentre prendevo appunti.

"Credevo che fosse tutto frutto della mia immaginazione. Ho avuto paura di aprire gli occhi e scoprire che tu non c'eri più."

Mi voltai e posai il taccuino, riponendolo sul comodino.

"È normale quando si ha la febbre, tesoro. Ma sono reale."

"Mi daresti un pizzicotto?"

Chiusi il portatile abbandonandolo sul lenzuolo, e mi chinai sussurrando.

"Farò qualcosa di meglio."

"Del tipo?" Mi sfidò guardandomi di sottecchi e iniziando a tracciare il contorno delle mie labbra con l'indice, per poi scendere più verso la mascella.

"Non lo immagini?"

Le spostai una ciocca dalla guancia e combaciai delicatamente le nostre labbra, mentre giocava con i ricci attorcigliandoli.

Senza approfondire, mi staccai da quel bacio che mi lasciò comunque assuefatto, tenendo gli occhi incollati e la sua mano intrecciata alla mia sul cuscino.

Dovevo chiarire la questione che mi stava consumando... e mi maledii di star per rovinare un'atmosfera perfetta, per lasciar spazio a una malinconica.

Passai la mano sul braccio per rassicurarla e incrociai i suoi occhi.

"Ho trovato una soluzione al problema, Beth."

"Vorrei che non parlassimo della mia malattia, dottore." Mi stuzzicò.

"Credimi. Ci ho riflettuto molto." Ripresi a spiegare e lei sbuffò girando la faccia sul cuscino. "Ho ripassato mentalmente ogni singolo dettaglio dell'intervento. Almeno un migliaio di volte."

Si accigliò, mettendosi seduta vicino alla testiera.

"Che vuoi dire?"

"Funzionerà, lo sento. È un metodo che non è mai stato tentato finora, anche complicato. Ma cosa costa provarci? A tutto c'è una soluzione, no?" Proposi speranzoso e piegò la testa, tirandosi indietro i capelli con aria combattuta. "Ti prego." Afferrai le mani baciandole il dorso e la guardai dritto negli occhi. "Ti fidi di me?"

Alzò gli occhi e si aprì in un sorriso, avvicinandosi al mio viso, lasciandomi un altro bacio a fior di labbra.

"Più di me stessa, dottore."



"No! Non dirmi che le voci sul tuo conto sono vere... Hai intenzione di accettare questo caso? Sei diventato pazzo? È impossibile, e lo sai bene quanto me." sbottò Dalmar affiancandomi, davanti ai monitor.

"Mi conosci."

"A quanto pare, no." Mi contraddí.

"Non avrei mai accettato se non avessi calcolato attentamente i pro e i contro nei minimi dettagli. So dove incidere e come entrare senza danneggiare i tessuti. Inoltre ci siamo occupati già di casi difficili in passato."

"Mai come questo! È un'impresa troppo ardua."

Gli puntai un dito sul petto ed esclamai con gli occhi ormai diventati lucidi. "Ma se non interveniamo tempestivamente, questa ragazza rischia-" mi bloccai non riuscendo a continuare, deglutendo e l'altro si accigliò. "La paziente... morirà."

"Probabilmente morirà lo stesso! Ci hai pensato? C'è un'alta probabilità che succeda mentre la stiamo operando."

"Sì, lo so."

"Ah, bene, sono felice che tu lo sappia. Finalmente le rotelle stanno funzionando." Dichiarò con sarcasmo. "Abbiamo il novanta per cento di... fallimento!"

"Ma dall'altra parte un 10%... sarà abbastanza per giustificare l'intervento, l'alternativa è la morte certa! Vuoi arrenderti senza combattere per una causa giusta? Tu fallo pure! Ma io ho ancora degli assi nella manica da tirare." Gridai esasperato allontandomi verso l'altro schermo, mordicchiandomi il dito.

"Doc! Ascolta... Anche se superasse l'operazione, in terapia intensiva rischierebbe di non svegliarsi più e rimarrebbe attaccata a un respiratore. Vuoi questo per lei?"

Spinsi la testa verso il basso, mentre le lacrime percorrevano le mie guance.

"L'ospedale dovrà coprire tutte le spese, pensi che Shannon sarà d'accordo? No, certo, lei sarebbe la prima a farti radiare dall'albo dei medici."

"Ho a disposizione il mio talento, come medico." Alzai gli occhi guardando il soffitto. Poi mi voltai nella sua direzione dell'altro, singhiozzando. "Non riesco a trovare nessun motivo per non farlo."

"Non dire stronzate! Non vedi che stai perdendo del tutto la ragione. Non ce la faresti ad essere lucido in queste circostanze. Sei troppo coinvolto!" Mi urlò addosso. "E la commissione-"

"La commissione!?" Ripetei seccato poggiando la mano sulla sua spalla. "Tu sei il mio amico Dalmar e sei anche l'anestesista di quest'ospedale. Dovresti appoggiarmi e stare dalla mia parte."

"Mi dispiace, Lucas. Non resterò a guardare mentre ti rovini con le tue stesse mani." Ribatté dirigendosi verso l'uscita, per poi indietreggiare e guardami con scherno. "Certo, sei un chirurgo brillante il grande Lucas Jade Zumann." Fece una pausa. "Però non sei Dio." Sputò nervoso e si dileguò.






Sono pronta a ricevere i pugni in faccia, i pomodori... e chi più né avrà più ne metta...

Sono quasi sul punto di piangere, credetemi. Scrivere questo capitolo è stato difficile e molto doloroso, perché comprendo la rabbia, il tormento interiore del nostro Lu.

Oggi inoltre compie vent'anni e ho voluto regalare a voi questo nuovo capitolo per festeggiarlo come si deve. Allora... cosa ne pensate?

Non vedo l'ora di scoprire le vostre opinioni e scusate se serviranno tanti canotti, gommoni... e che probabilmente ci saranno le cascate.

Spero di avervi trasmesso tanto.
Secondo voi, cosa succederà ad AB?
Riuscirà a superare il difficile intervento che l'aspetterà?
Come sarà il finale?

Per scoprirlo... tutto al prossimo capitolo. Vi ricordo di mettere una stellina e di commentare - sclerare-.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro