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1. Gli occhi addosso

Se a un certo punto un uomo sulla cinquantina, ben curato, sfoggiando un costosissimo completo firmato Giorgio Armani, puntasse verso di me il suo microfono, preventivamente controllato dai tecnici dietro le quinte per evitare qualsiasi tipo di figuraccia in diretta, e mi chiedesse qual è il mio pensiero sull'abbandono delle lucertole domestiche in Giamaica, probabilmente direi più di ciò che in verità sono riuscita a tirar fuori alla domanda "Cos'è per te l'amore?" venuta in mente a mia madre in una delle sue conferenze sulla famiglia, accuratamente seguita da un gruppetto di signore anziane, sedute sotto quel piccolo palco quasi sicuramente per riassaporare un pò di quel caldo sentimento chiamato amore che i rispettivi figli hanno dimenticato. Le avevo detto già dal principio che non volevo partecipare a quella stupida "riunione tra anziane", ma mia madre riesce sempre ad ottenere ciò che vuole, un pò come me. Almeno la prossima settimana non sarò costretta a partire per Lourdes insieme alle sue amiche, penso mentre tutti continuano a guardarmi, aspettando una risposta. Cosa dico? Non può essere così difficile. L'amore è un sentimento comune, ordinario, accessibile e ricercato da chiunque, eppure io non so cosa dire. Mia madre spinge il microfono più vicino alla mia bocca, mi sprona con lo sguardo, timorosa di far brutta figura, ma non credo mi interessi più di tanto. Non sono cattiva eh, solo che trovo alquanto divertente che mi abbia posto questa domanda e che abbia addirittura organizzato una conferenza sull'importanza della famiglia dal momento che proprio lei, proprio la donna che avrebbe dovuto insegnarmela, ha distrutto tutto ciò che l'amore significava per me e soprattutto per mio padre. La guardo negli occhi con il solito sguardo che preannuncia una delle mie frecciatine, ma lo riconosce all'istante.

"Mia figlia è molto emozionata questa sera, non è abituata a tutto questo pubblico."dice. Alcune signore si guardano introno perplesse, cercando tutto il pupplico di cui parla mia madre. Lasciano perdere, facendo spallucce. "Facciamole un grande applauso ringraziandola per averci comunque provato. Grazie Asia, sei stata fantastica!" urla poi, spingendomi verso le scale d'uscita.

Alzo gli occhi al cielo e mi incammino verso la porta tra il rumore lieve ma assordante degli applausi, cercando di regalare un sorriso a più anziane possibili. Loro non c'entrano nulla in realtà e se si trovano in quella sala grigia, piuttosto che stare sedute al bingo o in qualsiasi altro posto di tendenza tra gli over 70, un sorriso di incoraggiamento lo meritano. Non mi volto indietro, so già che mia madre avrà quella solita espressione di chi sa di essere in torto e sinceramente, per quanto se lo meriti, odio vederla così. Ha tradito mio padre, questo è vero e anche disgustoso, ma ha cercato in tutti i modi il mio perdono ed io ho voluto perdonarla, anche perchè, se avessi fatto diversamente, sarei rimasta sola. È brutto da dire, ma cosa poteva fare una ragazzina di quindici anni che vede il padre scappare e non tornare più?

Appena fuori dalla porta tiro un sospiro di sollievo, volevo uscire da lì dal momento in cui sono entrata. Riapro gli occhi, tornando alla realtà è noto che il signore alla reception mi guarda male. Probabilmente non è abituato a veder passeggiare in quella casa di cura ragazze così giovani, per di più coperte soltanto da un misero pezzo di stoffa nera che la gente chiama in quel modo strano, inglese.. ah si, shorts. Ovviamente non sono così corti, sapevo di star andando in un ospizio, solo che ho sempre adorato immedesimarmi nei pensieri della gente che mi circonda.

" Buonagiornata. " dico.
Non aspetto neanche che quell'uomo risponda, anzi dubito che lo faccia, ed esco finalmente da quel posto orribile. Prendo il telefono e scrivo a mia madre che non mangerò a casa sua, prima di mettermi sul marciapiede ad aspettare un taxy. Non mi va proprio di andare da lei oggi.. cucinerò qualcosa al volo nel mio appartamento e poi passerò il resto del pomeriggio a scegliere cosa indossare per il compleanno di Michelle, una mia ex compagna di scuola che quest'anno, stranamente, ha deciso di invitare anche i vecchi compagni. Sembra come se ci avesse chiusi nel cassetto insieme alle scarpe indiamantate che ogni anno, prontamente, suo padre le regale e adesso, a distanza di un anno, aprendo il cassetto per posare il nuovo paio di tacchi ricoperti di svaroski, si fosse accorta della nostra presenza. Ma non mi lamento, suo padre è ricco e famoso, penso.
Lo sarà anche il buffet.

