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•|Odi et amo*|• 19

Faccio scivolare le dita gelide lungo il vetro della capsula dove riposi, mio adorato fratello, picchietto nervosamente quella rigida superficie trasparente mordendomi ossessivamente il labbro inferiore: «Non preoccuparti fratello, sono sicuro che riuscirò a trovare un modo per svegliarti» sussurro appoggiando la fronte contro il dispositivo medico, sospiro irritato dai lamenti degli ultimi esemplari di alpha e omega completi, i quali emettono gli ultimi ansimi prima di discendere verso la tiepida morte, sono inutili, ho spezzato i loro legami, ucciso il loro compagno e nessuno, non importa quanto io abbia tentato, è riuscito a sopravvivere al processo, ah maledizione, se continuo in questo modo non riuscirò mai a farti destare. Forse il problema è che non ho provato con alpha e omega divini, certo, ridacchio, potrei sfruttare la gravidanza di nostra sorella per riportarti fra noi, vengo distratto da dei lenti passi strascinati, trovandomi dinnanzi proprio colei alla quale ho rivolto i miei ultimi pensieri, si liscia i capelli nervosamente, pare non avere il coraggio di posare lo sguardo sul tuo pallido viso dormiente, ancora in stato comatoso da quando t'ho fatto credere d'aver ucciso la tua impura compagna, già, se non fosse stato per la sua esistenza ora staresti bene. «Sai Hikari, so che hai dato alla luce due gemelle, perché non sacrificarne una per il bene del fratellone?» chiedo alzandomi in piedi velocemente, lei senza neppure guardarmi usa la sua unicità e fa uno scatto indietro molto veloce, scopre le zanne e ringhia pericolosamente, minacciandomi di morte se avessi tentato di toccare i suoi cuccioli, io tento ancora una volta di convincerla ma finisco contro il pavimento, stupido istinto materno, ringhio in risposta, sputando un grumo di sangue mentre mi rigiro contro il suolo polveroso di quel dannato edificio abbandonato, lei sospira pizzicandosi il ponte del naso, balbetta qualche cosa che non riesco ad udire, poi il tuo nome ed infine dice: «Non ha senso tentare di usare un cucciolo che lui non riconoscerà» «Non puoi saperlo, brutta egoista, i nostri odori sono-» sospira scuotendo il capo: «Siamo fratelli, esatto, conosce bene i nostri aromi e dubito che gliene importerà qualche cosa se ci sono dei neonati vicino a lui, a meno che non possa sentire in qualche modo una traccia dell'odore della sua compagna» mi da fastidio ripensare a quella donna, stringo i pugni tanto da far entrare i miei artigli nella carne, non importa ora del sangue che sta cadendo al suolo, riesco a ricompormi solo quanto le sento dire: «Ascolta, magari possiamo provare con suo figlio... in verità ecco lui è un alpha davvero potente e ha ingravidato un omega-» la interrompo con una grassa risata che non riesco a trattenere, ha ragione, sì, è perfetto. Le do le spalle prendendo nuovamente ad accarezzare il vetro che separa i miei polpastrelli dalla tua gelida carne, la quale a stento sopravvive grazie alla tecnologia che ti rifornisce di quanto il tuo corpo necessita: «Oh ma è perfetto, se non posso usare il suo cucciolo perché è diventato un alpha divino troppo difficile da tenere a bada, posso sfruttare il suo omega gravido, ah che meraviglia, il fatto che il suo compagno sia in dolce attesa significa che la mascolanza dei loro odori avrà un accento più infantile e le probabilità che si scateni l'istinto protettivo di nostro fratello sono davvero alte...» un sospiro sollevato fuoriesce dalle labbra di Hikari.

