Parte 21 ~ L'ombra del dubbio
L'essenza alle rose riempiva la stanza da bagno. Eros ne aveva versate poche gocce nell'acqua calda della vasca di marmo e l'effluvio si era diffuso nell'ambiente attraverso il vapore acqueo. Una dolce melodia d'arpa risuonava nell'aria. Tutto era pronto per accogliere Psiche di ritorno dal suo viaggio.
Eros versò dell'ambrosia in un calice e lo posò sul tavolino arricchito di screziature dorate. Di rilassarsi aveva bisogno anche lui dopo l'ennesima discussione con sua madre su come gestire le terre sotto il suo controllo. Impoverire terre e uomini era l'occupazione preferita di Ares, suo padre, ma tutto questo doveva finire. E così in quei giorni aveva affrontato entrambi, ma per tutta risposta Afrodite lo aveva pungolato sulla natura umana, curiosa e inaffidabile del suo amante. Si ostinava a chiamarlo così, amante, nonostante Eros le avesse ripetuto che era per lui uno sposo.
Si affacciò alla finestra. Vide Psiche scendere da cavallo e avvicinarsi all'ingresso. Il cuore gli palpitò nel petto. Erano stati tre giorni lunghi e tristi senza l'uomo che amava al suo fianco.
Quando la porta del bagno si aprì Eros gli corse incontro. Psiche indossava ancora il morbido mantello che nascondeva le sue grazie, e odorava di terra, polvere e un po' di umidità, segno che ad Olimpia doveva aver incontrato un tempo inclemente. Gli scostò delicatamente il cappuccio e fece scivolare via il mantello. «Sei stanco». Prese le sue labbra e Psiche, malleabile come argilla, si offrì al suo bacio. «Cosa hanno detto? Se ti hanno fatto ancora del male io...»
«No». Psiche posò un dito indice sulla sua bocca. «Mi hanno trattato bene, ma hanno dei problemi alla fattoria. Non posso rimanere con le mani in mano».
«Li aiuterò io», il dio si offrì.
Psiche spalancò gli occhi azzurri. «Lo faresti davvero?»
«Per te sì lo farei. Non voglio che continuino a farti sentire in colpa e a riempirti la testa di stupidaggini», Eros disse, ma non si accorse che le ultime parole avevano spento il sorriso di Psiche.
«Loro non credono al nostro amore». Al tuo amore, Psiche avrebbe voluto dire, ma si morse la lingua. Era stanco e adesso Eros lo stava spogliando, liberandolo di ogni indumento che impedisse la loro unione. Per godere del tuo corpo, le parole di suo fratello gli tornarono in mente. Le scacciò.
Eros fece scivolare via la propria tunica e rimase nudo davanti a lui. Il suo corpo perfetto, cesellato da una forza divina, lo stordì di desiderio. Era incapace di ragionare con Eros al suo fianco, incapace di difendersi.
«La tua famiglia non ha mai creduto a una sola parola che sia uscita dalla tua bocca, perché dovrebbe cominciare adesso?»
«Non sono malvagi come credi, hanno solo molti problemi». Non sapeva neanche lui perché li stesse difendendo.
Eros lo afferrò per il polso. «Cosa ti hanno detto?» Gli umani potevano essere infidi e invidiosi, e la famiglia di Psiche in modo particolare. Non avrebbe permesso alle loro malelingue di rovinare la sua relazione. Non era abbastanza scontrarsi con sua madre e tutto l'Olimpo?
Psiche si morse le labbra. «Nulla».
«Non andrai a trovarli più», Eros decretò. Vide le labbra del giovane tremare, il suo volto diafano impallidire.
«Sono la mia famiglia».
«Ti sono bastati tre giorni con loro per guardarmi con sospetto».
Psiche provò a liberarsi, ma lui strinse la presa.
«Non è vero. In ogni caso questo non ti giustifica a tenermi prigioniero».
Eros lasciò di colpo il suo polso. «Se questa fosse una prigione lo sarebbe solo per il tuo bene».
Psiche appoggiò una mano al muro, sentì la testa girare, una vertigine impadronirsi di lui. Ferire Eros, il dio che amava, era l'ultima cosa che voleva, ma non poteva evitare di pensare a quanto gli era stato detto, ai suoi dubbi.
«Cosa succede?»
«Sono solo stanco».
Eros gli si avvicinò e di nuovo Psiche venne inondato dal suo profumo che lo privava di ogni forza di volontà. Il dio lo prese per mano, bagnò le sue dita nel calice di ambrosia e le passò sulle labbra del giovane.
