assoluzione
Kenopsia
L'atmosfera inquietante di un luogo che di solito è affollato, ma ora è desolato. Un retroscena emotivo lo fa sembrare non solo vuoto, ma iper – vuoto, con una popolazione totale in negativo.
Quella che una volta ritenevo una costante era, in verità, una semplice variabile.
Una variabile che attirava a sé dubbi, instabilità emotive, e il mio annullamento.
Da un piacevole, angelico inizio, la costanza è venuta meno, e il caso ha voluto che, alla fine della parabola, io stessi tirando una corda ormai spezzata.
Io, comunque, non volevo lasciarla andare: nel bene e nel male, mi ci ero abituato.
Sentivo la kenopsia.
Eppure, stavolta, anziché coinvolgere lo spazio materiale, invadeva il mio animo.
Una delle cose più amare della fine di un legame, è il distacco dalle abitudini, e il conseguente ritorno alla realtà. Gesti, parole, presenze, che prima erano integrate al quotidiano, e adesso diventano ricordi indefiniti. Le strade, un tempo percorse insieme, si affrontano in solitudine. Le dolci attenzioni, un tempo rivolte all'amata presenza, finiscono nell'angolo più freddo del cuore.
Tornano i corsi e i ricorsi storici - su cui ho rimuginato per buona parte della mia breve vita -, che mi spingono ad un confronto tra il me di adesso e il me del passato.
La realtà attuale è fatta di certezze, è concreta, è idilliaca. Tutto giace al suo posto, ed io sono all'apice del mio benessere. So che gli anni passeranno come secondi e, per vari motivi, rimpiangerò la serenità di questi giorni.
Consapevolezze, piccole e grandi che siano, hanno preso una loro forma, fino a condurmi qui: gobbo alla scrivania, con l'inchiostro alla mano per scrivere i miei pensieri.
Malgrado tutto, sono felice che le cose siano andate e finite così.
Il cerchio si chiude, e quello che resta è solo un pugno di cenere.
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