«Lo sai che Hisashi s'è ridotto in questa maniera solo perché tu gli hai fatto credere d'aver tolto di mezzo la sua amata compagna, non capisco davvero perché non abbia permesso ad Inko di rimanere al suo fianco, non sarebbe stato più facile?» sento un'ondata di rabbia pervadermi, non riesco proprio a controllarmi nel digrignare i denti e sferrare un poderoso pugno contro il muro, poco distante da te, che esanime ignori quanto ti accade attorno, ma presto, molto presto tornerai a poter guardare questo infame mondo, al pensiero di poter sentire la tua voce mi rilasso un poco, assicurandomi di non aver inavertitamente  arrecato alcun danno all'attrezzatura medica, poi punto lo sguardo sul monitor che segnala la debole presenza del tuo battito cardiaco, bene, non c'è nulla che non vada.
Sospiro e mi volto verso la mia gemella, tiro qualche ciocca dei miei capelli verdi alla ricerca di quella stabilità necessaria per evitare pericolosi incidenti mentre spiego: «Certo che no, vedi sorella, gli omega non divini plagiano le menti degli alpha divini. Non potevo permettere che quell'inutile donna mi portasse via il mio fratellone, come per altro aveva già fatto. Già, quello che è successo è solo colpa sua!» esclamo convinto «Raito, smettila di fare così. Sono sempre dalla tua parte, cerco di proteggerti ma non riesco a sopportare la maniera nella quale continui a scivolare lontano dalla realtà dei fatti... sei stato tu a ridurre in questo stato il fratellone» «Zitta! Non è vero! te l'ho detto, è sempre colpa di quei fottuti omega che non sanno stare al loro posto e mirano ai compagni degli altri» sbatto i piedi a terra, poi mi piego su me stesso, non voglio ascoltare quello che dice, sono certo che sia stata plagiata anche lei dalla società popolata da quelle immonde creature, se non fosse per loro sarebbe tutto perfetto, tu staresti bene e anche lui...

Ringhio aggressivamente, non ho bisogno di pensare ancora al mio compagno che mi ha abbandonato per qualche insulso essere, l'ho cercato per anni ed anni, alla fine sono stato costretto ad arrendermi poiché non ho trovato alcuna sua traccia, niente di niente, come se la sua esistenza non fosse stata nulla di più che un tremolante miraggio o un terribile incubo, atto a dilaniare i pezzi ormai corrosi del mio animo. In qualche modo mi riprendo dalla mia crisi emotiva, a fatica riesco a tonare dritto sulle mie gambe, mi guardo attorno senza riuscire a scorgere Hikari, ridacchio, probabilmente mi ha percepito come una minaccia ed è corsa dalle sue bambine per fare in modo di tenerle nascoste, povera sciocca, non riuscirà a scappare dal mio occhio attento per sempre, sono certo che prima o poi sarò capace di scoprire l'identità del suo compagno e dove è locato il nascondiglio che ora le fa da casa. Mi spolvero i vestiti e seppur con una certa esitazione, mi allontano da quella stanza, dirigendomi all'esterno, cammino per una buona mezzora completamente assorbito dalla natura gioviale che pulula di vita prima di fermarmi al fiume più vicino. Mi spoglio dei miei abiti e mi concedo una tranquilla nuotata, liberando la mente da ogni pensiero, ho ancora tempo per mettere appunto il piano perfetto, cercare tutte le informazioni di cui ho bisogno riguardo il compagno di tuo figlio, la loro ubicazione, i loro quirk e tenterò di creare delle situazioni che possano separarli, oh non ho nulla che possa angustiarmi giacché sono più che certo della riuscita delle mie future azioni, se ce l'ho fatta in passato con te che mi conosci bene, posso facilmente cavarmela con tuo figlio che non ha la minima idea di come io sia fatto, che sia di aspetto fisico di carattere.

Quando comincia ad imbrunire mi decido ad uscire, stendendomi contro l'erba ancora calda, rabbrividisco leggermente avvertendo la mia muscolatura tendersi come una corda di violino, osservo il mio fisico alto e ben piazzato, mascolino e robusto, ben lontano dalla normale apparenza degli omega comuni ed inarco leggermente le labbra pensando che non ho quelle debolezze tipiche del mio secondo sesso, non sono fragile come cristallo, non è forse un vantaggio nella strategica partita che sto per giocare?

