Twenty- Third
Ho cercato per così tanto tempo di evitarti.
Di passare sopra al nostro passato.
E al mio passato.
Perché sapevo per certo,
un fatto ormai provato,
che non saresti mai più tornato.
Non ho mai cercato di capire perché l'avessi fatto.
Pensavo semplicemente che la ragione fosse superiore,
speravo che la motivazione fosse più importante del mio stare male.
Pregavo che il tuo perché bastasse a farmi dimenticare,
di tutte quelle notti in cui sono rimasto sveglio.
Guardavo il soffitto scuro come il resto della mia stanza,
mi voltavo verso Ris che dormiva tranquilla,
e pregavo che tu stessi bene.
Non ho mai pensato che potessi essere morto.
Neanche per un istante ho accettato la tua scomparsa,
ma credo che tutti,
prima o poi,
dobbiamo accettare le scelte delle persone che amiamo.
Noi ti amavamo, ma la tua scelta non l'abbiamo mai capita.
Perché non sapevamo.
Ancora non sappiamo.
Vorrei che tu mi avessi scritto una lettera.
Come io faccio quasi ogni giorno.
Vorrei avere qualcosa di tuo a cui potermi appigliare.
Ho lasciato la mia vita passata nel posto in cui l'hai fatto tu.
Non ho chiesto.
Ho solo accettato.
La tua scelta.
Con il passare del tempo,
ho imparato a non farmi domande.
Perché le domande portavano dubbi,
i dubbi portavano insicurezze
e le sicurezze diventavano lacrime.
Poi vuoti.
Situati al centro del petto.
Ad inghiottire tutto ciò che di buono Ris mi dava.
Ho imparato ad ignorarti.
Ho forzato me stesso a ricordarti nell'unico modo in cui potevo.
Piano e per poco tempo.
Perché tu sei sempre stato forte.
Tu eri tutto un andare forte e correre veloce.
Non c'erano pause.
Non c'era il tempo.
C'eri tu che correvi.
Forte e veloce.
E c'eravamo noi che venivamo trasportati da te.
Per i primi mesi è stato difficile.
Come credo lo sia stato per Jodie, Calum e Michael.
Ma io ero da solo.
Ho scelto di esserlo,
ma questo non lo ha reso più semplice.
Ho passato due mesi a piangermi addosso.
Cercando il modo per restare a galla, senza lasciarmi trascinare giù dalla tua mancanza.
Perché non sapevo ancora come fare.
Senza di te.
Mi domando come sia stato per te.
affrontare la vita senza di noi.
Se piangevi ogni notte come ho fatto io.
Se evitavi il cibo come ho fatto io.
Se ti sentivo pazzo come mi sentivo io.
Se i ricordi ti hanno annullato, come hanno fatto con me.
Ero arrivato al punto più basso.
Al fondo.
Non ricordo come ci si sentisse, ad essere sul fondo.
Ma ricordo che non si respirava bene.
Che il petto faceva male.
Le gambe non riuscivano a reggere il peso del mio corpo.
Ricordo che piangevo.
Ho pianto.
Per tutto il tempo.
Che non esisteva.
Sembrava non esistere.
Sembrava che non potesse finire mai.
Il dolore.
Lo vedevo ovunque.
Sempre.
Non mi lasciava mai da solo, anche se io lo pregavo per farlo.
Mi chiedo ancora queste cose.
Ma non cerco più una risposta.
So che non sarai più qui per rispondere.
Cerco di non pensarci troppo.
Prima mi ferivi.
Ora mi confondi.
E non vorrei mai tornare indietro.
Non vorrei mai più pensare a te in quel modo.
Mentre te ne vai.
Non ti ho visto lasciarci.
Nessuno lo ha fatto.
Eravamo tutti convinti di stare bene.
Che tu stessi bene.
Evidentemente non era affatto così.
Eri molto bravo.
Sei stato molto bravo a farcelo credere.
E ogni notte.
Come un tormento.
Immaginavo di vederti sparire.
Immaginavo me.
Sposato.
Con dei figli al mio fianco.
Una famiglia.
Una moglie.
E la visione mi dava pace.
Perché sapevo che sarei sopravvissuto.
A te.
Al sapere di averti perso.
Senza avere un perché su cui rimuginare.
Credo sia questo ciò che fa più male.
Non tanto vederti sparire.
Quanto più non avere spiegazioni.
E ogni volta che pensavo al futuro.
Tu eri anche lì.
Credevo che fosse il passato a tenerti stretto a me.
Ho scoperto invece che tu ci sei sempre.
Ci sarai sempre.
Quando avrò dei figli,
ho paura di riuscire a vederti nei loro occhi.
Perché nel mio futuro sarai sempre ragazzino.
E i tuoi occhi azzurri non cambieranno mai.
Mi sono ormai abituato a questo.
Al pensiero di non averti qui.
Di non poterti vedere diventare un uomo.
Ma è certo che fa male lo stesso.
-Sempre tuo, Ashton.
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