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8. Luce e buio

Sara mi chiede per quale motivo Lucifero l’abbia baciata, ma la verità è che non lo so. Eppure, quelle parole… Ho dovuto farlo e cercare a mia volta la risposta che non posso darle. Ho dovuto ripetere i medesimi gesti da lui compiuti e così l’ho sentito, ho percepito la flebile traccia del suo potere. Il tocco di Lucifero esitava sulle labbra della mia Sara per un solo, semplice sfiorarsi, per cui posso ben immaginare quanto di me, invece, abbia recuperato lui. Gesti che conosco, mio malgrado, impossibili da strappare al ricordo, al dolore, capaci di restituirmi un brivido.

Lei parla di libertà e di amore, proprio come Luce.

Lei sogna e combatte, col suo fragile corpo e la caducità umana, come avrebbe fatto Luce.

E io?

«Hai ragione. È giunto il momento che tu sappia delle questioni Celesti, ma non perché morirai: prima che ciò accada, dovranno porre fine alla mia esistenza».

“Stavolta hai scelto il tuo cuore”, sussurra alla mia mente, senza scherno, mentre Sara si aggrappa a me.

Cerco di regalarle un sorriso per calmarla. Se non fosse tutto così assurdo, sarebbe comico. Quanto ho vissuto punendo il peccato e i peccatori, impietoso e implacabile? Ora, invece, tutto è dubbio.

La rassicuro e resto stupito dalle mie parole, da questa nuova concezione dell’amore.

“Nuova?”.

“Ti prego, lasciami respirare”, rispondo esausto a Lucifero.

“Non ho mai necessitato di preghiere, Luce di Dio, dovresti saperlo. Riposa”.

Sospiro, sistemandomi sul letto. Sara deve avermi detto qualcosa, ma mi è sfuggito e mi limito a prenderla tra le braccia, accomodandola su di me. È giusto che sappia, sono io, temo, a non essere pronto per confessare tutto.

Padre, cosa mai dovrei fare? Il mio compito che senso ha avuto, se tutto, ora, mi appare assurdo, sbagliato?

«Sei proprio sicura di voler spendere il nostro tempo in una così noiosa lezione?» le propongo un’ultima volta, ammiccando. «Potremmo fare qualcosa di ben più divertente».

In risposta, Sara arriccia le labbra con una buffa espressione di rimprovero e non mi resta che fare un ultimo profondo respiro.

«Ti ho già detto che siamo suddivisi in nove Cori, a loro volta raggruppati in tre schiere: suprema, media e infima». Chiudo gli occhi e ripercorro lesto i volti dei miei fratelli. «Ogni Coro porta l’effige del suo reggente, l’Angelo da cui ha preso forma. Alla prima gerarchia appartengono i Serafini, rappresentati dal drago, i Cherubini col toro alato e i Troni, contraddistinti dalla mercaba».
Riapro di scatto le palpebre in un moto di rabbia, a stento trattenuta, ripensando a quel simbolo.

«Ehi, tutto bene?» mi chiede con dolcezza e preoccupazione Sara, posandomi una mano sulla guancia.

Lei, mio fragile e incrollabile rifugio. Le bacio la palma, fermando gli occhi sui suoi.

«Alla seconda gerarchia fanno capo le Dominazioni col loro scettro, le Virtù con le mani dispensatrici e le Potestà sotto il segno d’una rosa». La sorpresa si dipinge sulla faccia di Sara, mentre dischiude le labbra e si mostra ancor più avida di conoscenza, così mi scopro a desiderarla in un bisogno che trascende il corpo e la ragione. «La terza gerarchia, infine», mi avvicino per sentire il suo respiro confondersi col mio, «comprende i Principati con una corona, gli Arcangeli contraddistinti da un globo alato e gli Angeli, la parte più cospicua degli Esseri Celesti».

Le accarezzo il naso col mio, con piccoli movimenti circolari, mentre lotto per non cedere alla tentazione delle sue labbra. L’epilogo di un misero fallimento s’infrange al suono della sua flebile voce.

«E loro da cosa sono rappresentati?»

«Da nulla», concludo appropriandomi della sua bocca.

Un bacio famelico che lei asseconda con passione, ma interrompe con sguardo supplice di informazioni e risposte, che ancora non ha avuto.

