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Capitolo 14:

È difficile dire la verità, perché ne esiste sì una sola, ma è viva e possiede pertanto un volto vivo e mutevole. 

Cit. Franz Kafka

"Perché dopodomani?".
"Perché domani mi rivedo con l'altra".

L'umidità sul 55%, temperatura sopra i 30°C. La giornata era piacevolmente calda; tuttavia, Giulio si era svegliato nervoso. Prese subito in mano lo smartphone e chiamò Zambonin.
- Pronto, signor Clark? Mi dica -.
- A che punto siete con le indagini? -.
- Ah? Le indagin? Bene, tranquillo. Domani le porto già dei risultati se tutto va bene -.
- Che cosa dovrebbe andare bene? -. Era meglio non parlare dell'"aiutante" Asso di Picche.
- Il... Bè, il reticolo di indagini multiple che stiamo portando sul piano generale, per... Il completamento delle teorie logiche... Ah, adesso devo proprio andare. Arrivederci o risentirci, signor Clark - e chiuse la telefonata.
"Chissà cos'ha scoperto Andrea" pensò.
Uscì di casa e si diresse in piazza per una boccata d'aria. Sedette sulla panchina che volgeva verso la chiesa. Una costruzione monotona, rigida e priva di forme leggiadre. O forse era solo la sua mancanza di fede che fungeva da cataratta alla segreta bellezza dell'edificio. Doveva andare più tardi di quanto soleva in caserma. Decise di fare una tappa in edicola. Gazzetta dello sport.

E prendeva voce, col sollevarsi della polvere dai tasti, il pianoforte. Amanda aveva lasciato le lezioni in seguito ai momenti mesti, ma ora con la sua insegnante poteva deliziare la sua anima del suono divino di quello strumento musicale. J. S. Bach dominava gli spartiti.
"Niente, niente può toccarmi mentre suono. Solo la musica mi accerezza ora; solo il pentagramma può consigliarmi".
- Amanda, sono entusiasta che tu abbia voluto riprendere - le disse la maestra.
- Ma si figuri, sa che amo suonare -.
- Allora perché non mi hai più chiamata, cara? -. Era anzianotta e oramai non gliela toglieva nessuno l'abitudune di chiamare tutti "caro/a", dopotutto era un usanza dolce.
- La musica è bella perché ha anche delle pause, no? -.

- Signori, avete uno sguardo piuttosto vivace oggi! - proferì come accoglienza Asso di Picche.
Zambonin gli strinse la mano e si accomodò alla sedia, poi fece lo stesso il collega.
- Dunque, ha i nostri rapporti? -.
- Se me lo domanda, potrei offendermi. Certo che li ho - rispose all'ufficiale di grado maggiore.
- Ha capito chi è il figlio del signor Clark? - chiese con stupore Andrea.
Fece una smorfia e poi annuì, seguito da un: - Mi sento preso in giro -. Rese ai due militari i fascicoli che a loro servivano.
- Mi tolga una curiosità: come ha fatto? -.
- Un bravo detective non svela mai i propri segreti - e rise. Zambonin mise il pacco di carte dentro la valigia appositamente portata.
- Ora signori, io parlerei di pagamento, no? -.
I due clienti sghignazzarono, l'altro corrugò le soppracciglia.
- Pluripersonalità, aggressività incontrollabile, disturbi multipi da ansia e cause minori, ho sentito - disse Zambonin e Andrea proseguì l'intervento: - Scappato dall'ospedale psichiatrico all'età di 30 anni, due anni fa -.
Il detective scoppiò in una risata inquetante.
- Credete di riportarmi là dentro? Quelli pazzi siete voi -.
- Senti, ci stai portando via il lavoro, capisci cosa intendo? - cercò di spiegare ipocritamente il più giovane dei militari.
- Leggeresti ad alta voce il primo fascicolo, cortesemente? - chiese Asso di Picche a Zambonin.
- Perché, scusa? E perché sei passato al "tu"? -.
- Te lo chiedo per favore -.
Aprì la cartella in plastica e prese il primo foglio.
- In seguito a dettagliate e laboriose ricerche nei comuni di Venezia, Padova, Treviso e Verona, compiuti diligentemente dal sottoscritto, deduco che il nome preciso del figlio di Giulio Clark è: tua mamma put... Ma che?! -. Zambonin prese il malato mentale per il colletto e gli rifilò un pugno sullo zigomo sinistro.
- Mentre vi giravate i pollici, ho indagato su di voi -.
- Quindi non hai concluso un cazzo di niente? - urlò furioso il collega che assisteva alla scena.
- Ma certo che ho concluso. In circa 36 ore avevo capito chi fosse -.
- E non vuoi dircelo, immagino -.
- Immagini male, Zambono o come ti chiami -.
- Mi chiamo Zambonin, Zam-bo-nin! - e, dopo aver chiarito il suo cognome, proseguì con le domande per delineare la situazione confusa: - Cosa farai quindi? -. Si rialzò in piedi.
- Aspetto i soldi per confidarvelo e poi dileguarmi -.

"Ho un sacco di persone che mi amano, non devo buttarmi giù. Trovare me stessa mi sta facendo perdere il senso del tutto e cadere nell'utopia della perfezione; devo accettare chi sono per apprezzare cosa vivo" il cervello della ragazza stava fondendo per il rimuginare continuo.

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