Chiudo gli occhi per godermi l'euforia del momento, distante dalla frustrazione o dalla preoccupazione costante che mi seguono come parassiti durante il resto del mio tempo, riposo gli occhi provati dalla mancanza di sonno, sfioro il gonfiore sotto di essi constatando che sia migliorato grazie al freddo liquido nel quale ero immerso, poi come un fulmine a ciel sereno mi sembra d'udire una familiare voce gentile espandersi attorno a me: «Raito, perché vuoi compiere ancora una volta delle azioni tanto crudeli?» la sensazione piacevole delle sue mani che mi sfiorano mi fa tremare, avverto le lacrime pronte ad abbandonare i miei occhi color malva, indeciso se spalancare le palpebre o meno, mi mordo il labbro inferiore e decido di guardare il mondo, estasiato, completamente rapito dall'uomo che si trova seduto accanto a me. Riconosco la capigliatura argentea che risplende sotto i raggi della timida luna, due grandi occhi della mia stessa tonalità brillare nel silenzio della sera, testimoni dell'appartenenza alla tribù di mio padre, loro due soli rimasero nel loro paese e spaventati si ritrovarono in Giappone. E qelle mani gradi e attente nel correre lungo le mie guance macchiate di lentiggini le riconoscerei fra milioni, so che possono appartenere solo a lui, Tanmei, che mi fissa serio e un'incommensurabile tristezza dipinta in viso, sospiro con il cuore che ancora scalpita nel mio petto, mi hai abbandonato e ancora ti amo, qual'è il mio problema? «Me lo chiedi anche, Tanmei?» l'uomo abbassa il capo scuotendolo, deluso dalla mia risposta, vuole che cambi idea forse, ma questo non può accadere, ho bisogno di rivolgere la mia vendetta verso qualcuno e chi se non quei disgustosi fallimenti genetici che popolano la nostra società? «Non puoi farlo, questa volta non potrai essere protetto, nemmeno Hikari potrà fare qualcosa per te» un sorriso triste si posa sulle sue labbra piene, poco prima che lasci un bacio dolce sulla mia fronte, non riesco a trattenere le fusa, dovrei odiarlo ma non mi è permesso, ogni cellula del mio corpo brama il suo tocco, il suo aroma floreale e la sensazione delle nostre pelli congiunte; lui mi asciuga con i pollici lacrime che non sono cosciente di star riversando, non fino a quando non me lo fa notare, ah quanto fa male essere rifiutati dal proprio compagno destinato.

"Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior."

«Tanmei, di cosa stai parlando?» domando accigliato, non mi risponderà, lo so che non può farlo perché non è qui: «Non importa, il tuo nome significa vita breve, ricordo ancora quando me lo dicesti, era una sera come questa, eravamo stesi a guardare le stelle, il cielo era limpido con un uno spicchio di luna che svettava nel nero della tarda ora. Ti presi in giro poiché ero convinto del fatto che i miei genitori avessero avuto più buon gusto di te, in fatti il mio nome significa luce e fa riferimento al mio essere omega» si avvicina di più a me sfiorando il mio naso con il suo: «Ti riferivi alla durata della nostra promessa di rimanere insieme?» scuote la testa: «Oh Raito, certo che no, quella notte non dimenticarla perché credo che sia giunto il momento per te di affrontare la realtà delle cose. Spero che potrai perdonarmi, ho sbagliato nel fare la mia scelta e questo ti ha rovinato...» ora è lui quello che dona vita a piccole gemme acquose, avverto le sue braccia stringermi in una salda stretta: «Mi dispiace davvero, non volevo che mi raggiungessi, non importa, ti aspetterò...» un singhiozzo rimane strozzato fra i miei denti stretti fra loro, no, non posso perdermi nel riflesso di lui che la mia mente ha creato, che gli ultimi brandelli della mia coscienza abbiano deciso di giocarmi un brutto scherzo, giusto perché non sto già soffrendo abbastanza? Quando apro nuovamente gli occhi sono solo, circondato da un freddo terrificante che pare fendere la mia pelle d'avorio, penetrando fino alle mie ossa salde, mi stringo a me stesso, lo so che lui non era qui per me, eppure anche se ne sono perfettamente cosciente non riesco a trattenere le urla dolorose, mi manca così tanto che il mio cuore duole, annaspo alla ricerca d'aria e mi trascino a terra, sto cercando di riacquistrare il controllo della mia respirazione, fortunatamente riesco ad evitare il peggioramento dell'attacco di panico che m'ha colto impreparato, solo che ora mi gira la testa e sono stanco, troppo stanco per pensare di tornare a quella topaia che mi fa da casa, ah dannazione, non importa dormirò qui.

Non riesco ancora a capire come sia possibile che la mia percezione, poco fa, mi abbia ingannato a tal punto da far sembrare che lui fosse davvero al mio fianco, quelle sensazioni le ho sentite tanto reali da temere che anche gli ultimi bagliori di ragionevolezza stiano abbandonando la mia testa malata, ripercorro quel confortante tempo appena fuggito via dalle mie dita ancora tremanti, le parole che mi ha rivolto erano strane, troppo enigmatiche per essere solo il fantasioso frutto della mia immaginazione, ora sono inquieto e teso: chi abbia sottovalutato troppo la situazione, che ci sia ancora qualcosa che mi sfugge? Scuoto il capo dandomi qualche schiaffo contro le guance, è impossibile che mi sia perso qualcosa degli avvenimenti di sedici anni fa, quanto è successo prima è stata solo una proiezione probabilmente creata dal mio secondo sesso per sopravvivere alla mancanza del mio compagno, già, deve essere così, non ho alcun motivo per rifletterci troppo, devo assolutamente dimenticarmi di queste vicende, anche se dubito d'esserne capace, sono ancora troppo legato a lui, perché i miei sentimenti sono di quel tipo che arrivano una sola volta nella vita e lo fanno per rimanere vivi sino all'ultimo respiro di chi li prova.