«Ai Serafini appartengono i Sette Spiriti di Dio, le Sette Fiamme assise innanzi al suo trono», riprendo con una morsa al cuore, vivida sofferenza che mi dilania.

«Come Lucifero, giusto?»

Serro la mascella e mi irrigidisco, involontariamente.

«Lui è il primo dei Serafini, suo è il drago di cui ancora si fregiano».

Si fa seria e non posso più leggere la sua anima, devo attendere impotente che mi sveli quali pensieri la turbano.

«Chi sono gli altri sei?»

«Vehuiah, Mahasiah, Achaiah, Ananel, Azariel e…»

«E?»

«Io», ammetto e distolgo lo sguardo davanti al suo sgomento, cercando di mettere distanza tra di noi.

«Tu?! Ma… ma come è possibile? Non capisco», mi incalza, impedendomi di allontanarmi col suo corpo.

Me la ritrovo addosso e la osservo sistemarsi a cavalcioni su di me. Inclino un po’ la testa, inarcando le sopracciglia divertito, mentre le sue mani mi premono le spalle, affinché restino a contatto col materasso. Sono stanco, è vero, ma non fino al punto d’essere alla mercé di un’umana. Eppure, è così bella per me da piegare il mio orgoglio, solo per bearmi del suo essere.

«Non capisci perché mi conosci come Arcangelo», le spiego, scostandole i capelli dal viso, per carezzarle lo zigomo col pollice. «In verità, la mia natura è quella d’un Serafino, creato al fianco di Lucifero».

Sembra meno sconvolta di quanto immaginassi. Socchiude appena le palpebre, sta riflettendo, ma è probabile che le sfuggano ancora molte cose, per cui precedo una domanda scontata.

«Ho scelto di unirmi al Coro degli Arcangeli dopo la caduta di Lucifero».

La mia voce suona così cupa e dura, Sara sussulta, scossa da un tremito. Non voglio che abbia paura di me.

«Perché il suo nome è diverso da tutti gli altri?»

Avevo scordato la sua attenzione ai dettagli, ora ne pago lo scotto, messo davanti a una questione che ho sempre fuggito, di cui non ho mai voluto e potuto parlare. Sposto l’attenzione sul soffitto e chiudo un attimo gli occhi.

«Perché non è il suo vero nome. Quando fu cacciato, venne spogliato del suo compito e il suo nome rinnegato, proibito, affinché ogni memoria fosse cancellata». Non sopporto l’orrore che striscia nel suo sguardo, affondando nella colpa che grava sul mio spirito e si riflette impietosa nelle lacrime che trattiene. «I Serafini sono i primi a ricevere il pensiero, dispensandolo ai Cherubini, custodi delle memorie Celesti, i quali organizzano le leggi e le strutture per realizzarlo. Chiudono la gerarchia suprema i Troni, portatori della giustizia divina, poiché loro è il compito di condurre ciò che è stato creato al luogo e al tempo giusto per manifestarsi».

Sara annuisce e sembra aver accantonato quello che l’angustiava, seppur la sua curiosità sia ora dimessa.

«Le Dominazioni tracciano i confini dell’agire, manifesto e immanifesto, secondo le regole designate. A loro, così legati ai Troni, seguono le Virtù, dispensatrici di grazia e valore, che creano l’archetipo, conferendo a ciò che è stato creato le caratteristiche peculiari, per poi affidarlo alle Potestà. Loro gli infondono il soffio vitale, iniziando l’uomo ai grandi misteri e rendendosi per lui muse ispiratrici. Mi segui?». Di nuovo annuisce in silenzio. «Sei sicura? Se vuoi, mi posso fermare. Sono un numero non indifferente di nozioni e nessuno di noi due si può dire in forma, al momento».

Sara mi squadra e ho il dubbio che abbia sentore della verità: sto cercando una fuga. È intelligente come donna e temo le domande che potrebbe farmi, non ho intenzione di mentirle.

«Continua», mi esorta, appoggiandosi però al mio petto col viso.

«Cosa fai?»

«Ti ascolto».

Si fa sempre più scaltra e ciò mi strappa un sorriso.

«I Principati aprono la terza gerarchia, quella più lontana dalla voce di Dio e più vicina agli uomini. Sono spiriti del tempo, tutelano dal male le comunità affidategli e ispirano ai loro responsabili le decisioni conformi alle leggi divine».

