Thirteenth
Mi scuso della mancanza di aggiornamenti, ma sono qui e sono decisa a terminare questa storia e andare avanti con le altre, fino a portarvi alla conclusione di questa serie!
Spero che vi piaccia e che mi lasciate un parere nei commenti!
Credo che siano passati almeno due mesi
dall'ultima volta che sono uscito di casa.
Non mi sento più triste da molto tempo
ormai
tutto ciò che sento è niente.
Mia madre è felice che sia tornato.
Mio padre è felice
perché mia madre è felice.
Io non riesco ad essere triste,
quindi la considero felicità
a modo mio.
E visto che mi sentivo felice,
seppur a modo mio,
sono andato nel luogo
nell'unico luogo
dove io e te andavamo
quando eravamo veramente felici.
L'ala est del Royal Botanic Garden
era il nostro dove.
Sulla panchina di legno
a pochi passi dal laghetto artificiale,
dove galleggiano leggere
le ninfee.
Mi sono seduto
e il sole illuminava tutto.
La panchina era calda
e la mia pelle sembrava poter bruciare
da un momento all'altro,
come se le tue mani,
le tue mani potessero,
come se potessero accarezzarmi di nuovo.
Ho tirato fuori il mazzo di chiavi
della casa di mia madre
e mi sono voltato.
Sullo schienale della panchina
ci sono ancora i nostri numeri.
Ci sono ancora le nostre canzoni,
incise nel legno.
Per tutto lo scorso anno,
mi sono quasi dimenticato
che questo posto esistesse.
In realtà,
non potevo sopportare l'idea
che esistesse
anche se non c'eri tu.
Adesso però mi consola,
l'idea che almeno qui non sia cambiato nulla.
Così ho impugnato una chiave,
la meno arrugginita del mazzo,
e ho ripassato il tuo numero otto.
Accanto ho passato il metallo
anche sul tuo numero zero
e sul numero uno
e sul numero quattro
e sono rimasto senza fiato,
quando ho visto
un numero
che prima non c'era.
E ho pianto,
quando ho ripassato
il tuo numero nove.
-Sempre tuo, Michael.
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