Twenty-Fourth
"Non ci credo"
Sospira flebilmente.
Nella sua voce scorgo la stessa tremula ansia che mi attenaglia lo stomaco.
"Lo stiamo facendo per davvero"
aggiunge poco dopo.
Ci guarda negli occhi con gli angoli della bocca piegati verso l'alto,
sono sicuro che questo è quanto più vicina alla felicità,
lei si sia sentita negli ultimi mesi.
Sono passati sedici mesi dall'ultima volta che l'ho vista
guardarsi intorno con gli occhi lucidi di emozione
e le labbra schiuse dalla meraviglia
di essere viva,
di sentirsi tale in un mondo che la inglobava con la sua grandezza.
Quella che sta provando non è felicità,
e neanche so definirla con parole giuste,
ma qualunque cosa sia
sono grato che la stia provando.
Mentre ci accingiamo a caricare un paio di borsoni nel bagagliaio dell'auto
Calum mi afferra un braccio e blocca la mia avanzata.
I miei piedi si fermano sulla soglia dell'ingresso,
la sua figura torreggia sulla mia
ma non è minaccioso,
mi sento come se volesse proteggermi con la sua ombra.
Come quando si è bambini,
si ha paura
e in un corridoio buio
si corre febbrilmente verso la macchia di luce che sbuca da una porta aperta.
Perché senti che in quel piccolo rettangolo di luce,
nessun mostro potrà mai posare i suoi artigli su di te.
Un po' mi facevi sentire così.
Come se nulla avrebbe potuto davvero ferirmi.
Sarebbero state solo ammaccature e lividi,
nulla a cui non avrei potuto sopravvivere.
I suoi occhi scuri mi fissano per qualche istante
la sua mano non abbandona il mio braccio,
aspetto che le sue labbra carnose si schiudano.
"Questo è importante".
Non mi guarda.
Guarda lei.
Che si scosta i capelli dal viso,
illuminata dai raggi del sole.
C'è qualcosa nel modo in cui la guarda,
che mi fa tornare in mente la melodia di una canzone.
Lui la guarda come se lei fosse una canzone
e lui il compositore.
"Questo viaggio è la cosa più importante,
probabilmente per la sua vita,
ora com'è ora".
Volto la testa a fronteggiare il vialetto brecciato.
Le sue spalle sottili scompaiono presto,
il metallo grigio dell'auto inghiotte la sua figura,
lasciando le sue gambe sottili a flettersi contro il terreno.
"E noi dobbiamo fare in modo che funzioni,
per lei.
Perché lei ci crede davvero.
Pensa che troveremo prima Michael
e che lui ci dirà perché se n'è andato.
Pensa che ci metteremo un po',
ma alla fine troveremo anche ... Luke".
Il tuo nome fuoriesce a fatica dalla sua bocca.
Sento quasi l'aria incastrarglisi in gola,
come se le corde vocali non volessero lasciarlo andare.
Ma lo sputa fuori con una debolezza che mi rende le gambe deboli,
con una rabbia che mi manda brividi lungo la schiena.
Io abbasso lo sguardo,
al manico di una piccola valigia nera che sosta tra le mie dita.
E annuisco.
"Lo so"
So che non ti troveremo.
Ma non posso dirlo.
"Non so cosa faremo,
ma lei ha bisogno di noi"
Il suo viso è ancora rivolto verso il Van,
la porta laterale è socchiusa
intravedo i famigliari sedili grigi
e un paio di riviste posate casualmente su uno.
"E noi saremo per lei
tutto quello di cui avrà bisogno".
Deglustisco e alzo gli occhi
a guardare i suoi.
Annuisco e mi faccio timidamente avanti.
"Sempre"
-Sempre tuo, Ashton.
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