13
Quando mi sveglio, il braccio di Drake mi stringe a sé. Ieri dopo quell'orribile sogno abbiamo chiacchierato e riso molto. E' proprio come immaginavo:
è un bravo ragazzo... Ma perché non fa vedere alle persone il buono che c'è in lui?
A pensarci non mi ha mai raccontato niente. Praticamente non so niente di lui. Né della sua famiglia, né di cosa gli piace. Niente.
Sposto il suo braccio delicatamente, spero di non svegliarlo.
<< Buongiorno. >> Come non detto!
Mi volto di scatto e gli rivolgo un sorriso, << Ciao... >> Rimaniamo in silenzio per un po', << Volevo ringraziarti per quello che hai fatto... >> Posa l'indice sulle mie labbra, << Ho detto che non devi ringraziarmi. >> Gli sposto la mano, e scuoto la testa, << No, per favore fammi finire... Voglio ringraziarti per quello che hai fatto per me. Mi sei stato accanto senza che io te l'abbia chiesto, e questo ti fa onore. Davvero. >> Presta molta attenzione a quello che dico, mi fissa le labbra, e gli prendo il viso tra le mani.
<< Drake... Tu sei migliore di quello che vuoi far credere... >> Diventa paonazzo, s'irrigidisce.
Prende i miei polsi e si toglie le mie mani di dosso.
<< Io se sono venuto qui non era per... >> Tossisce. << Il mio intento era di portarti a letto, bella. Non credere... >> Dice in tono brusco e mi rivolge un ghigno.
Che? Non ci credo. Ho visto com'era preoccupato per me ieri sera, e quando mi ha stretto forte quando ho fatto quel brutto sogno.
Faccio una risata nervosa, << Non ti credo. >> Sbuffa, si acciglia.
Si avvia verso la porta, e prima di uscire dalla mia camera dice: << Sei libera di credere quello che vuoi. >>
Per tutto il tempo non ho fatto altro che pensare a Drake.
Deve essergli capitato qualcosa di veramente brutto, per farlo
comportare in questo modo. A un tratto mi viene in mente Brandon, il mio ragazzo. Se posso chiamarlo così. Devo sentirlo, devo chiedergli cosa ci faceva ieri con quella ragazza... Ysabel.
In cucina prendo il telefono e digito il numero di casa sua. Devo procurarmi un cellulare. Forse adesso che inizierò a lavorare...
Oh, no! Mi sono completamente dimenticata! Devo andare al mio primo giorno di lavoro e non sono per niente pronta. Guardo l'orario, sono le 7:50. In meno di dieci minuti devo essere pronta, o non riuscirò ad arrivare in tempo!
Arrivo con solo cinque minuti di ritardo, per fortuna il negozio non è molto distante da casa mia.
Ho l'affanno; ho corso come una pazza per strada. Mentre correvo come una furia, ho urtato anche una signora, mi sono dovuta fermare e aiutarla a raccogliere le buste della spesa che le sono cadute a causa mia.
Ma dico io! Alle otto di mattina andate a fare la spesa!?
<< Signorina. E' in ritardo di cinque minuti. >> Dice portandosi le braccia al petto e battendo un piede a terra.
Il mio sguardo cade sul suo piede, e mi mette ansia. Quello non è un buon segno. Significa che si è arrabbiata e rischio di perdere l'opportunità che mi ha dato. E non posso proprio permettermelo.
Abbasso la testa e le chiedo scusa, dico che non capiterà mai più.
Mi guarda con l'aria da superiore e sospira, << Va bene. Ma che sia la prima e ultima volta. Coraggio prendi posto, che adesso ti spiego come funziona... >> Faccio come dice.
Dopo avermi spiegato come funziona la cassa; attendo che qualcuno entri e compri qualcosa per mettere in pratica quello che ho imparato.
Naturalmente ho scritto i passaggi su un foglietto, perché non posso ricordare tutto la prima volta; ma con il tempo imparerò.
Finalmente entra una cliente... No! Ysabel. Ed è con... Brandon. Cosa ci fa qui con lui?
Bene. Ancora non sa che sono riuscita a trovare un lavoro, ma presto lo
saprà. << Buongiorno ragazzi... >> Guardo Ysabel sorridendo, e poi guardo Brandon, con durezza.
Sorpresa Ysabel mi saluta, io fingo un sorriso, e le dico che sono felice di rivederla. Guardo di nuovo Brandon, che non parla. Perché non dice niente?
