Chapter 7 - Flour
Mettere in ordine la stanza con Jake attorno fu un'impresa autentica.
Io raccoglievo le cartacce e i rifiuti che trovavo sparsi ovunque e lui non perdeva occasione di muovermi la gonna con la scopa che brandiva tra le mani.
- Saint, facciamo qualcosa di divertente? Pulire è noioso. - si lagnò ad un certo punto.
- Dobbiamo ancora passare l'aspirapolvere per terra, lo straccio per la polvere sui mobili e le superfici più alte, disinfettare completamente il bagno...
- Che palle! Io ho fame. - mi interruppe.
Quanta pazienza che ci voleva con i bambini!
D'altronde però ero stanca, dato che la maggior parte del lavoro era stato svolto da me. Valutai l'opzione di accontentarlo.
- Ti dico un segreto. - scattò Jake, improvvisamente entusiasta.
- Si dice "svelare un segreto". - lo corressi.
- Sì sì, va bene. Vuoi sapere qual è il segreto?
Annuii.
- In cucina è tutto pulito. Le cuoche odiano lo sporco.
La notizia rischiò di provocarmi uno shock.
C'era un angolo di paradiso in quella enorme catapecchia ammuffita!
- Che aspettiamo? Andiamoci subito! - esultai.
Seguii Jake di corsa fuori dalla stanza, in corridoio e giù per le scale, poi mi fermai ad osservare un vecchio orologio a parete.
Erano già le cinque?
- È uno stupido orologio, Saint, andiamo. - sbuffò Jake, spazientito.
Alzai gli occhi su di lui.
Le ore erano volate in sua compagnia.
No, ma che stavo dicendo? Mi erano pesate tantissimo, le mie braccia e le mie gambe affaticate lo dimostravano.
- Ho sempre trovato gli orologi degli oggetti interessanti. Sembra quasi magico il modo in cui ticchettano piano, talmente piano che ci rendiamo conto dello scorrere del tempo solo quando tutto il resto tace. È come se fossero i primi a dirci che non importa se siamo stati felici o tristi, il tempo è trascorso in egual misura e le lancette non torneranno indietro, perché il tempo non segue le nostre pause di riflessione né si cura dei nostri desideri.
Jake mi ascoltò senza fiatare, senza distrarsi e senza l'intenzione di prendermi in giro. Fu come se avesse ascoltato le mie parole con tutta la concentrazione di cui disponeva.
- Ma questo forse lo sapevi già. - aggiunsi.
Non mi restituì nessuno sguardo con i suoi caldi occhi color nocciola, guardava altrove.
Lentamente, si girò e proseguì il cammino verso la cucina.
Gli rimasi accanto finché non giungemmo alla porta bianca che indicava l'ingresso al luogo dove eravamo diretti.
Entrai dopo di lui.
Le mie narici avvertirono per prime l'odore di disinfettante e di pulito che si respirava all'interno, di una freschezza senza paragoni. Chiusi gli occhi e potei immaginare di essere ancora al collegio, dove regnava l'ordine immacolato in ogni angolo dell'edificio.
Era tutto bianco, a partire dalle piastrelle roimboidali, passando per le lunghe pareti, i ripiani di lavoro e il tavolo lucido. Ed era tutto così perfettamente ordinato!
Ebbi la tentazione di posizionare il mio letto qui dentro e poter dormire sogni tranquilli.
- Vi lasciano del cibo pronto per merenda? - domandai, curiosa.
- In realtà veniamo noi qui a prendere le merendine e cazzate varie. - rispose Jake, alzando le spalle.
Si diresse verso un armadietto e lo aprì, rivelando una decina di confezioni di schifezze industriali impilate l'una sull'altra.
- Che cosa fai? Seriamente hai intenzione di mangiare quelle cose piene di grassi industriali e chissà quanti conservanti nocivi? - strillai.
- Tu, mia cara Saint, hai dei grossi problemi mentali. Questo è cibo prelibato mandato direttamente dal Signore. - replicò, mostrandomi una confezione blu che recava l'immagine di biscotti al cacao ripieni di crema alla vaniglia.
Lessi la scritta "Oreo" sul pacchetto.
- Questi biscotti, se proprio li vuoi chiamare così, sono stati prodotti almeno sei mesi fa e hanno passato tantissimo tempo stipati nei magazzini più sporchi, organizzati in banali scatoloni di cartone. - spiegai, disgustata.
Per tutta risposta, Jake aprì il pacchetto e mi mostrò un biscotto da ogni angolazione, per poi metterlo interamente in bocca e iniziare a masticarlo.
- Se le cellule del tuo corpo avessero la facoltà di riconoscere a vista il cibo spazzatura, avrebbero già ordinato alla tua epiglottide di allungarsi e ostruire il canale digerente, oltre che la trachea. - commentai.
- Che cazzo hai detto? - domandò Jake, ancora masticando.
Alzai gli occhi al cielo, esasperata.
- Non si parla mentre si ha del cibo in bocca: il tuo interlocutore non è obbligato a vedere il cibo masticato nella tua bocca. - gli feci notare.
- Può sempre girarsi dall'altra parte. - continuò lui, ignorando del tutto il mio insegnamento.
- Al fine di consentire una comunicazione efficiente, due persone dovrebbero guardarsi negli occhi. Si tratta di piccole regole sottintese della buona educazione, Jake. - lo informai.
Jake continuò a mangiare i biscotti industrializzati e qualche momento dopo, ne compresi il motivo.
Non essendo in grado di prepararsi del cibo appetibile da sé, o semplicemente non avendone voglia, prendeva la scorciatoia e si riempiva lo stomaco di schifezze.
