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11

Sospirai osservando il soffitto della mia stanza, improvvisamente stare lì dentro sembrava più difficile del previsto una volta visto cosa c'era al di fuori di quelle mura. Non mi sarei mai immaginata di incontrare degli adolescenti e poter vivere un pomeriggio che non fosse riempito di allenamenti o strani esperimenti per testare la mia forza. Ero riuscita a ridere, non sapevo cosa fosse la felicità finché non uscii con Michelle.

C'era qualcosa in quella ragazza che mi dava un senso di calma, forse era il suo modo di fare così pacato e quasi menefreghista. Quel pomeriggio con lei mi era quasi sembrato magico, il modo in cui mi prese a braccetto e mi accompagnò in giro per la città mentre gli altri ci seguivano, mi aveva messa a mio agio così facilmente, ma mi aveva resa così insicura allo stesso tempo.

Aveva senso?

Sapevo solo che non riuscivo a smettere di pensare a quella giornata, alle nostre risate, al modo in cui tutto sembrava funzionare perfettamente come se fossi stata fatta proprio per entrare in quel gruppo. Peter mi aveva detto che secondo lui ero solo emozionata di poter finalmente uscire con delle persone normali.

Secondo me c'era di più, gli unici momenti che mi facevano sentire così viva erano quando uccidevo e non ero mai riuscita a trovare un qualcosa che lo sostituisse fino a quel momento.

Portai le mani sul viso non capendo cosa stesse succedendo. Non mi sarei dovuta affezionare a quelle persone, ero solo una bomba pronta ad esplodere e loro erano le persone che stavano ostacolando la mia famiglia da anni ormai. Era possibile che mi fossi sbagliata per tutto questo tempo? Forse era mamma quella cattiva e non loro, ma anche se fosse stato così, cos'avrei potuto fare? La famiglia era un qualcosa troppo importante per poter bigiare loro le spalle.

"Che casino." borbottai, se mamma avesse saputo della mia uscita di ieri, avevo paura per la mia incolumità anche se mi trovato a chissà quanti kilometri da lei. "Basta!" urlai portando le mani tra i capelli disperata.

"Tutto bene?" alzai la testa di scatto e vidi Steve proprio di fronte alla porta della mia stanza, mi stava guardando con aria preoccupata.

"Sì." incrociai le braccia sentendomi a disagio, che voleva ora? Peter non era ancora uscito da scuola e io non avevo alcuna voglia di fare conversazione.

"Sicura?" chiese di nuovo, forzai un sorriso falso e annuii, dovevo cercare di mantenere la calma e non mostrarmi infastidita dalla sua presenza. "Stavo andando ad allenarmi, ti va di farmi compagnia?"

Allenarmi? Sembrava ottimo per distrarmi. "Va bene." mi alzai dal letto. "Dov'è la tuta?" domandai poi confusa.

"Tuta?" fece lui guardandomi altrettanto spaesato.

"Non usate quella tuta speciale per controllarmi?" cercai di spiegarmi. "Come fate a costringere una persona a finire il suo allenamento se non potete... motivarla attraverso la tuta."

"Non funziona così qui." disse semplicemente. "Non ti costringiamo a fare qualcosa che non vuoi e non ti motiviamo in alcun modo che vada contro la tua volontà." mi sorrise leggermente. "Andiamo, sono sicuro che ti serva un po' di movimento."

Andai alla porta e l'aprii lentamente. "Va bene..." con esitazione uscii e lo seguii lungo il corridoio verso l'ascensore. "E così... sei Capitan America?" chiesi incuriosita. Non ero mai riuscita a collezionare alcun tipo di informazione riguardo a loro.

"Sì." sospirò premendo il bottone del 10° piano. "Ma preferisco Steve." alzò le spalle.

"E qual è il tuo potere?" lo guardai con un sorriso. "Insomma, Peter ha una specie di superforza e si veste da ragno."

Lui ghignò leggermente. "Il ragazzino sa il fatto suo." scherzò per poi guardarmi. "Io sono stato il risultato di un esperimento fatto tanti anni fa, sono il primo super soldato." si vantò.

L'ascensore si aprì e noi uscimmo. "Superforza e velocità?" lui annuì. "Ma è il mio stesso potere..."

Steve posò una mano sulla mia spalla. "Non sono l'unico supersoldato. Vedi, tu il risultato di un altro siero che ti ha resa altrettanto forte." cercò di consolarmi. "Prima di te ci sono stati altri. Bucky è stato uno dei primi."

"Bucky... era davvero dell'HYDRA?" questa era una cosa che non avevo mai capito. Mamma non mi aveva mai parlato di lui e non l'avevo mai visto al quartier generale.

"Sì." rispose con un sospiro. "È riuscito a scapparne qualche anno fa, ma ancora adesso fa fatica a riprendere una vita normale." sembrava triste della cosa. "Ma si sta pian piano adattando, d'altro anch'io ho impiegato un po' di tempo prima di poter ricominciare una vita." feci per aprire bocca pronta a chiedere una nuova domanda, ma eravamo ormai arrivati alla palestra. "Benvenuta in una delle mie stanze preferite."

Mi guardai attorno.
Niente armi, percorsi ad ostacoli, allenatori con cui combattere o vetri antiproiettile. "Ah."

"Prego, scegli tu quale attrezzo utilizzare." mi indicò l'enorme quantità di oggetti che potevo usare per l'allenamento. Alcuni li avevo già usati, altri non li avevo mai visti.

"Tu cosa usi di solito? Non sono abituata a questo tipo di allenamento." corrugai le sopracciglia mentre lui si avvicinava ad un sacco da boxe.

"Mai fatto boxe?" sorrise passandomi dei guantoni, mi stavano un po' grandi ma non ci feci caso.

