Chapter 49 - Undisciplined
Spiegare ai miei genitori perché ci fosse uno sconosciuto accanto a me, sul retro della casa, in una calda giornata di giugno, fu arduo. Catalogai la situazione come una delle più scomode ed imbarazzanti della mia vita. Forse meritava il podio.
- Saint, vuoi dirci chi è questo ragazzo? - ripeté mio padre, improvvisamente molto serio.
Mentre mia madre era quella sagace che tendeva ad arrabbiarsi quando le cose non andavano come previsto, mio padre era generalmente tranquillo e sereno. Chiaramente, io avevo preso tutto da mia madre. Speravo che mia sorella fosse più fortunata.
- Lui è...
- Io vendo scarpe. - si intromise Jake, simulando poi un sorriso di convenienza.
Mio padre lo squadrò da capo a piedi. Le sue scarpe erano di buona fattura, effettivamente, notai di sottecchi.
- E per vendere scarpe bisogna andare sul retro? - domandò.
- Saint era tanto curiosa di sapere come fossero fatte le scarpe che ci siamo messi a passeggiare e siamo finiti qua. - alzò le spalle.
Io, dal canto mio, feci del mio meglio per reggere la sua bugia con un'espressione del viso consona alla situazione. Stavo impiegando tutti gli sforzi che potevo racimolare per non farmi prendere dal panico.
Mio padre gli credette, ma solo perché mia madre era svenuta e non mi aveva colta in flagrante. Ero certa che lei sapesse riconoscere quando mentivo: oltre ad essere mia madre, era una donna. Mio padre, in quanto uomo, era più facile da raggirare.
- D'accordo. Saint, l'hai chiamato tu per venire fin qui? Potevamo portarti tranquillamente a Londra, se volevi comprare un paio di scarpe.
- Uhm... Stavo leggendo un articolo sul giornale che parlava di scarpe e mi sono incuriosita su come fabbrichino le scarpe, allora ho chiamato...
- ... Il negozio dove lavoro... - mi supportò Jake.
- ... E mi hanno detto che avrebbero mandato qualcuno per una consulenza diretta. - conclusi.
Mio padre annuì, seppur perplesso.
- Okay, io porto tua madre dentro e... Be', spero che si svegli, perché il nostro medico è in ferie. - disse, con una punta di simpatia.
Annuii e lo stesso fece Jake.
Seguì qualche secondo in cui mio padre ci guardò e creò un imbarazzo palpabile.
Aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma la richiuse. Si accinse a volgersi verso la casa, poi tornò indietro.
- Mia figlia non ti interessa, vero? - domandò a bruciapelo.
Jake esitò.
- Trattala bene o ti faccio fare la fine delle scarpe consumate. - lo avvertì mio padre, severo.
Rabbrividii. Come aveva fatto a capire?
Non appena sparì dalla nostra visuale, tirammo un sospiro di sollievo.
Avevamo trattenuto il respiro per troppo tempo.
- Che fine fanno le scarpe consumate?
- Non lo so, era un modo cortese per minacciarti. E poi, non dovresti saperlo, visto che "vendi scarpe"? - risposi, facendo le virgolette con le dita.
Jake mi lanciò un'occhiata seria.
- Guarda che io vendo scarpe per davvero. A Londra. - mi informò.
Non avevo dimenticato quello che mi aveva detto sulla sua vita precedente all'istituto. Mi chiesi perché fosse finito a Londra a vendere scarpe.
- Quindi arrivi da Londra. E vendi scarpe. Per davvero. - ripetei.
Annuì.
Non sembrava intenzionato a raccontarmi molto della sua vita durante quel mese di separazione, quanto piuttosto a recuperare un po' di rapporto fisico con me.
Mi imprigionò con il suo corpo contro il muro e soffiò l'alito caldo sul mio viso. Quante volte avevo sognato le sue labbra morbide baciare la mia pelle come amavano fare quando eravamo insieme?
