La scelta di Benedict
James lasciò che Amber si riposasse fino a tardi, solo verso sera la sentì conversare al cellulare con la sua amica Lise per informarla della sua temporanea assenza.
La consapevolezza che avesse instaurato un'amicizia con una persona che attenuasse il suo senso di solitudine lo confortava. In realtà, sperava di poterla conoscere presto.
Soddisfatto, si mise ai fornelli per preparare una modesta cena, considerando che la giovane donna faticava a rimanere in piedi.
Quando arrivarono a Londra, suo fratello, riuscì a permettersi una governante, che si prese cura di loro e della casa, e fu proprio da lei che imparò a cucinare.
"Nel caso ne avessi bisogno, un piatto caldo fa sempre comodo." Gli diceva l'anziana scompigliandogli i capelli mentre girava il mestolo nella pentola della pasta.
Infatti, ora gli sarebbe servito.
"Non sapevo che fossi anche un bravo cuoco" ridacchiò lei quando lo raggiunse osservandolo impiattare del riso con le verdure, "hai molte doti nascoste, mio caro."
"Lo scoprirai un po' per volta e ora assaggia la mia arte gourmet, visto che ho dovuto arrangiarmi con i molti ortaggi che ho trovato nel frigorifero." scherzò lui.
Alla fine della cena, vedendola silenziosa, le prese la mano preoccupato e la trovò gelata.
"Sei agitata per stasera? Non devi, Gabriel saprà aiutarti."
La sua amica scosse la testa, una smorfia le increspò le labbra. "Qualsiasi soluzione, purché questo tormento se ne vada."
Lui sentì la rabbia montargli dentro, se avesse avuto lì Henry Wallace lo avrebbe scuoiato un pezzo alla volta.
"Non farti prendere dalla furia. Non fare l'errore di Damien." Amber lo sgridò, era evidente che il ricordo dell'uomo che aveva amato la tormentava ancora.
Lui la rassicurò cercando di superare il dolore che provava nel vedere quel corpo minuto in sofferenza.
"Almeno permettimi di odiarlo, starò lontano da quel bastardo perché non voglio aumentare la tua angoscia. Ma rifarei la stessa cosa che fece il tuo ragazzo." L'avvocato si alzò di scatto per rimettere in ordine e per nascondere il rossore che gli saliva in volto.
"Lo sai che fu uno sbaglio che gli costò la vita!" rispose allarmata. "Promettimi di non affrontarlo." lo implorò con voce tremante, "rimani vicino a me."
James sorpreso per la sua preoccupazione, posò le stoviglie e le accarezzò la guancia.
"Per adesso Wallace si salva! Ora pensiamo a te. Dobbiamo andare."
Lei cercò di alzarsi, ma era ancora instabile, l'afferrò per i fianchi e la sorresse fino alla camera.
"Ti aiuto a vestirti?" le chiese titubante. "Sarò discreto, un vero gentleman. Promesso"
Amber rise e arrossì.
"D'accordo, vediamo come te la cavi." Gli indicò i vestiti che doveva indossare.
All'inizio fu facile, l'aiutò a spogliarsi, ma presto vederla svestita lo mise in imbarazzo, anche se cercava di apparire distaccato.
Le allacciò il reggiseno di pizzo, sfiorò gli slip mentre le stringeva la gonna in vita, le allungò la camicetta ma per quanto si sforzasse le mani lo tradirono.
Amber ridacchiò. "Pensi che tra noi sia solo amicizia?"
Il giovane non riuscì che a balbettare. "Non posso fingere, mi attrai, ma sei così bella e delicata che ho paura di romperti."
"Sei galante e timido allo stesso tempo, forse è per questo che mi fido di te." Gli baciò la tempia. "Il mio avvocato brillante e imbarazzato. Mi fa bene stare con te." affermò in un soffio.
Lui prese la giacca Burberry grigia e l'abbottonò abbassando la testa. "Avrei dovuto proteggerti e invece ti ho fatto del male."
La donna non volle che tornasse a colpevolizzarsi, lo confortò. "Smettila di punirti, sai già quello che penso."
Il giovane annuì pensieroso e le coprì le spalle con un blazer leggero.