«Maledetto destino, maledetti omega imperfetti, voglio vedere tutto bruciare fra le mie mani. Devo solo trovare il modo di far sopravvivere tutti gli alpha divini che hanno un legame con questi omega e poi distruggere tutto il resto della popolazione, beta, omega e alpha comuni o completi. Creerò il mondo ideale, perfetto dove nessuno dovrà vivere una vita simile alla mia» rido ancora, con una ragione tanto nobile non posso permettermi di fallire, mi lecco le zanne sporgenti distendendomi contro il terreno erboso, rilasso il mio corpo flessuoso con un respiro di sollievo, tento di mettermi a sedere e nel farlo, a causa del dolore e i giramenti di testa, comprendo che sia il massimo sforzo che le mie membra mi concederanno per quest'oggi.

Mi arrendo alla protesta dei miei arti ancora scossi da lievi spasmi incontrollati, afferro faticosamente i vestiti che prima m'ero tolto, poi m'abbandono contro il tronco rugoso di uno degli alberi del bosco conscio del fatto che Morfeo mi ripudierà ancora una volta, sbuffo iracondo all'idea che persino un'immaginaria divinità si rifiuta di porgermi la mano, non volendo essere indulgente verso di me che ho già perso quasi tutto, stroncato nella mente, nel fisico e nel cuore, sorrido in maniera acida nel essere pronto a conficcare i denti e gli artigli nella realtà che tanto mi tormenta, porterò via ad altri le pene che solo io posso comprendere e altri mi ringrazieranno per questo.

Mi rilasso con un sorriso compiaciuto in viso, lo so che si suol dire che non bisogna mai pregustare una vincita prima di essersi assicurati la vittoria, tuttavia caro fratello, non riesco a scorgere dinnanzi a me nulla di pericoloso che possa intralciare la mia marcia, spero solo di non dover impiegare troppo tempo nel preparare ogni cosa, sai, sono passati più di sedici anni da quando sei crollato in questo stato di profondo coma, non ricordo più il suono confortante della tua voce profonda e rassicurante, mi pare un miraggio lontano quel tempo lieto e allegro nel quale eravamo una famiglia unita, quella donna ti ha rovinato, non hai mai compreso il male che ti faceva, la succube maniera nella quale ha manipolato il tuo pensiero, portandoti persino a rivoltarti contro di me, sangue del tuo sangue e se io, per poterti risvegliare e godere della tua compagnia dovrò abbassarmi a deplorevoli mezzi, come il confonderti, spingendoti alla veglia tramite i tuoi nipoti, lo farò. Oh so che non avresti mai approvato, ma ha più importanza quando non sei padrone di te stesso? Certo che no e poi, non dovrai mai sapere quello che farò, o del sangue  che macchierà le mie dita pallide e se l'omega di tuo figlio provasse ad infilare il naso nei miei affari, beh, sono certo di sapere come rimetterlo al suo posto, almeno fino a quando i cuccioli saranno grandi abbastanza da poter vivere anche senza le cure, l'odore e la presenza della madre, a quel punto quello che mi resterà da fare sarà cancellare la sua esistenza dal mondo. Però ti prometto che farò del mio meglio per evitare al sangue del tuo sangue la peggiore delle sorti, dopotutto sono a conoscenza della sua natura, mi basterà creare la giusta condizione per provare a dialogarci e chissà, magari il desio di conoscerti lo pervaderà, spingendolo a credere a qualsiasi cosa possa uscire da queste mie labbra, che lo metteranno a conoscenza della vera natura della donna che ha lui donato la vita, così avrai fra le tue braccia il tuo amato cucciolo.

Sono questi lieti pensieri quelli che si liberano leggiadri nella mia mente, accompagnando con dolci sussurri gli ultimi processi attivi della mia coscienza che sprofonda nella calma piatta del sogno.

Note: *odi et amo: odio e amo, perché io lo faccia non lo so, ma accade e mi tormento.  Si tratta di uno dei componimenti di Catullo, sottolinea in queste poche righe il suo dissidio interiore, causatogli dalla donna amata, la ama ma allo stesso tempo la detesta poiché ella è stata cagione di grande doloro per il poeta, una situazione simile a quella di Raito, motivo per il quale ho creduto che calzasse perfettamente le righe di questo capitolo, che vede come protagonista il vero antagonista di questa storia, sebbene come abbiamo visto non è solo carnefice ma vittima degli eventi.

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