Chapter 27 - Fright
A pranzo, Shane si sedette accanto a me e si guadagnò lo stupore delle mie amiche contemporaneamente alla stima dei ragazzi. Tutti i ragazzi, meno Jake.
- Senti, ma mangi qualcosa oltre a quelle verdure di merda? Come fai a stare in piedi? - irruppe Shane.
Alzai gli occhi su di lui, perplessa.
- Le verdure sono buone. Non sono molto caloriche, ma unite ai carboidrati danno un apporto energetico equilibrato e più che sufficiente a farmi svolgere tutte le attività della giornata.
Shane aggrottò la fronte. Probabilmente si era perso a metà della seconda frase che avevo detto.
- Ti davano i dizionari da ingoiare da bambina invece delle vitamine? Non si capisce un cazzo di quello che dici.
- Non mi sembra di utilizzare termini complessi... Semplicemente, li scelgo con cura per essere più precisa. - spiegai.
Roteò gli occhi.
- Sì, ma non ti capisce nessuno. - ribatté.
Lasciai cadere l'argomento e mangiai le verdure che avevo nel piatto con calma.
Shane, diversamente da tutte noi ragazze attente alla dieta, mangiava bistecca ai ferri con patatine fritte. Eravamo tutte attonite.
Il pranzo terminò e io mi accinsi a tornare in camera per far studiare Jake, ma Shane mi trattenne all'uscita della mensa.
- Ti va di venire in camera mia?
- Per quale motivo? - domandai a mia volta.
Vidi Jake passarci accanto e fermarsi poco oltre, voltato verso di noi e fumante di rabbia. Anche Shane se ne accorse e, probabilmente, questo lo spinse a mettermi una ciocca di capelli chiari dietro l'orecchio, creando così il pretesto per soffermarsi con le dita sulla mia guancia.
L'imbarazzo provocato dalla situazione mi fece arrossire notevolmente.
- Devi spiegarmi come fare quegli stupidi esercizi di matematica.
- Ti ho spiegato la regola, sta a te applicarla. In matematica devi provare e riprovare per trovare un metodo per riuscire. Ripaga l'impegno e la costanza, non la memoria delle formule. - gli dissi.
Le dita di Shane percorsero la mia guancia e si fermarono sotto il mento.
Se possibile, Jake ci guardò ancora più furioso di prima.
Sentivo i suoi occhi proiettare fuoco sulla mia pelle.
- Cosa ti costa farne qualcuno con me? Dài, poi ti lascio stare con quel coglione. - insistette.
Jake aveva ancora gli occhi incollati a noi.
Annuii.
- Prima, però, lasciami il tempo di dirgli una cosa.
Andai da lui.
- Cosa voleva il cazzone?
- Jake, smettila con le parolacce. Mi ha chiesto aiuto per matematica. Io... Vado ad aiutarlo un po' e poi torno in camera, così facciamo qualcosa insieme. Okay?
Percepivo la sua necessità di avere sicurezze nei miei confronti, ma non compresi per quale ragione si limitò a mormorare un "okay" in risposta e andarsene senza voltarsi più indietro.
Ebbi la sensazione che si stesse allontanando da me, non solo fisicamente.
Con la convinzione che avrei sistemato tutto più tardi, tornai da Shane e mi lasciai guidare verso la sua stanza, una camera al piano superiore al nostro ampia il doppio. Non era molto arredata né personalizzata, ma le pareti rosse mi davano quel minimo di calore che mi confortava un pochino.
Shane si sedette sul letto e mi guardò come se si aspettasse che lo facessi anch'io.
- Mettiamoci alla scrivania. - proposi.
Il moro mi rivolse un'espressione derisoria. Ero stata troppo ingenua a credere che mi volesse con sé per motivi didattici?
- Saint, Saint, cara, piccola, ingenua, dolce e bella Saint... Lo sai quanto me ne frega della matematica in questo momento? - disse, con un ghigno.
Retrocedetti verso la porta.
Non mi piaceva la maniera languida con cui stava osservando la mia figura.
- Scommetto che nessuno ha ancora esplorato le meraviglie che nascondi là sotto. - insinuò - Oh, certo, forse quell'idiota con cui stai in camera, ma... Qualcosa mi dice che non ha avuto il coraggio di curiosare. E tu sei così sostenuta! Pensi di tenere la miniera segreta fino al matrimonio, magari! Povera, piccola Saint. Che ne dici di riservare a me l'onore del tesoro nascosto?
Le sue parole mi fecero rabbrividire.