<< Cosa ci fai qui Emily? Anche tu acquisti? >>
Scuoto la testa e dico: << No. Veramente ci lavoro. Oggi è il mio primo giorno... >> Dico soddisfatta.
Brandon mi si para davanti, << Cosa? Tu... Tu lavori qui? Perché non me lo hai detto? >>
<< Perché eri troppo impegnato a passare le giornate con lei. >> Dico indicando Ysabel.
Rimane in silenzio. Sa di avere torto.
Non può pregarmi di perdonarlo e di tornare insieme, per poi evitarmi.
Non sono un giocattolo che butti quando non ti piace più. Ho anche io dei sentimenti...
Mi volto e torno al mio posto di lavoro, la signora... Ancora non so il suo nome... Mi guarda sospettosa.
Si avvicina e mi posa una mano sulla spalla e vedendomi turbata dice:
<< Va tutto bene? >>
Annuisco. Sento che sto per piangere, ma mi trattengo.
Quei due se ne vanno; Ysabel ha comprato: un vestito, una T-shirt e due pantaloncini di jeans.
Appena li vedo allontanarsi, mi sento esplodere. Corro dietro il deposito e scoppio a piangere.
<< Sei sicura che va tutto bene? >> Si avvicina e mi tira su il mento per guardarmi, e quando vede che sto piangendo, mi asciuga le lacrime e mi porge un fazzoletto.
<< No! No va niente bene. Mio padre è morto quattro giorni fa, mia madre non vuole uscire di casa, e deve trovarsi un lavoro per mantenersi. Il mio ragazzo mi maltratta, mi chiede perdono dicendo che ha bisogno di me, ma poi lo trovo sempre in compagnia di quella lì. Volevo passare un'estate fantastica con i miei amici prima che partissi per il College, e invece sono qui per aiutare mia madre... Drake mi confonde. Prima mi tratta in modo adorabile. Mi abbraccia e mi accarezza, e io sto così bene quando lo fa, ma poi all'improvviso diventa di nuovo odioso. Non riesco a capirlo. E io sono stufa. Stufa. E' qui da quasi un mese, e non ha fatto altro che complicarmi la vita. Quindi, no non va bene. Va male. >> Piango a dirotto. Tenevo tutto dentro ormai da un bel po', e faceva male, ma ora mi sento un po' meglio. L'unica cosa di cui sono davvero pentita, è di essermi sfogata con la mia superiore. Cosa penserà di me adesso?
Invece mi abbraccia, << Povera piccola. Mi dispiace che tu abbia sofferto così tanto. Ma tutto passerà. Questo dolore che senti non durerà per sempre. Tua madre riuscirà a riprendersi, devi solo darle tempo. >>
Mi asciuga le lacrime e io tiro su con il naso sforzandomi di sorridere.
<< Ti va di pranzare con me? >> Annuisco con un cenno del capo.
Mi porge la mano e dice: << Perdonami, non mi sono presentata. Sono Vanessa. Vanessa Fletcher. >>
Le stringo la mano, << Emily Evans. >> A un tratto sono timida.
Chiudiamo il negozio dieci minuti prima, e andiamo a pranzare in una pizzeria. Ci sediamo a un tavolo, e un cameriere si avvicina per prendere le ordinazioni.
La signora Fletcher prende un calzone con prosciutto, mozzarella e pomodori. Io la mia pizza preferita: la margherita.
Dopo aver preso l'ordinazione, il cameriere si allontana dal nostro tavolo.
La signora Vanessa mi guarda. Spera forse che continui con il mio sfogo?
Ehm... No, grazie. Non voglio dare spettacolo anche qui, sarebbe troppo imbarazzante.
Non so cosa dire.
<< Allora, signora Vanessa... E' da molto che ha in gestione il negozio? >>
E' la prima cosa che mi è venuta in mente. Dobbiamo fare conversazione, no?
<< Prima cosa. Dammi del tu. Mi fa sentire troppo vecchia sentirmi chiamare signora, quindi per te ora sono Vanessa okay? >> Annuisco. Non sembra poi così male...
<< E... No. Non è da molto che ho questo negozio. Ce l'ho in gestione da qualche mese, il vecchio proprietario lo ha messo in vendita e, come si dice: "Cogli l'attimo" . >> Mi guarda, sorride e mi fa l'occhiolino.
<< Sono felice di averti con me. Sembri una brava ragazza... >>
<< Non è che si comporta così solo perché le faccio pena? Sa'... Per quello che ho detto prima... >> Scuote la testa.