Una ventata di aria troppo fredda per un mese ancora caldo come quello di settembre mi scompiglia i capelli, facendo ondeggiare ciocche scure e ondulate da tutte le parti. Forse avrei dovuto mettermi qualcosa di più pesante. E pensare che il signore alla recepiton aveva predetto tutto.. Mi stringo le braccia al petto e sporgo il collo in avanti alla ricerca di un taxi. Ancora niente, colpa del costante traffico che c'è a Newport.

Improvvisamente, le meravigliose note della mia canzone preferita, Thunder degli Imagine Dragons, mi fanno distrarre dal guardare la strada.
" Pronto? " rispondo alla chiamata.

" Ehi Asia, hai finito con tua madre?"

È la voce di Claire, la mia migliore amica, che rimpiazza quella fantastica di Dan Reynolds. Sono comunque felice di sentirla dato che, da quando ha iniziato a lavorare come cameriera al Sax, da sempre il nostro locale preferito devo aggiungere, non ci vediamo spesso e purtoppo non abbiamo neanche il tempo per le nostre interminabili chiamate.

" Sono appena uscita, per fortuna. Sto aspettando un taxy. Allora? Ci sarai stasera al compleanno di Michelle?"

" Certo! Il capo mi ha concesso il giorno libero.. non è stato poi così difficile. Conosci Jordan, basta un occhiolino e ti ritrovi mille dollari in mano. O forse no, mille dollari no. Ma era il giorno libero che volevo, no? "

Scoppio a ridere. " Non ti saresti mai persa quella festa. "

" Mi conosci Asy, mi conosci. Ah, dimenticavo di dirti una cosa.. ho già chiesto a Michelle e mi ha detto che non ci sono problemi, porterò anche David alla festa. "

Mentre ascolto la mia amica parlare, noto un taxi in lontananza e mi affretto a sventolare il braccio chiaro e poco coperto in aria, prima che qualcuno rubi la mia chance di mangiare prima delle due. " David chi? "

" Non ti ricordi di lui? "

Il taxi accosta, parcheggiandosi in prossimità della banchina e mi sento finalmente sollevata. Sto seriamente congelando con questi pantaloncini.

" No Claire, non ricordo. " dico, avvicinandomi alla portiera. Proprio mentre stavo per aprirla, una mano grande e chiarissima, il doppio della mia, si appropria della maniglia.

Mi volto molto infastidita verso il proprietario di quella mano ficcanaso, pronta a dirgliene quattro.

" Prenderai il prossimo. " Una voce calda, delineata da un'accento inglese, accompagna la figura imponente che mi sta di fianco, stretto in un completo a mio avviso più costoso di quello del giornalista immaginario che vive nella mia testa. Mi fa un sorriso seccante e colmo di superiorità, come se sapesse già di averla vinta, svenevole, dovrei aggiungere, per quanto è bello, ma non importa; potrei anche avere davanti Charlie Hunman in tutta la sua infinita bellezza ma lo tratterei ugualmente come il cafone arrogante che si è appropriato del mio taxi.

Dico a Claire che la richiamerò, prima di rivolgere la parola a quell'estraneo.

" Forse voleva dire che LEI prenderà il prossimo. " imito il suo sorrisetto e porgo la mano in avanti, aspettando che tolga la sua in modo da poter aprire quella portiera, entrare dentro quell'auto e andare a mangiare.

Niente, la sua mano è ancora lì.

Sospira scocciato, portando il collo indietro come se lo stessi annoiando. Anche i suoi capelli biondi, chiari più del grano, vengono scompigliati dal vento, cadendo all'indietro insieme al resto della testa. " Ho cose molto importanti da fare, lo capisci? " dice, riportando lo sguardo di me; continua a parlare con quel suo tono saccente facendomi innervosire ancora di più.

" Io no? Le do quest'impressione? "

Dai, non saprà mai che in realtà devo solo sfamarmi. Che poi è davvero una cosa importante, ma vabbè.

" Beh, in realtà.. " sta per dire qualcosa quando l'autista del taxi, scocciato, suona il clacson, spaventandoci.

" Qui c'è gente che lavora! O uno dei due sale, oppure vado via e aspettate un'altra mezz'ora che arrivi il prossimo! Allora? Cosa fate? "

Senza neanche darmi il tempo di muovere un muscolo, l'uomo apre la portiera e sale in macchina.
Mi guarda trionfante, prima di richiudere la portiera e mettersi più comodo. Eh no, non te la do vinta. Riapro la portiera, mi siedo anche io in macchina e la richiudo vittoriosa, facendo urlare nuovamente l'autista. Forse ci ho messo troppa forza.

" Qualcuno mi dica dove devo andare prima che mi butti da quel ponte. " sospira esausto il povero uomo abbronzato e senza capelli, indicando il grande ponte asfaltato, vera meta di gente che vuole farla finita.

" In centro. Alla villa comunale. " solo dopo averlo detto mi accorgo che anche l'uomo al mio fianco ha parlato, dicendo esattamente le stesse cose. Dovevamo anche andare allo stesso posto, non ci posso credere..
Sento sbuffare l'autista, dopodiché mette in moto, probabilmente felice di poter finalmente fare il suo lavoro e si immette nel traffico di Fateville.
Entrambi ci guardiamo, scocciati, poi mi volto verso il finestrino.