Ogni singola notte avevo desiderato sentire il suo corpo caldo contro la mia schiena, posare la testa in quell'incavo tra il suo petto e la sua spalla che si adattava perfettamente alla mia testa, baciare quelle piccole labbra carnose e raggiungere l'Isola del Piacere con lui.
- Non pensare troppo, Saint. - sussurrò, ad un millimetro dalle mie labbra.
Alzai gli occhi sui suoi. Ricordavo bene la sfumatura del color nocciola dei suoi occhi, ma dal vivo era tutta un'altra cosa.
Dio, se mi era mancato.
- Come sai che stavo pensando troppo? - sorrisi.
- Le tue labbra prendono una forma un po' ad O quando lo fai. E tendi ad aggrottare le sopracciglia. - rispose piano.
Ero colpita.
- Non ti facevo così attento ai dettagli. - commentai.
- Nemmeno io. Ma sei il mio essere umano preferito e mi piace osservarti bene. - ammise con naturalezza.
Mi mordicchiai il labbro, emozionata.
- Pensi di venire qui e conquistarmi con la prima frase da belloccio? - lo derisi poi.
- Contavo di più sui baci, in realtà, ma posso pensare anche alle frasi, se vuoi. - mi fece l'occhiolino.
E poi le nostre labbra si toccarono, senza che uno dei due fosse più desideroso dell'altro. Eravamo entrambi ansiosi di rinfrescare la memoria delle sensazioni.
- No, caro, non mi interessa se stanno amoreggiando! Mia figlia mi deve delle spiegazioni! - sentii urlare mia madre.
Sperai che mio padre riuscisse a trattenere mia madre o che Jake avesse la forza di staccarsi da me, perché io sapevo di non averne. Continuavamo a giocare al "divorarsi appassionatamente la faccia" a vicenda e mi stavo divertendo assai.
Nessuno dei due riuscì a porre rimedio al danno: mia madre vide me e Jake intenti ad amoreggiare e mio padre fu costretto a reggerla di nuovo, perché svenne di colpo.
Quando si svegliò, ricevetti la prima ramanzina della mia vita e decisi che non avrei voluto riceverne altre: non sarei tornata a fare la brava figlioletta perfetta e precisa, semplicemente non sarei stata alle sue regole.
Mio padre mi confessò segretamente che era fiero di me perché avevo trovato un ragazzo che mi piacesse e avevo avuto il coraggio di portarlo a casa, confutando così la più temibile e indesiderata congettura, ovvero che non mi piacessero i ragazzi. Storsi il naso alle sue convinzioni arcaiche del rapporto fra i sessi, ma non me la sentii di rinunciare subito all'unico alleato che avevo. Il suo aiuto mi serviva, se volevo vincere la battaglia contro mia madre, che sperava forse in un ministro per me, e la mia famiglia in generale, che probabilmente si aspettava che diventassi Regina d'Inghilterra.
Io mi accontentavo di un amore che sfidava le convenzioni sociali, il concetto di disciplina e che di umile aveva ben poco, in realtà. L'amore è grandioso per definizione. Mi aveva rivoluzionato la vita, il modo di vederla e di viverla. Jake si era occupato di farmi capire che non potevo rinunciarvi.
Jake, il mio vero grande amore.
Nel salotto di casa mia, riuniti per l'interrogatorio ufficiale con i miei genitori, le nostre mani strette l'una all'altra erano il simbolo di quanta forza e solidità volessimo dimostrare io e lui.
Mia madre mi chiese dove fosse finita la mia disciplina.
Repressi l'istinto di scoppiare a ridere: cosa poteva importarmene della disciplina, se avevo trovato l'amore?
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Ahh, l'incubo degli incubi: farsi beccare dai genitori con il proprio ragazzo! Saint, però, ne ha passate tante e supera anche questa.
Pronte per l'ultimo capitolo?
-1 🎉
Love you 🌹
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