«Beh, mi pare che qualcuno di loro sia parecchio distratto», mi interrompe con sarcasmo.

Le tiro i capelli con cui mi stavo dilettando per vezzeggiarla, costringendola a incrociare il mio sguardo di rimprovero. Tuttavia, non si lamenta, anzi, mi sfida fronteggiandomi.

«È inutile che te la prendi», afferma decisa. «Io guardo ai fatti e non puoi certo negare che il mondo, la politica e persino i religiosi mostrino parecchi problemi». Talvolta mi stupisce, rivelando una sfrontatezza permeata di realismo, senza divenir cinica. «E la storia che sia tutta colpa del Diavolo mi convince sempre meno».

Sorride sardonica, quando mi attardo a replicare e ne ha ben ragione, poiché non posso contestarla.

«Il discorso sull’essere buoni, che tanto mi ha lasciato l’amaro in bocca, si colloca anche qui, inevitabilmente. Eppure, proprio in questo contesto apre il suo senso a una lettura ben più ampia», dice con tono sommesso, tornando con la faccia sul mio petto. «Ma forse non sono pronta a guardare così a fondo, forse non sono neppure abbastanza per poter comprendere tutto questo».

La sua voce si fa più dolce e morbida, un sussurro che si carica di paure e insicurezze, dopo uno slancio ammirevole e audace.

«O forse sei persino troppo… troppo libera per la visione di noi Angeli», ammetto, e le sue labbra si posano delicate all’altezza del cuore.

«Se fai così, però, non finisco di raccontarti niente». Lei ridacchia senza controbattere, tornando immobile. Il suo respiro regolare mi solletica di nuovo la pelle e riprendo. «Arriviamo agli Arcangeli che, custodi dell’archetipo, conducono ciò che è stato creato nel mondo materiale, sono la volontà divina che agisce, manifestandosi infine attraverso gli Angeli».

Sara scatta a sedere e mi punta, corrucciata.

«Ma…»

«Ma?»

«Com’è possibile che un Arcangelo abbia sconfitto e cacciato il primo dei Serafini?»
Ero certo che ci sarebbe arrivata, la verità è lampante in fondo.

«Non è possibile».

«Allora è tutta una bugia?» domanda, mentre le sue certezze vengono scardinate dalle fondamenta.

«Michael era il primo Trono, ma ha scelto di lasciare il suo Coro dopo quello scontro, come me… con me».

I suoi occhi mi scrutano e non riesco a sostenerli, troppo pesanti assieme a quel ricordo.

«Uriel, Luce di Dio», al suo apostrofarmi così vengo scosso da un brivido, «cosa vorresti nascondermi ancora?»

Perché la sua voce e le sue parole si confondono con quelle di Luce? Sto perdendo il senno! Stringo i pugni e l’allontano per alzarmi, ma mi afferra un polso.

«Uriel, ti prego…»

Nemmeno io ho mai voluto preghiere. No, ho sempre ubbidito a te, Padre. A te, che sei silenzio da troppo, anche allora.

Mi libero dalla presa di Sara, prendendomi la testa tra le mani, seduto sul bordo del letto.

«Io sono la Luce di Dio, che in principio era buio. Ciò che nessuno ha mai capito è che io sono buio… il buio che risplende, una pulsazione da cui scaturisce una scintilla. Quella è luce e per questo nessun altro, a parte me, avrebbe potuto affrontare Lucifero alla pari, neppure Michael». Le braccia di Sara mi avvolgono, mentre si appoggia alla mia schiena, donandomi un po’ di conforto, di pace. «Io ho cacciato l’unica creatura che sapeva capirmi».

«Non posso ambire a tanto, ma spero che tu riesca a sentirti meno solo con me», mi sussurra con un filo di voce, tremante.

Mi volto di scatto, cogliendola alla sprovvista, e le afferro il viso per far incontrare le nostre labbra, con una certezza che urla dentro di me.

«Tu sei la mia luce».

Salve Readers! Capitolo di transizione per far tirare il fiato a Sara e Uriel. Tuttavia, è ricco di informazioni e indizi. Spero di non avervi annoiato troppo, ma Sara doveva conoscere certe cose... e anche voi
Se il capitolo vi è piaciuto, lasciatemi un commento e/o una stellina.

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