02
Nella torre degli Avengers reganava un silenzio imbarazzante, gli eroi continuavano ad evitare gli sguardi degli altri, troppo delusi e arrabbiati dalla sconfitta ricevuta.
La persona più arrabbiata era sicuramente Natasha, non aveva mai fallito una missione ed era troppo orgogliosa per ammettere di essere stata messa al tappeto da una ragazzina, ora si ritrovata con un braccio fasciato e un obbligo di riposo da parte del dottore.
Poi c'era Tony, pensava di essere stato il primo a reclutare un ragazzino nella squadra ma a quanto pare l'Hydra aveva copiato l'idea e questo a lui non andava bene.
Peter invece continuava a pensare e ripensare al viso di quella ragazza, a quel suo sguardo freddo e triste allo stesso tempo, al modo in cui aveva combattuto senza mai fermarsi una singola volta. Qualcosa di lei l'aveva colpito e non riusciva a smettere di riflettere su quanti fosse carina.
Steve invece aveva deciso di arrendersi, più rifletteva sull'accaduto più si trovava confuso e sapeva benissimo che tutti in quel momento stavano pensando ad una cosa, ma nessuno aveva il coraggio di aprire bocca. "Bucky." richiamò il suo migliore amico che stava a braccia conserte mentre fissava il vuoto, questo lo guardò annoiato. "Chi era la ragazza?" a questa domanda anche gli altri si girarono a guardarlo incuriositi.
"Io..." si fermò a pensare. Aveva come l'impressione di conoscere quella ragazzina da una vita, nonostante ciò non riusciva a inquadrarla in nessuno dei suoi ultimi ricordi che gli erano rimasti. "Non lo so."
"Hai detto che si chiama Renata?" sbottò Tony. "Magari era una collega?"
Bucky scosse la testa. "Me la ricorderei se lo fosse." mormorò. Quel viso, quegli occhi... Lui li aveva già visti ma con un'espressione diversa, dove? Dove poteva aver già visto quella ragazza?
"Buck..." Steve stava cercando le parole giuste per non ferire il suo amico. "L'abbiamo vista tutti, riusciva a parare i tuoi colpi come se li conoscesse a memoria, è possibile che vi siate allenati assieme?"
"No." rispose di nuovo. "La mia memoria dei miei allenamenti è vivida, sono stato allenato da solo e sottoposto a prove troppo dure per una bambina." rispose irritato, non tanto dai suoi compagni quanto da un ricordo offuscato.
Di nuovo silenzio. "Ha ragione." Natasha si schiarì la gola. "Le ragazze hanno bisogno di allenamenti diversi." e lei lo sapeva meglio di chiunque altro. "Ha una preparazione eccezionale, è riuscita a prendermi in un solo colpo senza essere vista."
Peter l'ascoltava confuso, ne stavano parlando come se fosse la cosa peggiore avessero mai combattuto. Loro erano gli Avengers! Non riusciva a capire che cosa li fermasse dal cercarla e salvare il dottor Travis. "Qual è il problema?" chiese allora confuso. "Perché non possiamo semplicemente andare e fare qualcosa?"
"Bucky la conosce." rispose Tony. "Prima di agire dobbiamo capire chi è."
"Perché?"
"Perché potrebbe essere qualcuno che è stato usato come lui." questa volta a rispondere fu Steve, era visibilmente preoccupato dalla situazione.
Bucky aveva gli occhi fissi sul soffitto della stanza. Renata... Renata... Dove aveva sentito quel nome? Perché gli era così familiare?
L'unica cosa che si ricordava era quella sensazione al cuore non appena aveva visto gli occhi della ragazza, si sentiva felice e allo stesso tempo preoccupato, voleva proteggerla da tutto e tutti. "Dobbiamo portarla qui." disse d'un tratto.
"Cosa?" risposero tutti in coro sorpresi da tale affermazione.