Guardo il paesaggio che scorre sereno davanti ai miei occhi e piano piano torno serena anche io. Tutti e quattro i finestrini sono chiusi a causa della brutta giornata che, lentamente, prende forma e inizio a sentire caldo. La presenza arrogante al mio fianco non mi aiuta propria, anche il solo strofinarsi della mia pelle nuda con il tessuto pregiato della sua giacca mi infastidisce e vorrei solo scendere da quel taxi e non vederlo più.

L'unica cosa piacevole di quell'uomo, probabilmente, è il profumo, che ha ormai impregnato tutta l'auto.

" Riferendomi alla domanda di prima: si, dai quest'impressione. " parla improvvisamente, rompendo lo straordinario silenzio che si era creato. Vedo, dallo specchietto retrovisore, l'autista che rotea gli occhi.

" Come scusi? " mi volto a guardarlo, incrociando le braccia al petto.

" Ma si dai, sai a cosa mi riferisco. Dai l'impressione di una che non ha proprio niente da fare. " confessa, guardandomi quasi solo con la coda dell'occhio con quello sguardo fastidioso e derisorio.

" Mi dispiace dirglielo ma non è così. Lei invece, cosa deve fare di così importante da rubarmi il taxi? "

Ride, riempendo ancora una volta l'auto di qualcosa che gli appartiene. Stavolta il suono della sua risata, forse troppo piacevole per appartenere ad una persona così subdola. " Ho una cena di lavoro, devo incontrarmi con un cliente. Tu? Tu cosa devi fare? "

" Non sono affari suoi. "

" Neanche i miei, se è per questo, erano affari tuoi. Ma li hai voluti sapere comunque "

Alzo gli occhi al cielo, cercando di sembrare annoiata ma, in realtà, sto solo pensando a che bugia inventare. Non posso di certo dire la verità, ormai è una questione di dignità, di principio. Pensa, pensa, pensa..

" Io.. "

Okay, ho trovato. Questa può andare.

" Beh, devo andare a controllare che i miei impiegati stiano svolgendo bene il loro lavoro. Sa com'è, nelle aziende.. nessuno vuole sbagliare e fare arrabbiare il capo. Il capo sono io. "

Sorride, poco fiducioso. Non so se pensare che ci abbia creduto, ci stia per credere o non ci creda per niente. Comunque non è un mio problema, fortunatamente non ci vedremo mai più o, se lo vedrò in giro, sicuramente non andrò a chiacchierarci.
Nessuno dei due parla per tutto il tragitto, il paesaggio continua a scorrere tranquillo tra le auto, ma stranamente non riesco a non pensare che quell'uomo tanto bello quanto rompicoglioni mi sia vicino.

Non vedo l'ora di arrivare, sul serio.

Dieci minuti dopo, l'autista si ferma, ognuno paga il giro non pensando neanche di chiedergli se possiamo fare a metà. Probabilmente ci avrebbe accidentalmente messo sotto con la macchina. In qualsiasi caso, meglio così. Avremmo dovuto parlare  ancora, sennò. Scendiamo, in rigoroso silenzio, non saluto neanche, salgo sul marciapiede, vedo lui fare lo stesso.

Si guarda intorno, divertito.
" Strano che non ci siano aziende qui intorno. " e se ne va, come se avesse fatto la battuta del secolo.

Certo che c'è gente strana in giro, penso mentre lo guardo allontanarsi. Da dietro, sembra ancora più alto e i suoi capelli, mano mano che si allontana, si confondono con il cielo sempre più nuvoloso. Ringrazia, al semaforo, un tizio con una Jaguar nera, attraversa le strisce camminando lentamente, come se la strada fosse soltanto sua; proprio nel momento in cui mette piede sull'altra parte della banchina, si volta a guardarmi.

Lui è divertito, lo sapeva già.
Io alzo gli occhi al cielo, quasi infastidita che lui si sia lasciato guardare per così tanto tempo.

Poi mi dirigo verso il mio appartamento, sentendo la sensazione di uno sguardo gelato addosso.

Spazio autrice:

Ciao amici miei, sono tornata con una nuova storia! Se leggeste la prima che ho scritto (non fatelo, vi prego) mi chiedereste se sono state scritte dalla stessa persone... ebbene sì, le ho scritte entrambe io! Solo che adesso sono un po' migliorata, essendo cresciuta sia mentalmente che fisicamente. Il fatto che voi siate qui, a leggere la mia nuova storia, significa molto per me e mi piacerebbe tantissimo scoprire che il primo capitolo vi abbia suscitato un certo interesse. Fatemi sapere, non esitate a correggermi se trovate degli errori e aspettate il prossimo capitolo!

Davvero Asia non incontrerà più quell'uomo dai capelli biondi e dallo sguardo arrogante?

Ciao ciao miei amici ❤️

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