13
Jack
Mi poggiai contro la parete della doccia, lasciando che il getto dell'acqua ghiacciata potesse scagliarsi pungente sul mio viso. Andare all'ospedale con mio fratello aveva fatto riaffiorare tutto ciò che pensavo di aver superato. La rabbia e il rancore bruciavano sulla mia pelle e la marchiavano a fuoco, per questo motivo avevo deciso di raffreddarmi un po'. Ma neanche quella doccia servì a molto. «Figlio di puttana» mollai un pugno contro il muro e allargai le narici. Respirai profondamente alzando e abbassando le spalle. Davanti agli altri riuscivo sempre a essere contenuto e composto, ma quando ero da solo facevo paura anche a me stesso. Erano state molteplici le volte in cui, per sfogarmi, avevo fatto a pezzi i mobili della mia stanza. L'incidente di Caroline non era stato un "caso", i freni dell'auto erano stati manomessi. La polizia ci aveva dato questa informazione nei giorni successivi. Non potevo credere che mio fratello fosse così sinistro e fuori di testa da causare un incidente mortale solo per gelosia. Ma avevo dovuto prenderne atto quando vennero rilevate le sue impronte digitali. Lui negò la sua colpevolezza, continuando a dire che non aveva fatto niente, ma fu davvero impossibile credergli con delle prove schiaccianti come quelle.
Mi era crollato il mondo addosso. Non solo avevo perso la persona che amavo, ma ero il fratello del suo assassino e dovevo guardare la sua faccia ogni stramaledetto giorno.
La mia famiglia decise di corrompere la pubblica sicurezza e il caso fu archiviato e insabbiato, ma non funzionò allo stesso modo per me. Non avevo proprio archiviato un bel niente. Dovettero assumere una guardia del corpo per mio fratello, perché non riuscivo a non saltargli addosso per malmenarlo. Nostra madre ci mandò entrambi in terapia, ma separatamente. A Jonathan venne diagnosticata la depressione e a me la difficoltà nel gestire la rabbia. Con il tempo avevo imparato ad autogestirmi, ma solo in pubblico. Jonathan invece prendeva ancora i suoi psicofarmaci ed era proprio per questo che aveva problemi con l'erezione.
Per un attimo sorrisi, ripensando alla scena in cui avevo rivelato a Sophia di conoscere l'andazzo della sua intimità con mio fratello. Chiusi il rubinetto e migliaia di goccioline scivolarono lungo il mio corpo. Qualcosa mi tenne paralizzato all'interno della cabina. Fu il ricordo della notte trascorsa con lei otto mesi prima. Mi venne duro nel giro di pochi secondi, così riaprii velocemente l'acqua fredda sperando di poter mettere fine alla mia eccitazione. Mi resi conto solo in quel momento di come lei riuscisse sempre a farmi scordare di tutto. La collera e l'adrenalina erano quasi svanite, si erano volatilizzate non appena il suo volto era apparso come un flash nell'anticamera del mio cervello. Ma avevo detto basta, dovevo farla scivolare nella scatola del dimenticatoio.
Nella mia vita avevo amato una sola volta ed era stato con Caroline. Dopo la tragedia avevo perso la mia vitalità, niente aveva più senso. Ogni giorno era uguale all'altro: una routine monotona, atrofizzata e inanimata. Venni bocciato per tre anni di fila, fino a quando non conobbi Sophia.
«Posso sedermi qui?»
Non mi preoccupai neanche di alzare lo sguardo per incontrare gli occhi di quella ragazza. Rimasi in silenzio masticando un chewing-gum e scarabocchiando sul mio quaderno.
«Chi tace acconsente» afferrò lo zaino che tenevo sempre sulla sedia affianco alla mia e lo spostò, per poi accomodarsi con nonchalance. Anche in quel caso non le rivolsi né uno sguardo né una parola. Lei non parve turbata, anzi più tardi iniziò anche a fissarmi. Sembrava che io fossi la lezione più interessante da seguire.
«Sei bravo a disegnare» se ne uscì mentre rifinivo un ritratto in bianco e nero degli occhi di Caroline. Per la prima volta mi girai quindi a osservarla. Restai inchiodato alle sue iridi azzurre «Grazie» mi ritrovai a risponderle.