"So che sembra assurdo, ma devo salvarla." spiegò portando una mano tra i capelli. "Lei... Lei è indifesa..."
"A me non sembrava." Natasha indicò la propria benda.
"Lo so, ma ho un ricordo sfocato. So solo che ho bisogno di portarla via da lì." disse Bucky sicuro di sé.
Al ché tutti si girarono verso Tony che stava versando della vodka in un bicchiere. "Cosa?" chiese non capendo gli sguardi dei suoi colleghi. "Io metto i soldi, è Capitan Perfezione il capo." fece spallucce per poi prendere uno shot.
"Vero." mormorò Steve per poi schiarirsi la voce. "Natasha, io e te andremo al centro dello S.H.I.E.L.D. per cercare di localizzare la base dell'HYDRA, mentre tu Tony..." si fermò per qualche secondo. "Hai finito quell'aggeggio per riavere la memoria?"
"Finito è un parolone, è ancora in fase di prova." disse questo. "Io e Bruce ci stiamo lavorando giorno e notte."
"Non importa, portate Bucky nel laboratorio e provate a capire quale connessione potrebbe avere con quella ragazza." ordinò ricevendo un cenno col capo dal miliardario.
"E io?" chiese Peter.
Steve sospirò nervosamente. "Chiama Wanda e aiutate Tony e Bruce, se la scienza non potrà aiutarci magari della magia lo farà."
Ci fu un silenzio di tomba, tutti erano impegnati a pensare al da farsi, finché l'ascensore della torre non si aprì rivelando un Thor molto allegro. "Compagni!" urlò con un enorme sorriso in viso. "Ho appena scoperto che il sushi è pesce, non carne!"
**
*Base HYDRA*
Una volta rientrata nella mia stanza dopo l'atterraggio dell'elicottero, venni controllata per evitare che qualche ferita facesse infezione, mi vennero date le medicine e delle vitamine, come se potessero aiutarmi.
Ero sdraiata sul mio letto da un'ora ormai, avevo una strana sensazione in tutto il corpo, la mia mente non riusciva a smettere di pensare a tutto ciò che era successo.
Quel gruppo di nemici... Chi erano? Come facevano ad avere quelle abilità? Mi ero ritrovata in difficoltà e io ero una delle migliori.
Renata.
Chi era Renata? Perché quell'uomo mi aveva chiamata così?
Sobbalzai dalla sorpresa quando sentii la porta della mia stanza aprirsi, mamma e quello che riconoscevo come il Dottor Jenson entrarono.
"Mamma-" non feci in tempo a finire la frase poiché uno schiaffo me lo impedì, portai una mano sulla guancia e respirai profondamente per evitare di ricambiare il gesto.
"Hai disubbidito ai miei ordini!" mi prese per le spalle per poi iniziare a scuotermi. "Perché l'hai fatto? Cosa ti ha detto quell'uomo?!" urlò contro di me.
"Cosa? Chi?" chiesi non capendo, il fatto che mi stesse scuotendo non mi aiutava focalizzarmi sulle sue domande.
"Cosa ti ha detto?!" urlò di nuovo.
"NIENTE!" urlai in risposta e ricevetti un altro schiaffo sempre sulla stessa guancia. "Non so di cosa tu stia parlando." borbottai.
"Amanda." il Dottor Jenson la guardò. "La stai confondendo solo di più, mi sembra ovvio che stia dicendo la verità." la fermò e allontanò da me, rimasi a guardarla incredula. Avevo subito tanto, ma mai mi aveva alzato le mani di persona.
Mamma mi mandò un'occhiataccia per poi prendere un grosso sospiro. "Voglio che le cancelli la memoria, di nuovo." ordinò dura, corrugai le sopracciglia non capendo a cosa si riferisse.
