04
"Buongiorno!" fece Peter entrando nella stanza, oggi era vestito normalmente senza quella calzamaglia rossa. "Dormito bene?" chiese poi con un sorriso, al ché gli indicai le mie mani legate e lui sospirò. "Gli altri mi hanno detto che se ti slego finirai per scappare."
"Ovviamente." borbottai cercando di stiracchiarmi, per quanto mi fosse possibile. "E tu ovviamente gli credi."
"Non siamo persone cattive." corrugò la fronte, ma subito dopo riprese a sorridere. "Cosa vuoi per colazione?" chiese come se fossi una ragazza qualsiasi e non una prigioniera, come se ci conoscessimo da tempo e non fossimo avversari.
"Non mangerò il vostro cibo." sbottai e lui alzò le spalle.
"Friday, dì a Clint di preparare quello che vuole." disse apparentemente nessuno, perfetto, non solo era un ragazzo manipolato ma ora parlava anche da solo.
"Certo, sig. Parker." una voce risuonò nella stanza e spalancai gli occhi.
"Miseriaccia, che diavolo era quello?" chiesi impaurita, era presente una forza maggiore? Un fantasma? Peter mi guardò incuriosito dalla mia reazione. "È uno scherzo?"
"No, è solo Friday."
"I venerdì non parlano... Non sono persone!" esclamai. "Cos'è questa fanfaronata?"
"Fanfaronata?" ripeté divertito e lo guardai male. "Ok ok. È un assistente tecnologico, è stato programmato dal sig. Stark apposta per aiutarlo all'interno della torre." mi spiegò come se fosse la cosa più ovvia del mondo. "Non ne hai mai visto uno?"
"Vedere? Non ha un corpo." replicai. "Voi siete pazzi."
"Tu... Non sei di queste parti." mi fece un sorrisetto. "Probabilmente non sei mai uscita dalla base dell'HYDRA." mormorò scuotendo la testa.
"Partecipo a diverse missioni." replicai all'istante e lui alzò gli occhi al cielo. "Dove ci troviamo?" chiesi poi, prima di poter scappare dovevo capire quanto distavo da casa mia.
"Non so se posso dirtelo." disse guardandosi attorno spaesato. "In realtà non ho ancora capito cosa posso dire e cosa no." mi confessò e corrugai le sopracciglia.
"Non ti hanno addestrato a fare gli interrogatori." constatai con un sorrisetto.
"No." rispose. "Noi non facciamo interrogatori... Ok, forse Natasha si occupa di queste cose, è la più tosta."
"Chi? La rossa che ho steso con un colpo solo?" scherzai e lui mi guardò male, uno di quegli sguardi che se potessero ti ucciderebbero all'istante. Eppure lui non sembrava capace di uccidere.
"Non parlare così di loro." sbottò incrociando le braccia al petto.
"Altrimenti? Mi ucciderete?" ironizzai e lui spalancò gli occhi.
"No, perché dovremmo farlo?"
Alzai gli occhi al cielo ma rimasi in silenzio, che senso aveva parlare con lui in ogni caso? Prima o poi uno dei due sarebbe dovuto morire, ero abbastanza sicura che sarei stata io a farlo fuori.
"Qualcuno ha detto colazione?" la porta venne spalancata e un uomo con il naso a patata e un grembiule entrò nella stanza con in mano un vassoio. "Peter, sei ancora qui?" disse poi confuso.
Peter abbassò lo sguardo in imbarazzo. "Il sig. Stark ha detto che posso restare finché non ha finito la colazione." rispose.
"Vedi di non saltare troppo la scuola, eh." lo riprese e li guardai confusa. "Il marmocchio qui ha saltato scuola per passare la colazione con te."
"È un'esperto in veleni?" chiesi allora non capendo la situazione, l'uomo col naso a patata strabuzzò gli occhi per poi ricacchiare.
"Certo che è piena di fantasia la tua amica." commentò per poi poggiare il vassoio che teneva in mano sul tavolino di fianco al letto.
"Non siamo amici." sputai gelida.
"Come dice lei." alzò le spalle Peter per poi avvicinarsi a me. "Cos'hai preparato?"
"Qualche pancake, due tazze di latte con cereali e dei tost con marmellata, accomodatevi." ci sorrise per poi uscire dalla stanza.
Osservai attentamente i movimenti di Peter mentre si avvicinava alle mie braccia per poi slegare i miei polsi. "Spero tu non sia intollerante a niente." scherzò mentre mi slegava anche l'avambraccio.
"Mi stai liberando." osservai scettica, poteva essere così stupido? Mi bastava una mossa per stenderlo, prendergli le chiavi e scappare.
Lui mi guardò cauto. "Il sig. Stark mi ha dato il permesso di neutralizzarti in caso tentassi la fuga." mi informò. "Ovviamente non voglio farti male."
Alzai gli occhi al cielo. "Cos'è questa roba?" indicai il vassoio. "Non conosco la metà delle cose che ha detto quell'uomo."
"Quell'uomo è Clint." mi corresse. "È solo cibo, cosa mangiavi alla base di solito?" prese una ciotola piena di un liquido bianco e si sedette di fianco a me sul letto.
"Vitamine e pastiglie che mi davano tutti i principi nutritivi di cui ho bisogno." dissi, mi sembrava ovvia come cosa.
"Ok, ehm, cibo?"
"Caramelle?" la mia affermazione suonava più come una domanda.
"Ma è una cosa triste." borbottò. "Ti sei persa uno dei piaceri migliori della vita, assaggia." mi indicò la ciotola ancora sul vassoio.