"Qualche volta." mormorai picchiando i miei pugni l'uno contro l'altro. "Di solito contro una persona, non contro un sacco." precisai.

"E perché?" diedi un pugno al sacco con tutta la mia forza, il sacco si staccò dal suo gancio e volò dall'altra parte della stanza colpendo il muro per poi rompersi del tutto. "Ora capisco." borbottò impressionato. "Ho come l'impressione che non ti abbiano mai insegnato a gestire la tua forza."

"Non ne ho mai avuto bisogno." alzai le spalle. "I miei allenamenti di solito si concentravano sul superare i miei limiti." un brivido mi scosse, ma cercai di nascondere il mio disagio mentre il biondo mi osservava attentamente. "Quindi?"

"Sai, fare esercizio non deve essere qualcosa che ti destabilizza e ti porta al punto da non sapere più chi sei." disse scuotendo la testa. "Dovrebbe aiutarti a sfogarti, è un momento di riflessione e di completa libertà con te stessa."

Non l'avevo mai visto così, un mio allentamento comprendeva uno scienziato che controllava i miei valori vitali mentre venivo costretta a superare i limiti che avevo raggiunto la volta prima. "Lo fate... per divertirvi?" corrugai le sopracciglia.

"Principalmente." annuì lui. Wow, sembrava più divertente stare stesa a letto. "Andiamo, ti insegno qualche trucco."

**

Erano probabilmente passate ore da quando avevamo iniziato quello che Steve aveva definito "un'esercitazione piacevole". Non ero stanca, nonostante ciò mi sentivo alquanto felice dopo aver fatto degli esercizi molto semplici.

"Hey ragazzi." ci aveva interrotti Peter. "Il sig. Stark mi ha detto che vi stavate allenando."

"Ciao." sorrisi asciugandomi il sudore dal viso con un asciugamano. "Steve mi stava insegnando come fare esercizio senza esagerare." spiegai.

"Non c'è di ché." il biondo mi spettinò i capelli. "Vi lascio, non combinate guai." ci salutò per poi uscire dalla stanza. Sembrava esausto, forse l'avevo fatto lavorare più del solito e un po' mi dispiaceva.

"Quindi... hai fatto amicizia con Steve?" domandò Peter venendo a sedersi sulla panchina di fianco a me, sembrava di buon umore, ma allo stesso tempo notai un tono piuttosto irritato?

Alzai le spalle. "Credo, è stato carino." commentai.

"Beh, avete delle cose in comune." mi fece notare. "Avete entrambi una grande forza." rifletté ad alta voce. "Per il resto, beh, avete una differenza d'età enorme." ridacchiò, ma non capii cosa ci fosse da ridere.

"A me sembra giovane." ribattei. "Avrà sui 30 anni?"

Peter spalancò i suoi occhi marroni per poi scuotere la testa. "La storia di Capitan America è piuttosto complicata." si guardò attorno per poi farmi cenno di avvicinarmi a lui, cosa che feci velocemente. "Steve è nato negli anni '30, è stato trasformato in supersoldato per combattere nella seconda guerra mondiale."

Lo fermai subito. "La seconda cosa?" chiesi, sembrava un nome familiare ma a me sconosciuto allo stesso tempo.

"È stata la seconda guerra che ha coinvolto tutto il mondo. Steve vinse, ma rimase intrappolato nel ghiaccio per 70 anni." raccontò entusiasta. "Ti rendi conto? Lui non è di questa epoca!" esclamò.

Questo spiegava cosa intendesse dire Steve con l'espressione "ci ho messo tempo prima di ricominciare una vita.", ma questa scoperta mi aveva lasciata senza parole. Com'era possibile? Sentii un leggero mal di testa formarsi proprio sulla mia fronte. "E come ha fatto a sooravvivere?" domandai cercando di massaggiarmi le tempie.

"È questo il bello!" batté le mani. "Essendo un supersoldato, il suo corpo è riuscito a sopravvivere nel ghiaccio, è come se avesse bloccato il suo invecchiamento!"

Battei velocemente le palpebre, quel mal di testa si stava espandendo molto velocemente. "Oh wow." borbottai serrando la mascella.

"Già." Peter annuì. "Anche Bucky ha avuto una sorte simile: veniva congelato per anni e scongelato solo quando aveva qualche missione da compiere." spiegò affascinato.

Freddo.

Brividi.

"È solo un'altra missione."

"Sono passati 5 anni, mi dispiace."

Respiro congelato.

Buio.

"Renata?" sentii urlare. "Mi senti?! Respira!" Peter mi stava guardando spaventato mentre mi controllava il polso. "Friday chiama aiuto."

"Sono passati 5 anni." mormorai, non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Com'ero arrivata sul pavimento? Di chi era la voce che avevo impressa in testa? Mi sembrava di star sognando. "Solo un'altra missione."

"Renata cerca di non chiudere gli occhi, guardami." sentii la mano di Peter sulla mia guancia. "Parlami."

"E se papà non tornasse?" sussurrai guardandolo accigliata. "Cosa ne sarebbe di me?"

"Tuo padre?" chiese tremante.

"Peter cosa succede!?" Tony entrò nella stanza seguito a Bruce e Steve. "Renata, hey." si inchinò di fronte a me cercando di capire cosa avessi.

La mia vista era offuscata, ma riuscii ad afferrare il colletto della maglia di Peter per avvicinarlo a me. "Congelato." risposi alla sua domanda.

"Il polso è lento." fu l'unica cosa che sentii prima di chiudere gli occhi stanchi.

Venni investita da quel freddo così familiare e spaventoso che mi aveva fatto compagnia durante tutta la mia vita.

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