<< Non pensarlo nemmeno. E dammi del tu... >> Insiste ancora con questa storia che devo darle del "TU", e ammicca.
Mente. Lo so che mente. Altrimenti perché questa mattina mi trattava con freddezza, e adesso è così gentile... Mi ha invitata addirittura a pranzo. Spero che non voglia offrirmelo anche...
Finiamo di pranzare; quando passa il cameriere, lo chiamiamo e chiediamo di portarci il conto.
Faccio per prendere il mio borsellino per pagare, ma mi blocca.
<< No. Offro io... >> Avrei dovuto aspettarmelo. Ecco... Le faccio pena.
Scuoto la testa, << Grazie, ma non posso accettare. >>
<< Si che puoi... Insisto. >> Mi arrendo. La ringrazio, e insieme usciamo.
Appena metto piede fuori dalla pizzeria, finisco addosso a qualcuno.
Cadiamo a terra, e quando mi metto a sedere e mi volto per vedere contro chi mi sono scontrata, vedo Drake.
Mi alzo immediatamente, e lui fa lo stesso. Arrossisco.
<< Scusa... >> Mi guarda con occhi duri, poi vedo che si addolciscono.
<< Fa' niente. Ti sei fatta male? >> Mi domanda, e io scuoto la testa.
Sono stordita. Ecco che sono davanti a Drake, quello buono, e il mio capo ha assistito a tutto. La gente per strada si è fermata a guardarci.
Odio stare al centro dell'attenzione...
Vanessa tossisce, ci giriamo entrambi a guardarla. Si avvicina e mi sussurra all'orecchio: << Sei assunta. Ti aspetto domani mattina al solito orario. Sii puntuale questa volta... >> Fa l'occhiolino e sorride, poi lancia un'occhiata a Drake, che ci guarda entrambe. << E' molto carino il tuo amico. Vai con lui. Non preoccuparti, posso cavarmela anche da sola... >>
<<Ma... Io... >> Mi sento arrossire. Vanessa m'interrompe e mi butta tra le braccia di Drake. Per poco cado, ma lui mi prende al volo e mi sostiene.
Alzo la testa per guardarlo. Il suo dolce profumo invade le mie narici, e senza rendermene conto chiudo gli occhi. Li riapro, e vedo che mi sta fissando le labbra.
Mi sciolgo dal suo abbraccio e quando mi volto a guardare Vanessa, lei non c'è più.
<< Be' visto che il tuo capo ti ha dato il pomeriggio libero, puoi passarlo con me. Ti va? >>
Inarco un sopracciglio. << Come fai a... >>
<< Questa mattina ti ho vista. Ti ho vista entrare. >>
<< Ah. Ma tu eri già andato via. Perché eri davanti al negozio? >>
Si passa una mano tra i capelli, << Stavo venendo da te. Volevo scusarmi
per come mi sono comportato. So essere un vero stronzo quando mi ci
metto. >>
Resto a guardarlo a bocca aperta, senza riuscire a dire niente.
Mi porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, << Scusa. >>
Poggio una mano sul suo braccio, e al solo tocco con la sua pelle, un brivido mi percorre la schiena. << Va tutto bene. Non preoccuparti. >>
<< Ti va un gelato? >> Mi propone. La sua espressione adesso sembra quella di un bambino. Solo a guardarlo scoppio a ridere.
<< Va bene, ma offro io... >>
Con il dito indice davanti al mio naso fa segno di no, << Non pensarci nemmeno signorina. L'uomo sono io. Quindi offro io. >> E fa l'occhiolino.
<< A me non interessa chi è l'uomo tra noi due; voglio offrirti il gelato. Posso? >> Batto le ciglia, e faccio gli occhi dolci, forse in questo modo riesco a convincerlo.
Scuote la testa. << No. Andiamo. >> Mi prende per mano e mi trascina via.
Stiamo camminando a passo svelto, e faccio fatica a stargli dietro.
Lui è alto almeno un metro e novanta, e io non arrivo nemmeno a un metro e sessantacinque.
Per fortuna si rende conto che non riesco a stare al suo passo e rallenta.
Sto camminando al suo fianco, e guardo la sua mano che tiene la mia.
Non mi molla per tutto il tempo, fino a quando entriamo in gelateria, e corre alla cassa per pagare i gelati.
Sbuffo perché volevo usare lo stesso trucco, ma mi ha preceduto.
