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Twenty-sixth

Ricordo che eri bravo in matematica.

Per me è sempre stata una materia criptica.

Un segreto.

Tu eri bravo con i segreti.

Jodie e Calum hanno passato trenta minuti a scribacchiare calcoli su un fogliettino stropicciato,

trovato a caso nel cruscotto del Van.

Io me ne sto sdraiato sui sedili posteriori, tutto il tempo.

A volte dormo.

La maggior parte del tempo ti scrivo.

Credo che tu debba sapere cosa lei sta facendo.

Per te.

Non riposa mai fin quando non ha programmato il viaggio per almeno le prossime quattro ore.

Da Sydney all'aereo porto di Darwin sono quarantadue ore di auto.

Non mi sono mai piaciuti i viaggi in auto.

Lo sai.

Ma vedere Geeky così entusiasta di partire,

come per una di quelle avventure in cui si ficcava insieme a te quando avevate entrambi dieci anni,

mi ha convinto del tutto.

Calum ha consentito ad accendere la radio,

dopo che ha rischiato di addormentarsi al volante per la seconda volta.

Posso dire che la vita senza te

va un po' a rallentatore.

Siamo tutti stanchi,

sempre.

Non succede mai nulla e restiamo semplicemente immobili.

Mi manca Ris.

Perché l'ho sognata.

Odio i viaggi in auto, perché finisco sempre per chiudere gli occhi.

Con il sole sulla pelle e la strada che mi culla,

è fin troppo semplice.

L'ho vista per qualche minuto.

Ma io non esistevo.

C'era solo lei.

In piedi in uno spazio che sembrava infinito.

E io che mi confondevo con l'aria,

la guardavo mentre il sole le illuminava il viso.

Gli occhi azzurri sembravano quasi trasparenti,

non riuscivo a vederli per davvero.

Era come se sapessi che ci fossero,

che mi stessero guardando,

ma che non riuscissi ad osservarli da vicino.

Era stata silenziosa per gran parte del tempo,

sorrideva con le labbra tirate in una linea morbida

e aveva i capelli sciolti lungo le spalle.

Era così reale.

Ho davvero pensato di poterla toccare,

per un istante.

Ho tentato.

Ma si è tirata indietro,

e quando ho rialzato lo sguardo dalle sue labbra,

piangeva.

Le lacrime le scendevano sulle guance come gocce di pioggia.

Mi urlava contro.

Se calo le palpebre sugli occhi,

riesco quasi a sentire la sua voce che fa eco nelle mie orecchie.

Mi chiedeva perché me ne fossi andato.

Mi chiedeva chi tu fossi.

E sentivo le sue dita stringermi le spalle con forza,

come se volesse farmi male.

Aprendo gli occhi ho visto un riflesso sul parabrezza, 

far rilucere il verde nelle iridi di Jodie.

Ris ha gli occhi azzurri.

In quel sogno tanto vivido,

mi erano sembrati essere i tuoi.

Mi chiedo ancora quando riuscirò a respingerti,

incastrandoti nel fondo dei miei ricordi.

Jodie mi ha chiesto perché stessi piangendo.

Io non me ne sono accorto fin quando non ho testato la pelle del mio viso con la punta delle dita.

-Credevo ... credevo che lei fosse qui-

Mi ha sorriso.

Ha annuito.

-Lo so- 

Ha risposto dopo un po'.

Mi aspettavo che scavalcasse di nuovo i sedili,

per accomodarsi accanto a Calum che ancora guida.

Invece si è tolta la felpa, 

restando in canottiera,

e si è sdraiata accanto a me.

La sua pelle odora di lillà e dello shampoo al cocco che sua madre le ha sempre comprato.

Non ricordo che Jodie abbia mai profumato diversamente.

Ho sorriso per un paio di secondi,

poi mi ha chiesto se a volte non mi capiti di avere certi sogni su di te.

Ho cercato di non rispondere.

Perché vorrei tanto dirle che riesco a tenerti fuori dalla mia mente,

almeno per un po'.

Invece ho sospirato,

l'ho guardata negli occhi grandi e ho annuito.

-Bene- ha commentato, 

prendendo la mia mano e avviluppandola alla sua.

-Perché io lo vedo ogni notte-

Calum alterna gli occhi dalla strada a noi,

ci guarda dallo specchietto sopra la sua testa.

Mi mordo un labbro e lo osservo anche io.

Lo vedo distogliere velocemente lo sguardo da Jodie, 

quando i nostri sguardi si incrociano per caso.

-Ogni notte?- 

Mi è sempre sembrato che tra tutti noi,

lei sia quella che ha sempre saputo controllare meglio il dolore.

Inevitabilmente abbiamo tutti sofferto.

Credo che, ovunque sia, tu lo sappia.

Sono quasi sorpreso di sentirla parlare così.

Le tremano le mani.

Ha le gote arrossate.

-Lo vedo sempre. 

A volte è seduto sullo sdraio fuori,

sul balcone della mia stanza.

A volte mi guarda attraverso la vetrata dell'Ink,

ma non entra mai.

L'ultima volta che l'ho sognato,

aveva quella felpa rossa che ha lasciato a te.

Leggeva un bigliettino ad alta voce-.

Si corregge

-Non leggeva-.

Calum sterza, 

quasi bruscamente,

verso una stazione di benzina.

Parcheggia dietro un'altra auto, attendendo che il posto si liberi.

La musica proveniente dalla radio,

ora che il rumore del motore non rimbomba più così forte,

è chiaramente udibile.

Calum mormora a fior di labbra un paio di parole di Satisfaction dei Rolling Stones.

-I can't get no, I can't get no

When I'm drivin' in my car -

-Non leggeva?- 

Sono confuso ora.

Lei sta parlando di un sogno,

uno dei tanti.

Ma quello che dice sembra reale.

-Cantava-

sussurra.

Una lacrima le cade al lato del naso,

ma velocemente la asciuga con due dita.

Annuisco e guardo Calum negli occhi.

Credo di aver capito.

Io non me la sono mai cavata con i segreti.

E nemmeno con la matematica.

Se però ti ricordi,

mi piacevano gli indovinelli.


-Sempre tuo, Ashton.



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