23
"Posso?" Natasha entrò nella mia camera, distolsi lo sguardo dalla tv dove stavo guardando un nuovo film. Annuii mettendo in pausa lo schermo, lei si avvicinò al mio letto. "Peter è tornato a casa, sembrava molto felice." commentò.
Alzai le spalle con un sorrisino. "Si emoziona facilmente." ridacchiai per poi incrociare le braccia al petto. "Mi spiace se ti ho creato problemi stando qui." mi scusai e lei mi guardò sorpresa. "So che non ti sto molto a genio, mi spiace per averti sparato quella volta, pensavo foste voi i cattivi della situazione."
Natasha mi sorrise leggermente per poi prendermi la mano. "Sono io che devo scusarmi, a volte tendo a dimenticare che altre persone hanno vissuto momenti... difficili." sospirò per poi accarezzarmi la spalla. "La verità è che ci sono persone che hanno vissuto anche peggio, tu sei un esempio pratico."
La guardai confusa. "Cosa ti è successo?" domandai incuriosita.
Natasha sorrise e si sdraiò di fianco a me, rimanemmo un attimo in silenzio a guardate il soffitto illuminato dalle luci della città. "Fin da piccola sono stata addestrata in questa scuola privata che doveva allenare le migliori ballerine russe, ma la realtà è che addestravano assassine provette." spalancai gli occhi osservandola attentamente, lei non mi sembrava quel tipo di persona pronta ad uccidere a sangue freddo. "Ho fatto cose di cui non vado molto fiera, ma a differenza tua io sapevo quello che stavo facendo. Ognuna di noi aveva una particolarità che ci rendeva uniche e perfette, non mi interessava molto per chi la stessi usando o perché." alzò le spalle.
"Come sei finita con gli Avengers?" domandai allora.
Lei sorrise. "Clint." affermò, rimasi ferma a pensarci, che fossero innamorati? Ma a me non erano sembrati così vicini, era sicuramente più vicina a Bruce. "Lui era stato mandato ad uccidermi, ma vide qualcosa in me e mi aiutò a diventare quella che sono oggi, abbiamo lavorato insieme da allora e gli Avengers avevano bisogno di qualcuno un attimo responsabile." ridacchiò per poi alzarsi leggermente a guardarmi. "Quello che voglio dire è che siamo partite con il piede sbagliato, siamo entrambe nella stessa barca."
Annuii. "Certo, sinceramente sono felice di risolvere questa nostra faida. Ma, toglimi una curiosità, tu non sei la fidanzata di Clint, vero?" feci un sorrisino interessato.
Natasha spalancò gli occhi per poi scuotere la testa velocemente. "No, certo che no!" esclamò divertita. "Clint e io siamo migliori amici. Sai, lui ha una moglie e tre figli." mi confessò intenerita. "Io invece... sono come te."
Corrugai le sopracciglia per poi guardarla con un velo di tristezza. "Oh." mormorai dispiaciuta. "Sei anche tu sterile." constatai e lei annuì confermando il mio timore, capii il perché mi avesse abbracciata a quel modo poco prima, decisi di ricambiare il favore e l'abbracciai. "All'inizio non lo sapevo, me lo spiegarono dopo l'operazione." spiegai ricordando le parole dei dottori. "Dicevano che a me non sarebbe servito avere figli, mi avevano rassicurata dicendo che da lì in poi sarei riuscita ad uccidere con più facilità."
"Non potrò?" domandai con gli occhi lucidi. "È una cosa temporanea?" guardai il dottore che scosse la testa lentamente. "Perché?"
Amanda si fece avanti e mi accarezzò la spalla. "Sarà meglio per tutti, un pensiero in meno." disse con voce dolce. "Tu sei un'assassina, non una madre. Cosa diresti ai tuoi futuri figli?" domandò e abbassai lo sguardo imbarazzata.
"Cosa cambierà?" mormorai.
"Tutto."
"Ed è vero, c'è stato un cambiamento netto dentro di me."
"Guardalo negli occhi." mi ordinò il mio allenatore. "Premi il grilletto, sangue freddo."
Presi un respiro profondo, la pistola era carica e le mie dita erano sul grilletto. "Cos'ha fatto?" domandai fredda.
L'uomo scosse la testa. "Non ti deve interessare." si leccò le labbra. "Un colpo secco." mi ricordò.
Annuì e sparai, non provai niente. Guardai il corpo del ragazzo cadere a terra privo di vita, ritirati la pistola e feci un cenno al mio allenatore che sorrise impressionato.
"Lo so." lei mi diede una pacca sulla spalla. "Sei ancora così giovane, vedrai che esistono altri modi per avere figli." mi consolò e annuii in accordo. "Ti lascio riposare, questo film sembra molto interessante." indicò la tv e sorrisi.
"Se vuoi, puoi rimanere a guardarlo con me." proposi e lei annuì entusiasta. "Grazie Natasha."
Lei esitò per poi sorridermi. "Siamo una famiglia, puoi anche chiamarmi zia Nat." prese i popcorn dal mio comodino e me ne passò un po'. "Questa è la tua famiglia, Renata. Non dimenticarlo."
**
Era passata da poco la mezzanotte, la torre era stranamente silenziosa. La maggior parre degli Avengers erano addormentati o stavano semplicemente facendo i fatti loro.