Psiche sentì i sensi accendersi, stimolati dal liquido divino. Era in potere del dio, dimenticò le parole della sua famiglia mentre Eros lo conduceva nell'acqua calda e profumata. Il liquido rilassò i suoi muscoli, liberò la sua mente. Si appoggiò con la schiena contro il corpo di Eros, mentre le mani del dio scivolavano aiutate dal sapone sulla sua pelle, senza trovare ostacoli o resistenze. Psiche voltò istintivamente le labbra verso di lui, lasciò che il dio le stuzzicasse prima di affondare la lingua nella sua bocca. Poi le mani di Eros scesero lungo il suo membro, già pulsante sotto l'influsso de tocchi divini. Psiche si girò in modo da cambiare posizione e trovarsi di fronte all'altro. Non aveva bisogno di essere preparato. Il desiderio accendeva ogni centimetro della sua pelle e lui voleva solo ricongiungersi a chi gli aveva donato per la prima volta nella sua vita la felicità. Affondò sul membro di Eros strappando al dio gemiti di piacere e non curandosi di trattenere i propri. Le mani di Eros risalirono lungo la sua schiena, i riccioli dorati appena bagnati cadevano scompigliati sulla fronte, sulla maschera di velluto. Psiche pensò che nessuno mai aveva visto il dio dell'amore in quel modo, le labbra a cuore aperte, la testa reclinata all'indietro, e poterne conservare memoria. Portò le mani sulle sue spalle e cominciò a muoversi con un ritmo sempre più intenso. L'acqua che accarezzava i loro corpi e l'ambrosia che si erano scambiati sulle labbra intensificavano il piacere di entrambi. Un affondo più forte fece traboccare l'acqua fuori dalla vasca, Eros spinse il bacino in avanti e Psiche accolse tutta la sua lunghezza dentro di sé, ma già le mani di Eros stringevano il suo bacino, cercando di allontanarlo, di non spingere per l'ultima volta dentro di lui. Incrociò lo sguardo ferito di Psiche, ma prima di cedere al piacere riuscì a sollevarlo e sfilare via il suo membro. Non era sicuro di averlo fatto in tempo, il volto estasiato di Psiche gli suggeriva che aveva fallito, almeno in parte. Non era la prima volta che, troppo preso dal corpo e dal cuore dell'altro non riusciva a controllarsi,e Psiche sembrava provasse piacere a impedirglielo, come se potessero essere uniti davvero fino a quando l'ultima goccia di piacere non gli fosse entrata dentro. Ma lui non poteva permettersi di concepire un bambino, non prima di aver assicurato a Psiche totale protezione dagli dei dell'Olimpo. Dopo magari... il pensiero di un bambino concepito dal loro amore gli fece affiorare un sorriso sulle labbra. Strinse Psiche a sé e aspettò che il loro cuore tornasse a battere normalmente. Lo vide chiudere gli occhi, lo credeva ormai addormentato, provato dal viaggio e dal loro amplesso. Allora lo sollevò, prendendolo tra le braccia. Non gli importava che il pavimento di marmo si bagnasse. Lo portò fino alla loro stanza, quella nell'ala occidentale del castello. Era stanco di indossare la maschera per quel giorno.
Adagiò il corpo del suo amante sulle lenzuola di raso. Ricordò cos'era accaduto in quella stanza l'ultima volta che ci erano stati insieme: i raffinati giochi di piacere che aveva insegnato al giovane, la seta che aveva stretto attorno ai suoi polsi per soggiogarlo, mentre Psiche lo implorava compiacente di continuare, mentre voleva di più, eccitato dal modo in cui il suo corpo era in balia di Eros.
Con un telo morbido lo asciugò. Nella penombra distingueva ogni suo muscolo, ogni piega della sua pelle. La luce della luna piena non arrivava nella stanza, schermata da un'unica tenda composta da veli di seta. Posò la testa sul cuscino e si abbandonò al sonno ristoratore. Sperava che Psiche non volesse più vedere la sua famiglia, temeva che avrebbe portato soltanto guai.
Psiche aprì gli occhi, aveva dormito per poco tempo, dopo l'amore, quando era rimasto nella vasca. Nel momento in cui Eros lo aveva deposto sul letto soffice si era svegliato, ma aveva finto di dormire e aveva aspettato che l'altro lo asciugasse, trattando con delicatezza ogni parte del suo corpo ancora sfatto dall'orgasmo provato. Sollevò appena il capo, Eros dormiva nella stanza buia. Sentì ancora su di sé le sue mani, i baci appassionati e dolci come ambrosia, rivide i suoi occhi smeraldo nel momento in cui venivano travolti dall'estasi, ma presto la gioia si offuscò. Anche quella sera Eros lo aveva scostato un attimo prima di venire, come se non volesse mai farlo nel suo corpo. Psiche era rimasto ferito dal suo gesto, come sempre. Solo una volta era riuscito ad accogliere pienamente il liquido caldo di Eros e il dio non ne era sembrato contento. Due sposi non si sarebbero dovuti allontanare in quel modo, in quel momento. Trattato come una concubina, le parola usate da suo fratello tornarono a martellargli la testa. Psiche allungò le dita sul volto di Eros, ne toccò la pelle nuda e finalmente libera dalla maschera. Pelle liscia, calda, profumata. Potrebbe non essere il dio dell'amore, ancora le parole di suo fratello tornarono a straziare il suo cuore. Il modo in cui nella stanza da bagno Eros gli aveva preso il polso e gli aveva intimato di non vedere più la sua famiglia gli diede un senso di nausea. Chi era davvero Eros? Il dio dell'amore generoso che lo aveva salvato da un destino crudele o un dio che nascondeva sotto la maschera di velluto e le delizie una natura malvagia?
Psiche ritirò la mano dal suo volto, d'improvviso timoroso di sentire sotto le dita tratti che gli ricordassero l'aspetto di un dio crudele.
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