Uscirono, stavano per prendere l'ascensore quando lui vide un cartello appeso due porte più avanti.
"Affittano una camera?" le domandò interessato, "mi potrebbe servire fino a che non trovo un lavoro stabile."
"Non torni a casa con Benedict?" le chiese stupita.
"Non con Gabe così astioso, in qualsiasi caso li devo lasciare soli."
"Spero che sia rinsavito sapendo ciò che hai passato." mormorò mentre si stringeva al suo braccio vacillando. "La signora Mallory è anziana ma gentile, se le parlo forse potrai affittarla, credo possa offrirti l'alloggio ma non il vitto."
"Mi arrangerò, il cibo non è un problema, andrò alla tavola calda. Ma sarà per poco."
La sorresse per tutto il tragitto che portava all'auto. Era così impegnato a tenerla stretta che lei iniziò a ridacchiare scuotendo la testa.
"Sono così ridicolo?" disse mettendo il broncio.
"Appena un po', lasciami camminare, posso farcela da sola." La lasciò libera di muoversi, ma la controllò pronto ad afferrarla.
L'uomo era così preso dal suo compito che finì per incespicare sul marciapiedi.
Amber rise e lo avvolse in un abbraccio. "Sta tranquillo! Ho passato di peggio." biascicò al suo orecchio.
"Gesù! Mi sento così inutile, non ti aiuto per niente." sospirò lui.
"Invece lo fai, stupido! Mi rendi le cose più semplici".
L'auto della donna era parcheggiata in una via laterale. Quella dell'avvocato si trovava ancora al saint Bart.
Arrivarono all'ospedale verso sera. Salirono senza forzare il passo fino al piano superiore dove li aspettava Gabriel a cui avevano inviato un messaggio.
Il reparto di ginecologia si trovava poco oltre a quello di Benedict, e da lì che videro il cognato andargli incontro.
Lui le strinse il braccio.
"Sta sereno, andrà tutto bene." Lo avvertì la donna sottovoce.
Il medico li raggiunse, salutò con trasporto l'amica, mentre evitò di alzare lo sguardo su James, che sentì il sangue gelarsi per la sua indifferenza, ora che sapeva la verità.
Amber si appoggiò con più forza al suo fianco, voleva che Gabe vedesse la fiducia che gli accordava.
Quel gesto rincuorò l'avvocato, che buttò via l'ansia concentrandosi su di lei.
Quando furono vicino al reparto, il dottore si mise di lato. "Amber, devi entrare insieme a me. Lui non può." ribadì con voce ferma.
"Per quale motivo?" sentenziò lei pacatamente. "Se è con me conterà qualcosa."
Gabriel si incupì. "Solo i parenti o i congiunti hanno l'accesso e lui," tossì portandosi le mani alla bocca, "non è niente per te. Almeno che io sappia." Lo sottolineò con durezza.
James accettò quella situazione per il rispetto che doveva alla donna per cui nutriva dell'affetto. Il cognato gli era ostile più di prima. Non era servito a nulla rivelargli quello che aveva patito da ragazzino.
Per questo la guardò addolcito mentre era appoggiata al suo fianco e ribadì con voce ferma.
"Devi pensare alla tua salute, va con lui, io rimarrò qui."
La ragazza reagì con tristezza, affrontando l'amico che stentava a riconoscere. "Gabe stai sbagliando! E di molto! So che potresti farlo entrare, ma semplicemente non vuoi."
Il rosso replicò piccato. "Se le cose tra di voi sono cambiate, non ti creerò problemi, più tardi potrai vederlo se vorrai," abbassò il tono e si fece gentile, "mi dispiace, ti voglio bene amica mia, ma per adesso lui deve restare qui."
James, consapevole del momento precario in cui si trovava, la spinse con garbo verso il medico.
"Reggila, portala dentro con te e prenditene cura." James si fece da parte.
Il dottore strinse le labbra e non gli rispose.
Amber attonita si lasciò andare e si afferrò a quell'amico che appariva in una crisi profonda, ma prima di varcare la soglia si voltò a guardare il giovane.
"Rimani da queste parti. Sai ciò che penso di te."
Lui annuì, il corpo accaldato, mentre li vide sparire oltre la porta.