E poi avevamo semplicemente iniziato a parlare, fino a diventare quelli che si chiamano banalmente amici. Lei era l'unica che si interessava a me. Al vero me. Quello che mi portavo dietro nonostante i lividi e le ferite. Lei non vedeva l'apatico ragazzo misterioso, lei sapeva andare oltre. Non mi aveva mai fatto domande scomode, piano piano aveva ricordato anche a me stesso chi fossi, era riuscita a curare le mie angosce senza accorgersene. Ero tornato a vivere. I giorni finalmente scorrevano veloci e ne volevo sempre di più. Me ne stavo innamorando? Non lo so, so solo che mi svegliavo con il sorriso perché ero consapevole che l'avrei incontrata e avevo imparato a perdermi nei suoi pozzi azzurri senza affogare. Ormai Sophia era casa per me. Era il luogo in cui mi riconoscevo, in cui mi ritrovavo.
Sarei stato un cieco a non accorgermi anche della sua bellezza esteriore e, in effetti, qualche tempo dopo iniziò la mia sevizia. Impazzivo quando stavamo vicini, bastava un tocco e mi incendiavo. La volevo. Ogni volta facevo una fatica immane per non prenderle la nuca e spingerla contro le mie labbra. Non potevo rischiare di rovinare tutto ciò che di bello avevamo costruito. Eppure, in alcune occasioni avevo perso il controllo cedendo al mio smisurato desiderio e l'avevo baciata. Dovevo ammettere di essere stato un codardo, poiché ogni volta ero sparito per giorni attirando la sua bile.
E fu così che cominciai a sedurre tutte le sere una ragazza diversa per affondare la mia frustrazione in due cosce morbide che non fossero le sue. Inutile dire che fossi insaziabile, la voglia di lei era troppa e non riuscivo a placarla in nessun modo. Però temevo di poterla perdere se solo mi fossi lasciato andare. O forse avevo paura di essere felice.
Successivamente mio fratello aveva iniziato a corteggiarla e io avevo preso le distanze. Non potevo sopportare quei due assieme. Da allora avevamo iniziato a bisticciare e provocarci in qualsivoglia occasione d'incontro, ma con un alto tasso di tensione sessuale. E poi c'era stata quella notte, quella fottutissima notte del suo compleanno che mi aveva sconvolto i piani. Col tempo Sophia era diventata il mio sogno proibito e avercela tra le mani ansimante mi aveva destabilizzato fino a spogliarmi di tutte le corazze che mi ero costruito con gli anni. La mattina dopo avevo aperto gli occhi ed era rimasto solo il suo profumo inebriante a tenermi compagnia fra le lenzuola di seta nere. Avevo stretto forte i pugni e poi mi ero lasciato ricadere nuovamente sul materasso con una stretta al petto e una fitta allo stomaco. L'avevo sognata tutta la notte e lei era scappata, proprio come avevo fatto io in passato.
Mi ero illuso, pensavo che quella fosse la seconda chance che la vita mi stava regalando per riparare ai miei vecchi errori, invece no. Non avevo mai avuto il coraggio di confessarle quanto fosse importante per me, ma speravo di poterlo fare un giorno, magari passare più tempo insieme e capire se ciò che provavo per lei era amore. Adesso, tuttavia, dovevo rassegnarmi all'idea di averla persa davvero. Avevo fallito in partenza e lo avevo deciso io sin dal principio. Non potevo incolpare nessun altro se non me stesso e le mie inutili paure per non averci neanche provato, per essere sfuggito alla mia felicità ancor prima di assaporarla. «Fanculo» sferrai un altro pugno e le nocche iniziarono a bruciare. Mi passai una mano tra i capelli e poi mi decisi a uscire dalla doccia.
Dopo essermi vestito afferrai il cellulare per riprodurre la mia playlist preferita su Spotify. Give me love di Ed Sheeran si propagò ad alto volume nella mia camera.
Dammi amore, come lei
Perché ultimamente mi sveglio da solo
Il dolore spruzza lacrime sulla mia maglia
Ti ho detto che le avrei lasciate scorrere
E che avrei trovato il mio angolo
Forse stanotte ti chiamerò
Dopo che il mio sangue si sarà tramutato in alcool
No, voglio soltanto stringerti
Di getto aprii il tiretto del mio comodino e agguantai l'album da disegno. La mano seguiva delle linee immaginarie e mi lasciai traportare da essa.
Dammi un po' di tempo per me
Bruceremo tutto questo
Giocheremo a nascondino
Per capovolgere le cose
E l'unica cosa che voglio è il sapore
Che concedono le tue labbra
Dammi amore come mai prima d'ora
Perché ultimamente ne ho un bisogno disperato
Ed è passato un po' ma i miei sentimenti sono rimasti uguali
Forse dovrei lasciarti andare
Stavo disegnando Sophia e quando me ne accorsi stracciai la pagina in un fruscio rumoroso, la accartocciai e la gettai lontano.
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