"Non posso." le rispose lui nervosamente. "L'abbiamo fatto troppe volte, la sua mente è ancora in via di sviluppo data la sua età, un altro cambiamento e rischiamo di perderla del tutto." le sussurrò cercando di non farsi sentire, peccato io l'avessi sentito benissimo.
Lei alzò gli occhi al cielo. "Dannazione." borbottò.
"Se vuoi posso portarla nel mio ufficio e capire cosa pensa al momento? Cercherò di togliere alcuni dati... Di troppo."
Lei guardò prima me e poi lui. "Va bene." disse infine per poi girarsi verso di me. "Ora il Dottor Jenson ti sottoporrà ad un test, niente che tu non abbia già fatto." mi spiegò. "Noi due parleremo più tardi." fece un cenno per poi uscire dalla stanza.
Mi alzai in piedi dal letto e feci qualche passo verso l'uomo che stava passando una mano tra i suoi capelli. "Immagino ci tocchi lavorare, eh?" cercò di scherzare ma ottenne solo uno sguardo vuoto. "Va bene, seguimi."
Conoscevo bene il suo ufficio, ero solita ad andarci quasi una volta a settimana. Una volta seduta di fronte alla sua scrivania, incrociai le braccia al petto e fissai la sua mano che iniziava a scrivere sul suo quadernino.
"Cosa vuol dire eliminare la memoria?" chiesi rompendo il silenzio, le parole di mamma non smettevano di tormentarmi.
Lui si tolse gli occhiali e sospirò. "Nessuno è perfetto, ma tua madre desidera solo il meglio per te e certe volte la cosa richiede dei metodi... Drastici." cercò di spiegare e alzai un sopracciglio, sapevo non sarebbe andato oltre quindi decisi di rimanere zitta. "Capisco tu ora ti senta disorientata, una caramella?" mi porse un dolcetto, lo guardai per niente interessata e lui lo poggiò sul tavolo con fare preoccupato. "Andiamo al dunque." riprese in mano la penna. "Ho saputo che ti sei scontrata con delle persone alquanto... Particolari, sai dirmi chi sono?"
Rimasi qualche attimo a fissare il vuoto, stavo cercando di ricordare ogni minimo dettaglio di quel combattimento. "Non so i loro nomi." risposi pacata e lui scrisse il tutto, una cosa che non mi piaceva di lui era il fatto che dovesse documentare qualsiasi cosa gli dicessi.
"Capisco." mormorò. "Ti ricordi più o meno com'erano di aspetto?" annuii senza esitazioni e lui tirò fuori delle foto da un cassetto della scrivania. "Sono questi?"
Osservai le varie foto, alcune rappresentavano le persone con cui mi ero scontrata, altri non li avevo mai visti. "Solo alcuni."
"Va bene." mormorò appuntandosi la mia risposta. "Chi di questi ti ha colpita di più?" chiese poi.
Passai lo sguardo su tutti i loro volti, alcuni avevano delle maschere sopra ma non m'importava di loro. Puntai infine il dito sull'uomo dai capelli lunghi e gli occhi azzurri che tanto mi aveva colpito. "Lui."
"Mhm, come mai?" chiese Jenson visibilmente ansioso dalla mia risposta.
"Riusciva a parare alla perfezione i miei colpi, mi sembrava di star combattendo contro uno di noi." lo guardai titubante, avrei dovuto raccontargli del fatto che mi avesse chiamata Renata? Qualcosa dentro di me mi diceva che era sbagliato farglielo sapere e dopo aver visto la reazione di mamma, decisi di tenerlo per me. "Aveva un qualcosa di strano."
Jenson annuì. "Questi sono gli Avengers, cercano di ostacolarci da anni ormai." mi spiegò. "Sono perfidi, giocano con le menti di chi si trovano davanti, ci entrano dentro e le manipolano." spalancai gli occhi e lui mi mandò uno sguardo incuriosito. "Hai avuto qualsiasi contatto con loro?" chiese con il suo solito fare da investigatore.