Il giovane sentì un dolore sordo nel petto, il comportamento del cognato era peggiorato e Ben non sarebbe stato contento di quella situazione. Doveva capire la sua reazione, perciò si diresse nella stanza di degenza del fratello.
Quando raggiunse l'entrata gli mancò il fiato.
Benedict scriveva seduto al tavolino, sarebbe tornato a casa la mattina dopo in base agli accordi. Si girò e lui vide la costernazione in quel volto ancora pallido.
"Ma cosa hai combinato? Gabriel mi ha detto tutto. Intanto, Amber come sta?"
"Meglio, l'ho costretta a riposare e cenare. Ora è nelle mani del tuo compagno." Sbuffò avvicinandosi al fratello, che lo osservava preoccupato. "Non mi ha degnato di uno sguardo, immagino che non mi abbia assolto." aggiunse svogliato.
"Hai commesso una stupidaggine!" esplose il professore lasciando cadere la penna. "Perché hai voluto che Gabe conoscesse la verità? Se la causa dei vostri litigi è la sua gelosia, sapere del tuo passato non l'ha affatto calmato. Anzi ti ha accusato di avermi manipolato per anni e mi ha chiesto di scegliere!" Batté la mano sul tavolo. "Sai che è l'uomo che amo, ma non ragiona più da quando ho avuto l'incidente."
Il maggiore si portò le mani sulle tempie e le premette con forza. "Per tutti i santi, ragazzo! Mi ha confessato che è andato nel panico quando sono collassato in rianimazione e hanno dovuto sostituirlo!"
James sbiancò, il cuore nel petto sembrava scoppiargli.
"Non mi aveva detto nulla del pericolo che avevi corso! Quindi è per questo che non mi perdona, non ha superato lo shock. Speravo che sapendo il motivo della tua vicinanza la sua gelosia si calmasse."
"Ma non è successo!" sbottò Ben. "Io vi amo entrambi, ma non è così che voglio vivere."
Soffriva e lui non voleva compromettere il rapporto che lo legava a Gabriel.
"Non scegliere fra noi due, mi metto io da parte! Anni fa, mi trasferii a Oxford per lasciarvi spazio."
"Credi che non l'avessi capito? Allora si dimostrava più comprensivo e affermò che potevi restare con noi."
Benedict si abbandonò sconvolto sullo schienale. "Ti lasciai andare al college, perchè pensai fosse una giusta motivazione per vederti maturare."
"E non sbagliasti Ben, dovevo crescere e l'ho fatto."
"Certo, finendo fra le braccia di Margot!" concluse il fratello alzandosi.
James agitò la mano, cercando di darsi coraggio. «Fu un periodo complicato, ma mi innamorai e la immaginai perfetta per me.»
Il fratello lo fissò a lungo, con uno sguardo penetrante.
"Ma non lo è stata! Più volte ti dissi che non mi piaceva l'atteggiamento di Wallace nei tuoi confronti! Fece in modo di attirarti nella sua trappola, attraverso sua figlia, presentandoti una vita di lusso e ricchezza." Continuò, il viso cupo. "Guarda ora in che situazione siamo finiti! Non riesco a capire come quell'uomo possa aver messo a repentaglio le nostre vite per il desiderio di avere un nipote, sacrificando un matrimonio."
Ci fu un silenzio irreale tra loro, erano vicini, eppure qualcosa li allontanava. James tremò nel vederlo barcollare.
"Siediti Ben, non stare male proprio adesso" Gli disse porgendogli la sedia.
"O smettila! Sto bene. ora devo pensare al mio compagno che ti addossa tutte le colpe. Gli ho parlato del tuo tentato suicidio, ma è stato impietoso e si è convinto che sei un immaturo viziato e irrazionale che mi impedisce di vivere tranquillo causandomi solo problemi."
James rimase basito.
"E tu pensi questo di me?" balbettò senza un filo d'aria nei polmoni.
"Certo che no! Ma anche se sbaglia, amo quel testone!" gridò il maggiore aggrappato al metallo della seduta.
Il giovane gli appoggiò la mano sulla spalla, non si era ancora rimesso e decise di non tormentarlo.
"Io ho fatto un tentativo per riavvicinarlo, ma se crede che sia la tua rovina mi faccio da parte!" deglutì a vuoto. È giusto che tu gli stia vicino perché adesso non è il Gabe che conosciamo."
Il professore si voltò a guardarlo seccato. "Non capisci! Non voglio allontanarti, e lui non mi deve mettere a un bivio! Non se mi ama."
Benedict lo preoccupava, cercò di smorzare il tono, non voleva che si agitasse.
"Non devi penare per me, Amber mi è vicina. Stiamo cercando un'intesa. " Il fratello lo guardò aggrottando le sopracciglia.
"Quindi vi siete aperti ai vostri sentimenti? Almeno mi trovo d'accordo su questa scelta, ma sappi che dovrete affrontare qualche commento poco piacevole. È una grande donna ma la gente la giudicherà per quello che faceva." Sbuffò e sorrise. "Non dovevi essere con lei?" gli chiese malinconico.
"Gabriel non ha voluto che rimanessi, la raggiungerò più tardi, dopo la visita."
È diventato geloso e illogico." biascicò il maggiore passandosi la mano nei capelli ancora troppo corti.
"Non preoccuparti per me, affronteremo il nostro rapporto insieme, per ora tra noi non c'è nulla di più che un'amicizia. Ma mi ha aperto il cuore e mi ha parlato del suo passato."
"Anche di Lise?" domandò il fratello accigliato.
"Sì, è un amica che le regala dei buffi pigiami con i gatti." Sorrise ridacchiando al pensiero di lei che lo indossava.
"Amica?" l'uomo alzò lo sguardo al cielo. "Beh se lo dice lei!"
Lo guardò sospettoso. "Che avete contro Lise? Fate sempre una faccia.... Avrà qualche amicizia o no?"
"Sì, scusami." rispose dimenticandosi perfino del problema del suo rapporto sentimentale. Scostò la sedia, prese a camminare avanti e indietro per la camera, le mani annodate dietro alla schiena, tipico di quando rifletteva per risolvere una questione che lo infastidiva.
James intervenne per calmarlo. "Forse è meglio che raggiunga Amber, così stai tranquillo."
Ben si voltò, nel volto una consapevolezza e una determinazione che lo spaventarono.
"No, rimani! Gabe arriva tra un po', voglio parlare a entrambi."
Il professore si voltò e tornò a sedersi al tavolo, prese a picchiettare con la penna nel foglio dove stava scrivendo.
Lui, non replicò e restò in piedi vicino alla finestra. Guardò di sotto la gente che passeggiava nel giardino. Si chiese cosa avesse deciso il fratello sospettando, purtroppo, nulla di buono.
Qualsiasi cosa succedesse tra di loro, adesso Amber era la sua priorità.
Una decina di minuti e il cognato entrò nella stanza. Li osservò uno alla volta e si incupì.
Cercò di avvicinarsi al tavolo, ma Benedict si alzò e lo fermò con la mano, la fronte aggrottata, le labbra strette. Scosse la testa, dove si vedeva la cicatrice della ferita ancora arrossata.
Non diede il tempo a Gabriel di parlare.
"Prima di tutto, come sta la nostra amica?"
Il dottore annaspò per il modo in cui lo aveva bloccato.
"Bene, ma deve subire un piccolo intervento per suturare le ferite interne, è in lista per domani mattina e trascorrerà la notte qui." Si girò verso James. "Ti aspetta. Il dottor Lewis la sta assistendo. Le ha accennato che tu fossi il suo fidanzato, per assicurarsi che tu restassi al suo fianco." commentò con un tono irritato.
L'avvocato non rispose alla provocazione, incredulo per la concessione che gli aveva fatto Amber.
Benedict indirizzò uno sguardo severo al compagno per quella frase scortese, poi si rivolse al fratello.
"Ora hai una nuova responsabilità, vedi di comportarti bene. Trascorri molto più tempo qui che a casa." Gli apparve in volto un sorriso divertito, ma vedendo l'atteggiamento insofferente dell'uomo che amava, si fermò al centro della stanza sollevando le spalle, confermando così il suo dispiacere.
"Domani mi dimettono e me ne andrò via da solo. Nessuno di voi due mi accompagnerà." replicò risoluto, ma le sue mani magre tremavano.
Il medico non si trattenne. "Ma che dici! Hai bisogno di aiuto, non puoi farlo."
Allungò il passo per avvicinarsi, ma Ben lo allontanò, scuotendo la testa con l'aria ironica di chi non poteva far null'altro.
"No, Gabe, ora mi ascolti! Non ho ragione di scegliere chi escludere, vi amo entrambi. Non cambierò idea, voglio rimanere da solo. Tu, fratello, ti darai da fare. Invece tu, rifletterai su quello che vuoi da me. Ma la gelosia non ne fa parte."
Il minore lo assecondò. "Comunque io, me ne sarei andato lo stesso. Avreste avuto la vostra libertà."
Ben ridacchiò sommesso. "Non si tratta di questo, non mi piace vedervi litigare, né offendere, né sopportarvi a causa mia. Quando vi sarete calmati allora vedremo. "
Il dottore era insolitamente pallido. "Hai bisogno di aiuto, sono io che ti ho in cura, ma cosa ho sbagliato?"
"Per tutti i santi!" Soffiò Ben agitando il braccio. "Come fai a non capire! È l'amore e il rispetto che hai mancato. Quel ragazzo." Indicò con la mano il minore che aveva gli occhi lucidi. "È la mia famiglia, e la stavo perdendo. Non mi chiedere di rinnegarlo!"
La sua voce si fece forte e chiara, consapevole della scelta fatta.
"Ora lasciatemi. Tu va da lei e dalle il conforto che le serve. E dille che quando vuole l'aspetto. E tu, Gabe, pensa al dolore che mi hai imposto chiedendomi di scegliere tra voi due. Non sei diverso da lui per immaturità."
Il compagno boccheggiò tentando di rispondere, anche James restò paralizzato e abbassò la testa. Si sentivano colpevoli entrambi di averlo messo alle strette.
"Va bene, se è ciò che desideri fratello mio," replicò James conscio della sua scelta, "aspetterò, ma sai che ci sarò sempre."
Avrebbe voluto abbracciarlo, ma si trattenne per non urtare la sensibilità del cognato che sembrava una statua di marmo. Gabriel era fermo accanto all'entrata e balbettò.
"Ho sbagliato me ne rendo conto, ma se è quello che vuoi lo accetto anch'io. Chiederò a un collega di seguirti." Terminò la frase vacillando, si appoggiò allo stipite per assorbire la decisione dell'uomo che amava.
James nell'uscire lo sfiorò senza guardarlo. Lo sentì chiudere la porta alle sue spalle, avvertì i suoi passi nel corridoio.
Tutti loro avevano perduto qualcosa.
Si infilò nel primo bagno che vide e si chiuse dentro. Gli mancava il respiro, rimase seduto sul water sudato e tremante, aspettando che gli passasse
Non voleva cedere, si concentrò sulla donna che lo stava aspettando.
Il sangue gli pulsava nelle tempie, si impose di essere forte per lei. Respirò a tempo pensando agli insegnamenti di Benedict per calmare gli attacchi di panico, che furono una costante dopo l'incidente dei genitori.
In realtà non se ne erano mai andati del tutto, così come la paura per gli aghi e il mal di stomaco per le lavande gastriche a cui lo sottoposero. Odiava ciò che aveva fatto e si torceva nel rimorso che Gabriel non lo avesse assolto.
Lentamente riprese fiato, uscì e si lavò la faccia cercando di sistemarsi.
Lo specchio rifletteva l'immagine di un volto provato, i capelli neri in disordine, gli occhi grigi arrossati, la fronte con due solchi profondi. Strinse le labbra, si accarezzò il mento e la poca barba che gli stava ricrescendo. Era un disastro! Si schiaffeggiò le guance per riprendere colore.
Amber doveva stare tranquilla e guarire.
Al resto avrebbe pensato dopo: Ben, Gabe, Henry Wallace, Margot e il divorzio furono confinati in fondo alle sue priorità.
Uscì con la determinazione di restare accanto ad Amber: doveva crescere, non era più un adolescente.
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