Pensavo che gli incubi finissero, 

non appena gli occhi si aprono.

Ho scoperto che non è così.

Ho schiuso le palpebre e ho iniziato a vivere l'incubo.

"Michael non c'è"

"Cosa significa che non c'è?"

"Significa quello che ho detto Jodie, Michael non c'è"

Sono rimasto immobile.

E Jodie è corsa via.

Calum mi ha guardato per pochi secondi,

 poi ha seguito lei.

Michael non c'era davvero.

Il letto era vuoto.

Le coperte intatte.

Il cuscino in perfetto ordine.

Come Jodie lo sistemava ogni mattina.

Era tutto intatto.

Come se nessuno ci fosse mai entrato.

Ma noi sapevamo.

Che tra quelle coperte Michael aveva lasciato lacrime e sudore.

L'inquietudine dei sogni peggiori.

La paura di svegliarsi e ricordare la realtà.

La paura di addormentarsi e vederti di nuovo.

Il bruciore nella gola quando ti chiamava.

E i graffi sulle braccia,

quando ti sentiva così vicino.

Ma era tutto in ordine.

Tutto intatto.

Era tutto al proprio posto.

Tranne Michael.

"Non è qui"

Jodie ha fissato il muro bianco per dieci minuti.

Poi le sono andato incontro.

Ho sfiorato la sua schiena bianca.

Con due dita.

E l'ho sentita così fredda.

Anche se fuori c'era il sole.

Era così piccola.

Pallida come la luna.

Volevo guardarla.

Stringerla forte.

Farla diventare sole.

Ma Calum mi ha tirato dietro con una mano.

"Lasciala stare, non ha bisogno che le ricordi cos'altro ha perso".

Ce ne siamo andati.

E ho aspettato fuori dalla porta.

Seduto.

L'abbiamo aspettata fuori dalla porta.

Seduti.

Aspettato di sentirla piangere.

E di udire il tonfo del suo corpo contro il pavimento.

Ma non è crollata mai.

-Sempre tuo, Ashton.