Mi morsi il labbro guardandolo negli occhi. "Ho sparato ad uno di loro." dissi priva di sentimenti. Avevo appurato che stavano cercando di giocare con la mia mente, quell'uomo c'era riuscito a manipolarmi ma non volevo si sapesse.
"Fantastico." rispose lui chiudendo il quaderno. "Ora puoi tornare in camera e-" non fece in tempo a finire la frase poiché la porta della stanza venne abbattuta e due degli Avengers vi ci entrarono. "Ma cosa-"
"Siamo qui per lei." disse il primo, aveva indosso una tuta blu e teneva in mano uno scudo, portai una mano alla mia cintura per poi realizzare di essere disarmata.
Il Dottor Jensen mi guardò preoccupato e con una mossa fulgida tirò fuori una pistola dal suo cassetto per poi lanciarmela, l'afferrai al volo e constatai subito che era carica. "Non farlo." disse il secondo, era lo stesso uomo che mi aveva parlato il giorno prima. Di nuovo sentii quella sensazione allo stomaco, mi sembrava di conoscerlo da una vita e allo stesso tempo di non averlo mai visto. "Vogliamo aiutarti."
"No." borbottai puntandogli contro la pistola.
"So cosa vuol dire stare qui, ci sono passato anch'io." alzò le mani in aria in segno di resa sotto lo sguardo attento del suo compare. "Sono stato addestrato dall'HYDRA proprio come te."
Sbattei velocemente le palpebre alla sua dichiarazione, era possibile? Forse era per questo che era riuscito a parare le mie mosse e io le sue. "Non ascoltarlo." sussurrò Jenson. "Ricordi ciò che ti ho detto? Stanno cercando di manipolarti."
L'uomo con lo scudo prese il dottore e lo portò fuori dalla stanza lasciando me e il suo collega da soli. "Non devi per forza fare ciò che ti dicono."
"Zitto." portai le dita sul grilletto, le mie mani stavano tremando.
"Loro non sono buoni, fuori di qui c'è un mondo, tu non sei come loro. Ti hanno cancellato la memoria e resa il loro burattino."
"Stai zitto!" urlai sentendo le lacrime agli occhi, chi era lui? Perché mi stava dicendo tutto ciò e perché il suono della sua voce mi dava conforto?
"Posso portarti via e mostrarti che ti sbagli." disse di nuovo, scossi la testa, non riuscivo a capirci nulla. Chi aveva ragione? Indecisa sul da farsi, feci ciò per cui ero stata addestrata a fare: uccidere. Premetti il grilletto ma lui si spostò velocemente per poi calciare la mia mano facendomi così perdere la presa sull'arma. "Non cerco uno scontro con te." mi disse ma io non l'ascoltai e partii all'attacco contro lui.
Nonostante lo spazio ristretto della stanza, lui riusciva ad evitare la maggior parte delle mie mosse, nonostante ciò non cercò mai di attaccarmi per primo.
"Per favore, lascia che ti aiuti." mi urlò contro bloccando il mio pugno con la sua mano di metallo.
"Non voglio il tuo aiuto." replicai per poi cercare di calciarlo, quello che non avevo previsto, però, fu un colpo alla schiena che mi costrinse a terra, mi sentivo totalmente bloccata.
Una donna dai capelli rossi entrò nel mio campò visivo e mi guardò senza emozioni. "Questo era per il proiettile nel mio braccio." disse gelida e la riconobbi subito.
"Che le hai fatto?" le chiese l'uomo mentre aprivo e chiudevo la bocca in cerca di aria.
"Le ho bloccato la schiena, dovrebbe addormentarsi tra poco, non ringraziarmi."
Alzai gli occhi al cielo e cercai di rialzarmi in piedi ma mi sembrava tutto impossibile. Alla fine chiusi gli occhi sentendoli appesantiti e mi lasciai cadere in un sonno profondo.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro