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01

"Alzati." la voce fredda del sig. Smith mi fece rabbrividire mentre aprivo gli occhi, la luce artificiale della stanza mi abbagliò e mi ritrovai a sedermi in una mossa veloce. "La tua colazione." lasciò il vassoio sul tavolino di fianco al mio letto. "Quando hai finito vestiti e raggiungimi nella sala grande." annuii lentamente cercando di elaborare velocemente i suoi comandi.

La sala grande? Ci ero stata poche volte negli ultimi mesi e solo per assistere a delle spiegazioni riguardo a delle missioni.

Dopo che la porta venne chiuse mi decisi a osservare la mia colazione: due pastiglie per la fame, una per la salute e un'ultima per il mio mal di testa. Sospirai alzandomi e passando una mano lungo i miei capelli mossi, aprii il cassetto del tavolino e tirai fuori un elastico per poi legarli attentamente in uno chignon.

Presi una ad una le pastiglie e le ingoiai velocemente per poi mandarle giù con l'acqua che mi avevano portato.

Una volta finita la colazione uscii dalla mia camera e raggiunsi la cabina di disinfestazione, pigiai il pulsante per il corpo e venni investita da un vapore pensato appositamente per lavarmi senza grandi difficoltà. Mi dicevano che la mia salute era molto importante per loro, una volta asciugata presi la mia uniforme che avevo lasciato a pulire il giorno prima e la infilai velocemente.

Mi scrutai attraverso il grande specchio posto sulla parete e sospirai notando di avere diverse borse sotto agli occhi e gli zigomi tanto incavati.

Tutte le donne che vedevo all'interno della struttura avevano un viso perfetto, delle guance morbide e degli zigomi sodi mentre tutto ciò che riuscivo a vedere su di me era pelle e ossa.

Uscii velocemente dalla cabina scuotendo la testa. Non c'era motivo di preoccuparsene, mi avevano detto che ero in ottimo salute e che il mio corpo era perfetto così com'era.

Mamma mi aveva fatto quel discorso diverse volte, ci teneva a ricordarmi che il mio aspetto non contasse e che andavo bene così. Lei era probabilmente l'unica persona di cui potevo fidarmi all'interno della nostra comunità.

"RB303." il sig. Jefferson, uno dei tanti scienziati che si prendevano cura di me, mi salutò con un cenno veloce prima di prendere il suo tablet. Mamma mi aveva spiegato che un tablet era un dispositivo inventato mentre ero in un sonno profondo, serviva a controllare i miei parametri vitali e qualsiasi altra cosa c'entrasse con te grazie ad una capsula iniettata nel mio collo quando ero una bambina.

Lo ossservai attentamente mentre studiava attentamente i dati mostrati sullo schermo, poi sollevò il viso e mi fece un mezzo sorriso. "Sei in salute perfetta, vai pure." annuii senza pronunciar parola e mi incamminai verso la sala grande.

Non mi era permesso parlare con la maggior parte delle persone lì dentro, era per il mio bene.

Sorpassai la sala d'addestramento e anche l'armeria per poi salire sull'ascensore. All'interno di esso vi si trovavano tre guardie, mi guardarono con circospezione e, conoscendo ormai le regole, dovetti avvicinarmi ad uno di loro e sussurrare. "Hail Hydra." solo allora mi diedero il permesso di schiacciare il pulsante per raggiungere il piano 45C.

Le mie giornate erano molto noiose se non per le poche missioni a cui partecipavo. Dopo aver compreso le mie capacità venni allenata fino a quando non fui pronta per affrontare il mondo esterno.

Mamma diceva che ero molto speciale, avevo una forza sovrumana, riuscivo a centrare un bersaglio da grandi distanze, riuscivo a correre veloce quasi quanto un'auto e avevo dei riflessi più veloci della madia.

Aprii la porta della sala grande e mi appostai silenziosamente in fondo ad essa, quello era il mio posto. Non potevo intervenire né parlare. Potevo solo ascoltare.

"Abbiamo dati certi che ci riportano a quest'uomo: Jackyll Trevis. Ci sono voci che abbia collaborato alla ricerca e produzione di un siero capace di alimentare le armi allo stesso livello di una bomba atomica." quello che parlava era il nostro capo, la mente della nostra comunità che cercava di salvarci dai ribelli. O per lo meno, era ciò che mi aveva spiegato mamma.

Lei stava seduta a tavola insieme ad altri rappresentanti, annuiva osservando i file di fronte a sé. "Ho intenzione di mandare una squadra a setacciare la casa di Trevis, voglio quel siero anche a costo di portare quell'uomo alla base." mandò un'occhiata a tutti i presenti per poi fermarsi su mamma. "Amanda?" chiese poi.

Lei si leccò le labbra e sorrise. "Certo, manderò RB303 con la tua squadra." annuì. "Ma voglio sia lei a manovrare la spedizione."

Il capo la guardò confuso per poi darmi un'occhiata. "Lei? Una ragazzina di 16 anni? Amanda, quanta conoscenza avrà in fatto di spedizioni?" chiese e corrugai la fronte. Stava mettendo in discussione ciò che mi era stato insegnato per quasi sei mesi.

"RB303, tesoro." mamma mi richiamò e feci un passo in avanti. "La penna." disse semplicemente per poi prendere una penna e lanciarla in aria. Presa d'istinto afferai la mia pistola dall'uniforme e sparai un proiettile per poi rimetterla nella tasca apposita.

Mamma sorrise per poi raccogliere la penna da terra e mostrare il foro facendo capire che l'avevo centrata in pieno. Ci fu un silenzio di tomba per qualche secondo e poi un applauso lento e pacato da parte del capo. "Mi hai convinto, condurrà la squadra."

Sorrisi leggermente felice di aver reso mamma fiera di me e di averle fatto fare una buona figura davanti ai suoi colleghi. Tutti si alzarono in piedi ed uno ad uno uscirono dalla stanza. "Brava ragazza." mi lodò una mamma una volta arrivata da me. "Questa è la nostra occasione, vai e rendimi fiera."

"Sarà fatto mamma." annuii e lei sorrise accarezzandomi la guancia.

Si guardò intorno per controllare che non ci fosse nessuno e poi si avvicinò al mio orecchio e sussurrò. "È solo l'inizio, continua così e prenderemo noi il potere." poi si allontanò. "Ora andiamo, dobbiamo vestirci adeguatamente, darti delle armi e spiegarti il piano." schioccò le dita e uscimmo dalla sala.

**
La mia tuta era abbastanza semplice, interamente nera in modo da riuscire a confondermi meglio nel buio, avevo anche degli occhiali speciali che servivano ad aiutarmi nella concentrazione per mirare ad un bersaglio e con una visione notturna. Una maschera protettiva che mi avrebbe impedito un contatto diretto con sostanze chimiche o tossiche.

Il tutto era pieno di armi, pistole, bombe a gas, coltelli, pugnali e così via. Mi sentivo appesantita da tutto ciò ma mi sarei dovuta adeguare in un modo o in un altro.

"Abbiano finito?" chiese mamma osservandomi mentre un ultimo uomo mi infilava un auricolare nell'orecchio.

"Questo è l'ultimo." si allontanò e prese un bracciale. "RB303, riesci a sentirmi?" mormorò e riuscii a sentirlo perfettamente attraverso l'auricolare.

Annuii, la tecnologia avanzata di questi anni mi destabilizzava, non li conoscevo e a detta di mamma era tutto a causa della mia perdita di memoria.

"Perfetto." prese il bracciale per poi metterselo al polso. "Andiamo tesoro, dobbiamo spiegarti i dettagli del piano." allungò la sua mano verso di me e la presi subito per poi seguirla fuori dal laboratorio.

Osservai gli altri uomini mentre si preparavano per la missione, erano tutti più muscolosi e alti di me. Non che ci volesse tanto, ero alta un metro e un tappo, ma la cosa mi metteva abbastanza a disagio, voltai lo sguardo verso mia madre che sembrava ignorare completamente le mie paure. "Mamma." la richiamai e lei si girò con aria curiosa. "Cosa succederebbe se non riuscissi a portare a termine la missione?" deglutii, non mi era permesso esternare le mie emozioni e la maggior parte delle volte subivo una punizione se osavo mettere in dubbio quello che diceva lei.

I suoi occhi da curiosi divennero freddi, le sue labbra formarono una linea retta e l'unica cosa che disse fu. "Cella." e sapevo benissimo cosa intendeva.

La cella era la mia punizione. 48 ore in isolamento, senza cibo o acqua. Se ciò che avevo fatto era grave potevo ricevere anche punizioni fisiche, una volta mi diedero la scossa. Sospirai abbassando lo sguardo non riuscendo a sostenere il suo. "Non fallirò." mormorai e ricominciammo a camminare.

"Sono felice di sentirtelo dire, cara. Ora andiamo, non vorrai partano senza di te." scossi la testa con un movimento meccanico e abbassai lo sguardo sulle mie scarpe, non potevo sottrarmi al mio dovere e questo lo sapevo fin troppo bene.

**
Mi era stato spiegato tutto nei minimi dettagli ed ero pronta a dirigere l'operazione, avevamo affrontato un volo do circa 6 ore durante il quale mi ero riposata e avevo memorizzato tutte le nostre mosse, niente poteva andare storto.

"1 minuto al lancio." ci avvertì il pilota, annuii allacciando la maschera al mio viso. "Vi lancerete da 600 metri esatti, dovreste atterrare sul tetto in 2 minuti da adesso."

Nessuno mosse un muscolo e io mi fermai a osservare tutti gli uomini presenti, ero quasi sicura che molti di loro non sarebbero sopravvissuti dopo oggi e la cosa mi dispiaceva da un lato, ma dall'altro mi era stato spiegato che non era mia dovere proteggere le loro vite.

La porta laterale dell'aereo venne aperta e uno ad uno ci lanciammo nel vuoto, i nostri paracaduti si aprirono automaticamente e atterrammo silenziosamente sul tetto della residenza di Trevis.

Tre dei miei uomini si riunirono e grazie a dei laser riuscirono a tagliare un'entrata attraverso le mura in modo da poter entrare, feci un cenno con la testa ad altri due per mandarli in ricognizione per verificare la fattibilità del piano.

Osservai l'orologio al polso, eravamo in perfetto orario sulla tabella di marcia, speravo solo tutto andasse come programmato.

"Via libera." mi informarono poco dopo. "Cosa facciamo?"

Presi un grosso sospiro e ripensai a tutto ciò che avevo memorizzato in quel breve lasso di tempo. "Vi dividerete in tre squadre. La prima penserà al siero, la seconda disabiliterà tutti gli allarmi e la terza rimarrà qui come rinforzo in caso di bisogno." spiegai, la maggior parte delle volte che usavo la mia voce mi sembrava un miracolo, non mi era quasi mai permesso e proprio per questo finivo per dimenticare quale fosse il mio tono e suono.

"E tu?" chiese un soldato caricando la sua pistola.

Mi guardai intorno. "Io devo parlare con Jackyll Trevis." dissi infine per poi fare cenno di separarci.

Lavoravo meglio sola, era un dato di fatto. Ma questa volta non si trattava di uccidere quanto di convincere, una cosa a me nuova.

Camminai per i vari corridori con passo rapido, sentivo quella sensazione di ansia crescere sempre di più dentro di me ma ero costretta a reprimerla.

Una volta raggiunta la camera da letto di Trevis, aprii la porta calciandola con forza e, di conseguenza, rompendola. L'uomo di mezza età si alzò dalla sua precedente posizione sdraiata e, visti i suoi vestiti, capii che l'avevo appena svegliato. Mi guardò sconvolto mentre mi avvicinavo al suo letto.

"Dottor Trevis?" chiesi conferma e lui annuì tremante. "Mi segua." gli ordinai, lui mi osservò dalla testa ai piedi per poi alzarsi impaurito.

"Non mi uccida, la prego, posso darle tutti i miei soldi." mi pregò con le mani congiunte mentre si avvicinava a me.

Lo fissai in silenzio, mi faceva così pena. "Non sono qui per ucciderla." replicai cercando di sembrare il più distaccata possibile, lui mi osservò sollevato. "Ho un'offerta per lei."

"E sarebbe?" mi chiese deglutendo ansioso.

"Il suo siero. Lo produrrà per l'HYDRA e ci aiuterà nei nostri piani."

Lui rimase a fissarmi per qualche attimo. "E se rifiutassi?"

Tirai fuori lentamente una pistola dalla mia cintura per poi puntargliela contro. "Ho paura non ci sia alternativa." in realtà mi era stato proibito di ucciderlo, ma infondere paura aiutava sempre in questi casi.

Lui annuì lentamente. "Capisco." Mormorò per poi guardarmi con un'espressione triste e arreso, mandai giù a fatica la saliva presente in bocca, non mi era mai capitato di essere a stretto contatto con un civile durante una missione e, per quanto fossi stata allenata, odiavo dover imporre la mia forza contro una persona indifesa. "Non devi farlo per forza." Cercò di farmi ragionare. "Sembri giovane, sei ancora in tempo per fermare tutto questo e fare la cosa giusta." Cercò di avvicinarsi alla mia arma, ma intuendo la sua mossa alzai in aria la pistola e feci partire un colpo dalla canna.

"Non esiterò ad usarla di nuovo." Lo avvertii nervosamente, dovevo solo portarlo sull'elicottero e tutto questo sarebbe finito. Trevis rimase immobile ancora impaurito dalla mia precedente azione, non feci in tempo a fare un passo che dal mio auricolare sentii delle voci dei miei compagni.

"Abbiamo compagnia, ripeto, siamo sotto attacco."

Sospirai e riposi la pistola nella custodia per poi afferrare l'uomo dal braccio e trascinarlo con me per i corridoi. Non potevo crederci, eravamo sotto attacco, ma come avevano fatto a trovarci? Non riuscivo a spiegarmelo, non ne ebbi comunque bisogno. Una volta arrivata all'esterno riuscii a notare delle figure combattere contro i miei uomini, feci cenno ad uno di loro di avvicinarsi. "Portalo sull'elicottero." Gli ordinai guardando Trevis, questo stava tremando come una foglia ma non si oppose neanche quando il soldato lo spinse via con lui.

Il problema Trevis era risolto, ora dovevo solo concentrarmi sull'eliminare chiunque ci stesse ostacolando. "RB303." Sentii la voce di mamma dal mio auricolare. "La missione è compiuta, lascia stare la squadra e torna al laboratorio, immediatamente." Ordinò e spalancai gli occhi.

Andarmene? E lasciare queste persone a morire? "Ma-" provai a replicare.

"No! Non voglio uno scontro diretto con loro." Mi avvisò.

Presi un sospiro profondo e osservai la situazione, erano 4 uomini e 1 donna e sembravano star abbattendo la mia squadra uomo dopo uomo, non so con quale forza di volontà decisi di non rispettare gli ordini e tolsi l'auricolare dall'orecchio per poi buttarlo a terra. Presi invece la mia pistola e puntai alla donna, aveva i capelli rossi sciolti e un corpo snello, si muoveva molto velocemente ed era difficile capire come colpirla ma avevo l'effetto a sorpresa dalla mia parte visto che nessuno si era accorto della mia presenza. Una volta individuato il bersaglio sparai prendendola ad un braccio e facendola accasciare a terra.

"Natasha!" Urlò il biondo della sua squadra andando a soccorrerla, i suoi occhi si puntarono su di me e prese il suo scudo, non aspettai e iniziai a sparare a raffica contro il suo scudo mentre mi avvicinavo lentamente a loro. "Tony, un aiuto?"

D'un tratto sentii un dolore al fianco e mi ritrovai in aria, capii di essere stata colpita da un uomo che indossava una tuta rossa, mi ripresi in tempo e atterrai a terra per poi rimettermi in piedi, non battei ciglio e provai a sparargli contro ma nessuno dei miei proiettili sembrava riuscire ad oltrepassare la sua armatura. Riposi a posto la pistola e tirai fuori invece un coltello per poi saltargli addosso, un approccio diretto sembrava la soluzione migliore. "Cap, abbiamo un problema qui." Lo sentii dire mentre cercava di schivare tutti i miei colpi.

"Natasha è a terra, non posso lasciarla qui." Rispose il biondino mentre cercava di proteggere la ragazza dai capelli rossi.

"Ci sono io!" Mi ritrassi in tempo per schivare una sostanza appiccicosa sparata verso di me, mi girai per vedere un altro uomo indossare una calzamaglia rossa. "Bella mossa." Mi complimentò per poi cercare di darmi un calcio che bloccai facilmente afferrandolo per la caviglia. "Aspetta, cosa-" non fece in tempo a finire perché usai tutta la mia forza per spingerlo via.

"Qualcun altro?" Chiese l'armatura rossa.

E fu allora che lo vidi. L'ultimo dei loro uomini, aveva i capelli lunghi e castani, gli occhi chiari e un braccio di metallo, questo mi guardò per qualche attimo prima di mettere mano al suo fucile, non mi tirai indietro e non appena iniziò a sparare mi mossi velocemente schivando tutti i proiettili.

Una volta che gli fui abbastanza vicina iniziai una lotta corpo a corpo, rimasi shoccata nel notare quanto le sue mosse fossero simili alle mie, riuscivamo a bloccarci a vicenda e i nostri attacchi andavano quasi sempre a vuoto.
Ero a corto di idee, una cosa che non mi succedeva quasi mai, ma venni presa alla spalle da un colpo che mi fece cadere a terra, rotolai a terra per poi rialzarmi lentamente. I miei occhiali erano saltati via così come la mia maschera, il mio viso era ormai visibile e i miei capelli si erano sciolti quasi del tutto. Mi girai verso i miei avversari solo per vederli guardarmi sbigottiti.

"È una ragazza?!" Urlò calzamaglia rossa facendomi corrugare le sopracciglia.

Ci fu un attimo di silenzio, il castano fece un passo in avanti guardandomi con occhi spalancati. "Renata?" Chiese con fare confuso.

"Chi diavolo è Renata?" Replicai per poi tirare fuori la mia pistola e cercare di sparargli invano visto che il biondo si posizionò davanti a lui con il suo scudo in modo da proteggerlo.

"RB303, possiamo andare." Mi richiamò uno dei miei soldati, annuii distrattamente continuando a fissare quell'uomo dall'aria così familiare. Nonostante ciò corsi via subito verso l'elicottero per poi salirci su e partire verso il laboratorio.

La missione era stata un successo, ma nonostante ciò non riuscivo a togliermi una domanda dalla mente.

Chi diavolo è Renata?

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