Thor aveva appena scoperto la bellezza dei videogiochi ed era rimasto sveglio a giocare, Tony si era rinchiuso nel suo laboratorio a lavorare su qualche nuovo prototipo.
Bucky era sveglio, come al solito, pronto a fare il suo turno di guardia anche se questa volta non gli serviva a calmare i suoi nervi quanto per pensare. Le parole di quella donna gli frullavano in testa come una zanzara che gli impediva di stare tranquillo.
"Buck." Steve lo raggiunse in cucina. "È da un paio di giorni che ti vedo turbato." mormorò sedendosi al tavolo con lui, era visibilmente preoccupato per il suo migliore amico. "Vuoi parlarmene?" domandò.
Bucky lo guardò titubante. "Renata sembra così tranquilla, finalmente." sospirò. "Si è già adattata, ha trovato il suo primo amore ed è felice qui con voi." passò una mano tra i capelli. "Invece io..." lasciò in sospeso la frase.
Steve capì subito il problema. "Lei è ancora una bambina, la sua mente è stata più facile da recuperare." spiegò, come se non lo sapessero tutti. "Vedrai che riuscirai a tornare come prima." gli sorrise.
"Già." Bucky borbottò, quella chiacchierata non lo stava per niente aiutando. "Neanche T'challa ha saputo come aiutarmi." ricordò.
"Non ti serve la tecnologia." Steve cercò di farlo ragionare. "Hai bisogno di un po' di tempo con tua figlia." gli diede una pacca. "I ricordi torneranno, come quella volta che mi hai portato fuori dal fiume." sorrise. "Tony sta già iniziando a cercare una casa come gli avevi chiesto."
"Solo perché vuole me e Renata fuori." commentò l'ex agente HYDRA. "Non so neanche se ne vale la pena, Renata vorrà rimanere vicino a Peter ora che si sono messi assieme." mormorò stanco.
"Eh." il biondo annuì. "Sono così giovani, spero non facciano niente troppo osé." commentò ricevendo un'occhiataccia dall'amico. "Era solo per dire, sai quanto tengo ai comandamenti della Bibbia."
"Forse anche troppo." scherzò Bucky. "Se Peter oserà farle qualcosa dovrà vedersela con me."
"E con la mia acqua santa." aggiunse Steve facendo scoppiare entrambi in una grande risata. "Non stavo scherzando, ma va bene." continuò a ridere.
Bucky tornò serio subito dopo e guardò negli occhi il suo amico, non sapeva se dirgli ciò che pensava veramente o tenerselo per sé. Nella torre erano in pochi quelli che ci tenevano a lui, Steve era decisamente il primo a supportarlo. "Steve." lo richiamò e il biondo lo guardò curioso. "Quando sono andato a riprendere Renata... c'era una donna, ha promesso di ridarmi le mie memorie in cambio di una missione per loro." confessò.
"Buck..." in quell'esatto momento Renata si fermò vicino alla porta, si era alzata per bere un bicchiere d'acqua e si era incuriosita nel sentire la voce di suo padre e il suo amico, ma dopo aver ascoltato le parole di suo padre si era bloccata sentendo un groppo in gola.
"Lo so, so che è sbagliato." Bucky scosse la testa. "Ma non capisci, quelle memorie sono tutto per me! Non sai quanto faccia male vedere mia figlia e non ricordare niente." la sua voce divenne tremante.
"So cosa vuol dire." rispose Steve, forse non si rendeva conto che lui stesso provava la stessa sensazione. "Non è il modo giusto." disse fermamente.
Bucky serrò la mascella. "Quale sarebbe il modo giusto, Steve?!" alzò la voce. "Non eri tu quello credeva fermamente nelle proprie convinzioni?"
"Non quando questo vuol dire aiutare l'HYDRA!" sbottò il biondo. "Non posso lasciartelo fare." si alzò in piedi. "Sarà meglio se ti porto da Stark-" Steve si fermò di colpo per poi cadere a terra, alle sue spalle c'era Renata.
"Cos'hai fatto?" domandò suo padre stupito, si abbassò e toccò il collo per cercare il battito.
"Sta dormendo." sospirò la ragazzina. "Non volevo ucciderlo." spiegò guardando il corpo inerme di Capitan America. "È vero quello che stavi dicendo? Vuoi davvero dare fare quella missione?" domandò poi con occhi lucidi.
Bucky alzò Steve e lo fece sedere sulla sedia. "È vero." rispose avvicinandosi a lei, si abbassò per arrivare alla sua altezza e le sorrise. "Non c'è niente che io voglia di più, riavere le mie memorie e ricordarmi di te." l'abbracciò stretta a sé.
Renata non sapeva cosa dire, non pensava che gli stessero così tanto a cuore, ma da una parte era felice perché voleva dire che ci teneva. "Papà." lo richiamò con voce sottile. "Io so come contattare Amanda."
Bucky spalancò gli occhi. "Come?"
Renata aprì la bocca per rispondere, ma si fermò. "Voglio partecipare anch'io alla missione." dichiarò incrociando le braccia al petto.
"No, assolutamente no." scosse lui la testa. "È pericoloso, ci saranno persone malintenzionate pronte ad uccidere e-"
"Hai finito?" lo fermò lei. "Una volta ero io una di quei malintenzionati." gli ricordò. "Sarà una cosa padre-figlia." mormorò prendendogli la mano.
Bucky la guardò esitante, ma alla fine annuì. "Va bene." le accarezzò la guancia. "Facciamolo."
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