Chapter 36 - Childish
Il secondo giorno a Parigi fu triste.
La notte mi aveva attanagliata di dubbi e paure, aveva permesso alle lacrime di scendere silenziose lungo il mio viso, aveva offerto quel termine di paragone di cui avevo dimenticato l'esistenza: passare la notte senza Jake appiccicato a me. Era lì, sul mio stesso letto, ma non mi sfiorava neanche. Così vicino, eppure così lontano. Avevo dimenticato la sensazione che si prova a dormire da soli, con la schiena fredda e nessun naso a solleticare la pelle del collo.
Mi svegliai mogia, naturalmente.
Jake era già andato via e mi concessi di piangere per qualche minuto, prima che Rosie tornasse in camera e indagasse. Non capivo neanche perché piangessi. Forse era l'unico modo che conoscevo per sfogare la confusione che avevo dentro.
Ero rannicchiata con le ginocchia al petto e la schiena contro la testiera del letto quando sospirai pesantemente e mi domandai perché stessi reagendo così.
Mi risolsi ad asciugare le guance e darmi una regolata. Ero una ragazza matura: dovevo prendermi le mie responsabilità, anche se implicavano che un ragazzo fosse innamorato di me, e affrontare la situazione, per quanto difficile fosse, a testa alta e di petto. Non potevo chiudermi in una camera d'albergo e piangere come una bambina.
Innanzitutto, dovevo capire se Jake affermasse il vero quando diceva di amarmi. Mi amava? Come faceva ad amarmi dopo appena tre settimane dalla prima volta che ci eravamo visti?
Erano state settimane intense, impregnate della presenza costante dell'uno nella vita dell'altra, notte e giorno, ma mi sembrava ancora insufficiente per parlare d'amore.
Mi figurai nella mente i suoi occhi color nocciola, che viravano al color rovere a tratti e diventavano invece più vicini all'ambra se attraversati dalla luce.
Rievocai il tono basso e roco della sua voce e rilasciai un gemito di frustrazione.
A quel punto sentii bussare alla porta.
Panico. E se fosse stato Jake?
Oddio, no, non poteva essere! Mi aspettavo come minimo che mi ignorasse per qualche secolo.
Aprii titubante e vidi la figura di Shane comparire davanti ai miei occhi. Aveva i soliti capelli scuri tirati all'insù nel modo che tanto mi piaceva, una felpa azzurra e i jeans blu scuro addosso. Gli abiti cadevano alla perfezione sui suoi fianchi stretti e la giacca nera che portava sopra completava un look che, abbinato alla sua espressione fresca e sfrontata, comunicava la spavalderia di sempre.
I suoi occhi color ebano incontrarono i miei per un istante, poi percorsero il mio viso e infine il mio corpo.
- Tralasciando la veste sexy e i capelli arruffati, cos'è quella faccia? Sai che tutti stanno facendo colazione? - domandò, sospettoso.
Abbassai lo sguardo e notai di non essermi coperta, effettivamente.
E non mi ero preoccupata nemmeno di detergere il viso né di stendere un velo di trucco.
- Nottata difficile. - sospirai.
Lasciai la porta aperta e lui entrò, chiudendola alle sue spalle. Si guardò attorno.
- Okay, qui è successo qualcosa di grave. Non sei in piedi prima degli altri, non sei già pronta e hai lasciato tutto in disordine. - dedusse rapidamente.
Non lo facevo così sveglio.
Lo guardai per qualche secondo, poi mi recai in bagno ed eseguii la routine.
Tornai in camera per prendere i vestiti di ricambio, ma Shane li aveva già scelti per me: maglioncino arancione e jeans blu notte. Abbinamento semplice, ma d'effetto, perché il maglioncino aveva un taglio particolare. Calzai gli stivaletti neri ai piedi e passai a truccarmi. Shane si appoggiò allo stipite della porta e mi osservò.
- Quindi? Vuoi dirmi cos'è successo o devo chiamare Papa Francesco per una deroga speciale? - insisté.
Posai il mascara e cercai la tinta labbra rosa pesca che, probabilmente, meglio si sarebbe abbinata al mio outfit.
- Saint. Non lo dirò a nessuno, dai. Non ti prenderò in giro.
- Non si tratta di questo. È una questione personale. - mi misi sulla difensiva.
Shane sbuffò e trovò la tinta per me.
- Grazie. - sussurrai.
Mi lanciò uno sguardo enigmatico, come per dirmi che non avrebbe lasciato perdere tanto facilmente. In tutta onestà, me lo aspettavo.
Afferrai lo zainetto nero di pelle e infilai al suo interno qualunque cosa di cui avessi potuto aver bisogno, arrivando ad occupare una buona metà della sua capienza. Shane era esterrefatto: non capiva come un decimo soltanto delle cose che avevo messo potesse servirmi a qualcosa.
Gli feci un sorriso fugace e lo seguii fuori dalla camera, poi in ascensore e lo affiancai all'entrata della sala da pranzo, dove tutti stavano consumando la colazione. Individuai le mie amiche ad un tavolo, Rosie inclusa, ma non c'erano posti disponibili. Shane mi invitò così a sedermi con lui ad un tavolo libero.
Naturalmente, incontrai Jake al buffet, dove tentavo di capire cosa mi sarebbe piaciuto mangiare e cosa no fra tutto ciò che era a disposizione.
- Prendi i toast, sono buonissimi. - mi consigliò Shane.
Jake lo fulminò con lo sguardo.
- Non le piacciono i toast. Ci sono dei biscotti ai mirtilli là dietro e un misto di cereali e frutti rossi all'angolo opposto. I succhi di frutta sono lì, invece. - ribatté.
Shane sollevò le sopracciglia, colpito.
Non potei dargli torto: lo ero a mia volta. Mi conosceva così bene?
Seguii le sue direttive con Shane che si fermava a prendere qualsiasi cosa che contenesse cioccolato o che fosse altamente calorico e tornai infine al mio tavolo. Mi costrinsi a ringraziarlo mentalmente, perché era tutto di mio gusto.
- Oggi è per caso la giornata in cui lo ignori? - domandò Shane, abbuffandosi di brioches.
- Più o meno. - ammisi.
- Lasciami indovinare: avete trombato, non ti è piaciuto e non sai come dirglielo. - ipotizzò Shane.
Scoppiai a ridere.
- No, non ti sei avvicinato minimamente.
Addentò un biscotto al cioccolato e tracannò mezzo bicchiere di latte prima di ritentare.
- Ha provato ad avvicinarsi alle tue mutande ma tu non sei pronta e ci sei rimasta male perché si è offeso.
Aggrottai la fronte.
- Non era offeso... - "anche se dovrebbe esserlo" aggiunsi mentalmente.
- Allora ci ho preso!
- No, Shane, non c'entra con il sesso. - lo sviai nuovamente.
Il ragazzo di fronte a me continuò a riflettere tra un morso e l'altro.
Quanto era spazioso il suo stomaco?
- Allora avete fatto male i preliminari. - disse, sicuro di aver azzeccato.
Scossi la testa.
- Perché devi pensare ai rapporti sessuali? Sei totalmente fuori strada. - spiegai.
Alzò le spalle.
- Almeno ho capito che il problema è lui.
Ero tentata di fargli notare che non ci sarebbe voluto molto per capirlo, ma tenni la mia acidità per me onde evitare di allontanare l'unica persona che stava tentando di farmi ridere lì dentro. L'unica con cui avrei passato volentieri il tempo, forse.
Da quando si era scusato, aveva allontanato quel timore viscerale che provavo in sua vicinanza prima e si era rivelato piuttosto simpatico ed amichevole. Apprezzai molto la sua tenacia nel mostrarmelo.
Subito dopo la colazione, era in programma la visita alla Cathédrale Notre-Dame e, siccome era necessario dividersi in due gruppi, afferrai il braccio di Shane e mi spostai nel gruppo in cui non c'era Jake. Quest'ultimo, come se fosse stato chiamato, si girò a cercarmi con lo sguardo e, quando mi vide, fece per raggiungermi, ma la guida di quel gruppo stava iniziando il giro e i suoi compagni lo trascinarono con sé.
Mi accorsi di aver trattenuto il respiro solo quando lo rilasciai tutto d'un colpo.
- Se posso dirtelo, ti stai comportando un po' da bambina. Devi risolvere il problema, non scappare. - mi fece notare Shane.
- Se tu sapessi qual è il problema, non mi metteresti pressione addosso. - rimbeccai.
Shane fece un sorrisetto arguto e mi toccò la punta del naso prima di rispondermi a tono.
- Se tu volessi dirmi qual è questo problema, non avrei niente in contrario. In fondo, te lo chiedo solo da quando hai aperto occhio.
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Per ora, non commento il personaggio di Shane: penso sia giusto lasciare che vi creiate un vostro giudizio su di lui man mano. Piuttosto, commentatemi Saint e Jake, sono curiosa!
Love you 🌹
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