Non avevo intenzione di mangiare, ovviamente. Ero sicura avesse avvelenato quella ciotola e avesse preso l'altra, mangiarla davanti a me faceva parte del suo piano per farmi credere che era tutto buono.
Forse avevo capito come liberarmi.
Presi lentamente la ciotola cercando di capire più o meno quanto fosse il suo peso, gli occhi di Peter erano concentrati su di me mentre osservavo il contenuto. Con la coda dell'occhio riuscivo a notare un sorriso sul suo viso.
Capendo di essere pronta, gli gettai il suo prezioso cibo addosso per poi afferrare le catene attorno alle mie caviglie e romperle, mi alzai quindi dal letto pronta a correre via. "Ferma." Peter si contrappose tra me e la porta.
"Non voglio farti del male, ma se non mi lasci andare sarò costretta a fartene." lo avvertii, nei suoi occhi balenò una scintilla di tristezza, poi, senza alcun preavviso, alzò la manica della sua felpa e mi schizzò contro una sostanza appiccicosa che mi incollò al muro.
"Ma cosa?" feci arrabbiata cercando di liberarmi senza grandi risultati, guardai Peter ormai bagnato dalla testa ai piedi. "Lasciami andare!" gli urlai contro.
Lui alzò gli occhi al cielo. "Devo andare a scuola." sbottò e uscì dalla stanza senza guardarmi, una fitta improvvisa allo stomaco mi prese di sorpresa, mi sentivo strana.
Dalla porta entrò l'uomo col naso a patata anche chiamato Clint. Mi guardò e scosse la testa. "Stava solo cercando di fare una cosa carina per te." venne verso di me. "Immagino dovrai rimanere appesa lì per un paio d'ore finché non si scioglierà." mormorò toccando quella specie di colla.
Non parlai, mi sentivo come arrabbiata con me stessa per quello che avevo fatto, eppure la mia priorità era scappare. Giusto?
**
Peter camminò tristemente lungo i corridoi della Stark Tower finché non raggiunse il laboratorio dove Tony, Bruce e Bucky stavano lavorando per recuperare le memorie di quest'ultimo.
Il ragazzo si sentiva umiliato, come aveva potuto pensare che quella ragazza potesse davvero ammorbidirsi grazie a lui, avere la sua fiducia. Ridicolo.
"Sig. Stark." chiamò una volta vicino all'uomo che stava smanettando al computer.
Questo si girò per guardarlo e subito scoppiò a ridere. "Cosa ti è successo?" chiese ridacchiando, anche gli altri lo guardarono incuriositi, soprattutto Bucky.
"Renata mi ha tirato addosso la colazione." spiegò a testa bassa. "E ha cercato di scappare." continuò. "Ma l'ho bloccata."
"Ingegnosa la ragazza." commentò Tony. "Suvvia, non sarà l'ultima volta che una donna ti tira addosso qualcosa." cercò di confortarlo. "Guarda il lato positivo, a Bucky ha tirato addosso una sedia."
Peter rabbrividì alla sola idea, ancora non ci credeva che una faccia tenera come quella di Renata potesse diventare così aggressiva.
"Hai scoperto qualcosa?" chiese Bucky senza mezzi termini.
"Uhm." Spider-Man ci pensò. "Il suo nome è RB303 e non ha mai mangiato niente oltre alle caramelle." alzò le spalle.
"RB303." mormorò Bruce annotandoselo su un foglio. "Mi sembra chiaro che sia un nome in codice."
Tony alzò gli occhi al cielo. "Grazie Banner, puntiamo alle cose ovvie allora. La R sta sicuramente per Renata." commentò.
Bucky sospirò. "Quindi la B è per il cognome?" più che una domanda era un'affermazione insicura, gli altri annuirono non del tutto convinti. "E il numero?"
"Un codice? Magari per essere catalogata tra gli altri assassini?" ipotizzò Bruce. "Lo facevano anche con te, no?"
"Io venivo chiamato Il Soldato d'Inverno e basta."
"Figo." mormorò Peter ricevendo un'occhiataccia da Tony.
"Va bene, continuiamo così allora, Peter sembra star fornendo buone informazioni." commentò Tony.
"Aspetti." intervenne il ragazzo. "Lei non è collaborativa, ha sentito ciò che ha fatto oggi? Non vuole saperne niente." incrociò le braccia al petto. "Non posso andare lì e lasciare che mi tratti così."
IronMan gli diede una pacca sulla spalla. "E invece sì, per quanto io ci tenga ai tuoi sentimenti, lei non è una tua amica. È la tua missione, prima scopriamo chi è, prima capiremo cosa fare con lei." poi tolse la mano dalla spalla del ragazzo sentendola bagnata. "E vai a cambiarti prima di andare a scuola."
"Va bene." mormorò lui.
"Muoviti, non vorrai far aspettare la tua ragazza." lo prese in giro, Peter divenne rosso come un peperone.
"Michelle non è la mia ragazza."
"Ma tu vorresti che lo fosse." gli fece l'occhiolino e Peter uscì dalla stanza non volendo sentire altro.
"Mi spiace usarlo così." disse Bruce.
Tony sospirò. "È un bravo ragazzo, se c'è qualcuno che può aiutarla, quello è lui." ammise.
"Non se riesco a ricordarmi di lei." s'intromise Bucky. "Mettete in moto la macchina, vediamo se questa volta riesco a vedere qualcosa."
Il problema non era tanto la macchina, quanto i ricordi chiusi al meglio nella mente di Bucky per far sì di poterlo proteggere da uno dei più grandi dolori che potesse provare.
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