Da quando la stanza aveva assunto un'atmosfera fosca e greve?
Feci ancora qualche passo indietro e afferrai il pomello della porta, pregando di batterlo sul tempo.
Aprii la porta e mi fiondai in corridoio, mentre lui aveva fatto appena in tempo ad arrivare all'uscio.
- Torna qui, zoccoletta vestita da suora! Lo so che sotto la facciata da santa sei... - mi apostrofò.
Non ressi oltre: corsi giù per le scale e a perdifiato lungo il corridoio, finché non incappai in un forte torace maschile.
Incontrai gli occhi verdi di Harry.
- Ehi, ehi, che succede? Calmati. - mi accolse tra le sue braccia e mi accarezzò i capelli.
Ansimavo per la paura.
Che cosa mi sarebbe successo se fossi rimasta al piano superiore per qualche secondo ancora?
Che cosa avevo fatto di sbagliato per rischiare di cadere nella fossa?
Mi tranquillizzai grazie alla dolcezza di Harry.
- Ah, adesso ti butti tra le braccia di Harry? Che c'è, quel pallone gonfiato non ti bastava?
La voce pungente di Jake giunse alle mie orecchie e mi ferì.
Capii che era colpa delle mie buone intenzioni se ero finita in trappola ed era una fortuna che fossi riuscita a salvarmi.
- Non è il momento, Jake. - borbottai.
Dovette notare che avevo iniziato a lacrimare per addolcirsi un pochino.
Si avvicinò con cautela.
- Cos'è successo, Saint?
Nascosi il volto nella felpa di Harry e mi strinsi a lui, cercando di trovare le parole per spiegare quanto fosse stato semplice ed immediato trovarmi in una situazione tanto rischiosa, che mi aveva provocato una paura tremenda.
Suggerii di andare in camera per trovare il coraggio di parlarne.
Mi sedetti sul mio letto e non respinsi Jake quando aprì le braccia e mi tirò contro il suo petto. Spostai leggermente la testa per trovare l'incavo a forma del mio capo.
- Mi ha detto delle cose brutte e volgari per indurmi a...
La mia voce rimase a corto di volume e lasciai andare una lacrima giù per la guancia sinistra. Prima che cadesse dal mio viso, Jake la raccolse con il pollice.
- Voleva che io... Come dire... - ritentai.
- Aprissi le gambe? - suggerì Harry.
Annuii.
Jake mi strinse più forte a sé e posò un bacio sui miei capelli.
Forse non era bravo con le parole, ma apprezzai moltissimo i suoi gesti.
- Ho una voglia matta di fracassargli la mascella. Voglio riempirlo di botte. - si pronunciò, simulando un ringhio basso.
- Non permetteremo che ti ronzi intorno, campionessa. - confermò il riccio.
Sorrisi al nomignolo.
- Ecco, io ora devo andare perché stavo facendo delle cose, ma tu fai un fischio e io ci sono, okay? Ti lascio in buone mani. - si congedò.
- D'accordo, grazie Harry. - risposi.
Fece un cenno di saluto e uscì dalla stanza.
Rimase l'aria lieve all'interno delle quattro mura e mi sentii al sicuro cullata dalle braccia di Jake.
- Sei ancora arrabbiato? - domandai flebilmente.
- Con te? No, Saint, non posso essere veramente arrabbiato con te. Ce l'ho a morte con lui, però. Quello stronzo non si deve permettere di toccarti. Voglio farlo a pezzi. - rispose.
Confrontai le loro corporature nella mente: Jake era leggermente più basso, ma più agile di Shane, il quale aveva i muscoli all'apparenza più possenti. Se la battevano pressoché alla pari.
- Ho paura che ti succeda qualcosa, se lo aggredisci. - esternai il mio timore.
Jake mi guardò negli occhi, con le fiamme che ardevano feroci nella sua anima.
Se fossi stata in Shane (e non avrei voluto per nessuna ragione al mondo), mi sarei sentita terrorizzata.
Un angolino della mia mente ricordò che era passata appena una settimana da quando avevo varcato la soglia dell'Istituto e quei soli sette giorni erano bastati per stravolgere la mia vita fino a quel punto. Che ne sarebbe stato di me nelle nove settimane restanti?
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Quello di cui Saint è stata vittima in questo capitolo è attentate molestie sessuali. Lei, per fortuna, è riuscita a scappare, ma spero che un vostro piccolo pensiero voli a donne che non ci sono riuscite.
Love you 🌹
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