Significa che sarà per la prossima volta.
Stiamo passeggiando al parco, e mangiamo i nostri gelati.
<< Ti piace la musica? >> Chiedo. Voglio sapere un po' di lui. Non mi racconta mai dei suoi interessi.
<< Più o meno. Non ci vado pazzo. Dipende da come sto. Se mi va l'ascolto, altrimenti no... >>
Annuisco, << E quando l'ascolti, cosa ascolti? >>
<< Be' le canzoni che mi piacciono di più... >> alza gli occhi al cielo e ci pensa su, poi continua: << Non ho né un cantante e né un gruppo
preferito. >>
<< Tu invece? >> Mi cammina davanti, rivolto verso di me, senza vedere dove va. Praticamente cammina all'indietro.
Scoppio a ridere.
<< Guarda che se continuerai a camminare così, andrai a sbattere contro l'albero. >> Di scatto si volta e lo scansa per un pelo.
Scoppio a ridere. Rido come non avevo mai fatto. Soprattutto in questi ultimi giorni. E devo ammettere che mi è mancato.
<< Si ridi, ridi. Che sei più bella quando ridi. >> Mi prende alla sprovvista.
Wow. Mi ha appena fatto un complimento. Facciamo progressi...
<< Comunque non mi hai ancora risposto... >>
<< Si scusami. Ma sai, volevo evitare che ti facessi male... Comunque a me piace molto Lana Del Rey. >>
Ci sediamo su una panchina, e di fronte a noi c'è un piccolo laghetto. Ci sono le papere che nuotano. Spezzo un po' del mio cono, e lancio i pezzetti. Subito corrono a mangiarli.
<< Guarda Drake! Guarda come mangiano! Ah, sono così carine. Non
credi? >> Lo guardo e vedo che mi fissa intensamente.
<< Bellissime. >> Si limita a dire e continua tenere gli occhi fissi su di me.
Non le ha guardate nemmeno. Quindi credo non si riferisse a loro...
Mi sento in imbarazzo sotto il suo sguardo clinico, così decido di cambiare argomento, << Ti piacciono gli animali? >>
<< Si, ma mi piacciono soprattutto i cavalli. >> Anche a me piacciono molto i cavalli. Be', a me piacciono tutti gli animali.
Batto le mani come una stupida ragazzina, << Vedi? Abbiamo qualcosa in comune. A tutti e due piacciono gli animali! >> Scoppia a ridere e annuisce.
<< Mi piace. >> Eh?
<< Cosa? >> Chiedo con tono interrogativo.
Indica entrambi. << Questo... Mi piace parlare con te. >>
Abbasso gli occhi e mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio. << Si. Hai ragione. Devo dire che non è male stare in tua compagnia. >> Ammicco.
Sorride e dico: << Sai... Dovresti ridere di più... >>
<< Perché? Sono più bello? >> Dice per prendermi in giro.
<< Si!... Cioè... >> Oddio. Praticamente gli sto dicendo che mi piace...
<< Sto dicendo solo che dovresti ridere di più... E non fare sempre l'antipatico, perché non lo sei per niente... Anzi... >>
<< Ti sei divertita... Dico... Con me? >> Annuisco. Come fa a non vedere che quando c'è lui io sto bene?
<< Allora dobbiamo farlo più spesso. >>
<< Certo. Non vedo l'ora! >> D'un tratto si fa serio. << Brandon? Lo hai più sentito o visto? >> Perché deve parlarmi di lui e rovinare questa magnifica uscita!?
<< L'ho visto questa mattina. Al negozio. Era con una ragazza, non credo tu l'abbia mai vista... Si chiama Ysabel. Mi ha chiesto perché non gli avessi raccontato del lavoro, e gli ho rinfacciato che passa più tempo con lei che con me. Be' praticamente sta sempre con lei... >>
Mi guarda triste, posa una mano sulla mia spalla e alzo gli occhi su di lui.
<< Emily. Non arrabbiarti con me, ma ti avevo detto di essere stata cieca. Non... >> Lo interrompo.
<< Si, lo so. Perché tu credi ci sia qualcosa tra loro? >>
<< Non so cosa dirti, ma credo che dovresti parlarne con lui... >>
Ha ragione, devo parlare con Brandon e chiarirci una volta per tutte, non possiamo continuare con questo tira e molla...
Annuisco e lo abbraccio. Per un momento lo sento esitare, ma poi ricambia il mio abbraccio.
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