- Facciamo una cosa divertente. - proposi.
Alzò un sopracciglio, mandando giù l'ultimo biscotto.
- Prepariamo dei muffin!
- Vuoi dirmi che sai anche cucinare? - fece lui, stupito.
- Be', non sono esattamente una cuoca, ma ho imparato a preparare i piatti e i dolci più semplici. - sorrisi.
Jake accartocciò il pacchetto vuoto e lo buttò in un angolo.
Gli lanciai un'occhiataccia.
Perché doveva contaminare l'unico luogo pulito dell'istituto?
- Raccogli la confezione e buttala nel cestino. - gli ordinai.
- Che rompicoglioni che sei. - sbuffò.
Nonostante la lamentela, eseguì il mio ordine e si sedette su uno sgabello, dall'altra parte del tavolo rispetto a me.
Mi voltai e iniziai a cercare una scodella, una frusta, un bicchiere misurato e degli stampini.
- Dato che sei lì seduto a fare niente, alzati e prendimi il latte e il burro dal frigorifero. - dissi a Jake, per coinvolgerlo nell'attività.
- Sono impegnato a sbirciare sotto la tua gonna, in realtà, ed è molto impegnativo. - sogghignò lui.
- Jake! Alzati e aiutami a preparare i muffin! - lo ripresi.
- Altrimenti? - mi sfidò, con un tono che lasciava intendere tutto il divertimento che si celava dietro.
Mi pareva di aver intravisto la farina vicino alle scodelle, perciò allungai il braccio per accertarmene. Afferrai il sacco di farina e lo minacciai tenendolo tra le mani.
- Altrimenti ti strozzo con la farina. - risposi a tono.
Si alzò e mi si posizionò di fronte, ad un passo di distanza.
Incombeva su di me grazie all'altezza che lo avvantaggiava.
- Provaci. - sussurrò.
La sua voce uscì graffiata, come un tentatore dell'Inferno, da quelle piccole labbra morbide che contrapponevano un'immagine pura, come se fossero state modellate dagli angeli del Paradiso.
Dovevo trovare un modo per allontanarlo, perché si protendeva impercettibilmente verso di me e non sarebbe andata a finire bene, se l'avessi permesso.
Abbassai lo sguardo e sorrisi alla vista del sacco di farina che tenevo ancora con le mani.
Diedi una scossa verticale al sacco, provocando la formazione di una nuvola bianca fra noi: la farina sporcò il suo viso e il mio naso.
Approfittai dell'attimo di smarrimento causato dal fattore sorpresa per vincere il suo vantaggio legato alla corporatura e mi spostai con uno scatto dall'altra parte del tavolo.
Non riuscii a trattenere un sorrisetto di vittoria.
- Saint? Tu ti chiami Saint? Tu sei il demonio, porca puttana! Se ti prendo... - imprecò Jake.
Percepii l'adrenalina scorrermi nelle vene a causa della situazione pericolosa in cui mi trovavo.
Che cosa mi avrebbe mai fatto?
L'istinto di sopravvivenza mi spinse a scappare non appena lui mosse un passo.
Ma dove mi potevo rifugiare?
Mi mossi in direzione opposta a Jake diverse volte, ma lui non ci mise molto a capire la logica del gioco, perciò, esattamente come un leone di fronte ad una gazzella formato mini, colse l'istante giusto in cui fare uno scatto in avanti e bloccarmi con le sue forti braccia.
- Ora dove scappi, Saint? Pensi di essere la più furba qui? - mi derise la sua voce, così beffarda e così dolce allo stesso tempo.
La mia schiena aderiva al suo petto e deglutii, immobile.
Pensai di colpirlo alle parti basse con il tallone, ma prima che potessi tentare, la sua mano destra scese dal mio maglioncino lungo la gonna e attraversò lentamente la mia coscia nuda fino ad incontrare le calze, poco sopra il ginocchio.
Risalì dal retro e il suo palmo sfiorò il bordo della mia gonna.
Non riuscivo a credere alla sua fissazione per il sesso.
Di nuovo, potevo contare su un fattore che giocava a suo svantaggio per salvarmi: la distrazione.
Era concentrato sul mio corpo, perciò era probabilmente impegnato nelle sue fantasie sessuali; non avrebbe potuto prevedere che la mia attenzione per le vie d'uscita era vigile.
Afferrai con forza il suo braccio sinistro e lo scansai nel momento stesso in cui sfuggii via.
Il gioco dell'inseguimento stava per partire da capo.
- Saint, lo sai che sono capace di prenderti tutte le volte che voglio. Non puoi scappare da me. - disse lentamente, come un predatore esperto.
Riuscii a farmi aiutare a preparare la miscela per i muffin e affidai a lui il compito di usare la frusta, dato che aveva le braccia ben più muscolose delle mie.
Le sue provocazioni ovviamente non cessarono: si strusciava ogni volta che poteva, mi spostava mettendo una mano sul fianco e scendendo poi giù, diceva quello che doveva dire sussurrando piano all'orecchio.
Io mi scansavo ogni volta.
La verità era che non stavo scappando da lui, ma dalla versione di me stessa che non volevo diventare.
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Possibile che io becchi tutti i professori di fisica incapaci di dimostrare formule? Un ripassino prima di fare lezione non è mica vietato... Almeno farebbero bella figura.
Tralasciando il fatto che il tempismo del ciclo è sempre una merda e che l'organizzazione in previsione dell'esame di maturità è ancora peggio, vi ho portato un nuovo capitolo e spero vi sia piaciuto.
Love you 🌹
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