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Nineteenth

Impiegai quasi un mese

per riuscire ad avvicinarmi alla scrivania

senza sentire l'orrida sensazione

di dover vomitare.

Il mixtape era ancora lì

intatto,

con la facciata bianca rivolta verso il
soffitto

la tua calligrafia scarabocchiata sui lati.

Lo presi tra le mani

e cadde a terra.

Lo stomaco mi si intrecciò

la gola si chiuse tempestivamente

e io corsi in bagno.

Non mi curai del rumoroso tonfo

che le mie ginocchia produssero

scontrandosi con il pavimento freddo
del bagno.

Non mi preoccupai di alzare la testa

dal cesso

per dire a mia madre che stavo bene,

perché non era vero

e lei lo sapeva benissimo

anche senza doverglielo spiegare.

-Torna a dormire-

disse posandomi una mano piccola sulla spalla.

Quindi tornai in camera

mi sedetti sul letto

ma non osai chiudere occhio

e nemmeno guardai il CD riverso a terra.

Passai un paio di ore

a fissare la tendina ingiallita

accostata alla mia finestra,

permettendo ai miei pensieri

di correre liberi per un po'.

E un po'

diventò qualche ora

e pensandoci

temetti che qualche ora

sarebbe diventata qualche mese.

Così spensi il cervello

ma non chiusi gli occhi.

Rimasi semplicemente immobile

tanto per combattere i numeri rossi

che ancora scorrevano sullo schermo della sveglia

abbandonata a terra.

E poi il silenzio divenne rumore

e il campanello di casa impazzì

per un paio di secondi.

-È tornato?-

-Michael, è qui?-

Avrei riconosciuto la sua voce

tra altre mille,

così come l'avresti saputa riconoscere

anche tu.

Jodie.

Dovetti premermi il cuscino sulle labbra

per impedire ad una fila di singhiozzi

di distruggere ulteriormente

il silenzio.

-Ti prego Karen,

lo so che è qui.

Voglio solo vederlo

per qualche istante,

devo sapere che sta bene-.

Trattenere le lacrime

mi fu impossibile.

Le lasciai andare

insieme ad un respiro tremante

incerto

pesante.

Nei minuti in cui mia madre

esitò nel rispondere

pregai che non dicesse nulla.

Sperai che avesse capito la mia situazione

che mi avesse sentito rimanere sveglio

notte dopo notte

sapendo che non avrei mai più voluto
vedere

nessuno di loro

se non

quando ci saresti stato anche tu.

E se non sarebbe mai successo,

allora sarei rimasto solo.

Perché non sarebbe cambiato niente.

Ero solo da molto tempo.

Solo quando Calum mi abbracciava
per farmi dormire.

Solo quando Ashton si sedeva accanto a me

ogni mattina a colazione.

Solo quando Jodie mi guardava leggere

uno dei suoi libri.

Da solo sempre,

quando sentivo la tua voce

accarezzarmi le orecchie

ed era lo stereo a parlare.

-Sono sicura che starà bene-

trattenni il fiato

-Ovunque lui sia-

la porta si chiuse

di nuovo.

-Sempre tuo, Michael.

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