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Twenty-fifth


Le strade sono libere.

Pensavo che saremmo incappati in interminabili code di traffico.

Semafori rossi.

Pedoni dall'angosciante lentezza.

E dal mio forte desiderio di scendere dal Van.

Mi sono reso conto di non voler essere qui sopra,

nel momento in cui mi sono stravaccato su un sedile

e ho guardato il cielo attraverso il vetro opaco del finestrino.

Sento l'aria che sfugge ai miei polmoni,

nonostante mi smuova freneticamente i ciuffi dalla fronte.

Jodie tiene il telefono in bilico su un ginocchio ossuto,

mentre la voce robotica del GPS ci guida lontano da Sydney.

Siamo ancora in città,

ma cominciamo ad avvicinarci

 al confine

con qualunque cosa ci sia

oltre la frontiera.

Non so se ci sia davvero una frontiera.

Voglio solo scendere.

Guardo l'azzurro infinito sopra la mia testa

e un senso di nausea mi afferra la gola

e la tiene stretta.

So che non riusciremo a trovare Michael.

A trovare te.

Questo viaggio sarà un enorme buco nell'acqua.

Tutti noi torneremo a casa 

distrutti.

A sentirci miserabili

come hai voluto farci sentire.

Avresti potuto almeno dirci perché.

E anche se non l'avremmo accettato,

almeno ci avresti dato una possibilità.

Per tormentarci

senza soffrire davvero.

Sospiro e mi accascio contro la fiancata.

Vorrei che tu non te ne fossi mai andato.

Perché adesso sarebbe tutto così semplice.

Svoltiamo solo un paio di volte.

Sempre verso destra.

Il sole riscalda il metallo del Van e i finestrini chiusi,

rendendo bollente qualunque cosa sia di plastica.

Ho tolto la maglia qualche minuto fa,

ora poggio la nuca contro uno zaino

sdraiato in orizzontale sulla stoffa grigia ed impolverata.

Non pensavo che mia madre avrebbe accettato.

Mai.

Soprattutto perché si trattava di te.

Lei ci ha visti.

Intristirci man mano che la tua assenza si rendeva concreta.

Abbandonarci al tempo,

come se di nulla ci importasse.

Se non di te.

E posso dire che un po' ti odia,

come continuo a farlo io.

Perché se me ne sono andato,

senza troppo preavviso,

è un po' anche colpa tua.

Quando Jodie gli è comparsa di fronte,

dopo aver bussato le nocche sulla porta,

il suo viso sembrava un campo di battaglia

tra emozioni contrastanti.

Vedevo chiaramente la voglia che aveva di scansarci e scappare

ma allo stesso tempo

il rosso sulle sue gote e il velo di lacrime nei suoi occhi azzurri.

Mentirei ora

scrivendoti questo

se non ti dicessi che mi è mancata davvero.

Lo sai che è sempre stata la mia unica famiglia,

l'unico sicuro punto di riferimento durante la mia infanzia

ancor di più nell'adolescenza.

E sono sicuro che si sia domandata,

forse con le guance bagnate di lacrime,

cosa non avesse fatto

per avermi visto andare via.

Spero che non abbia mai pensato,

che non fosse stata abbastanza una brava madre per me.

Perché entrambi,

io e te

sappiamo attribuirle il giusto merito.

Seduto ora sul suo Van,

mi guardo intorno per qualche secondo,

perché le parole non mi vengono fuori come dovrebbero

e ho bisogno di alzare lo sguardo dall'inchiostro

che segna il foglio.

Te la ricordi mia madre?

A volte mi chiedo cosa mi faccia pensare che tu non ricordi.

La mia mente associa la tua assenza,

con la possibilità che tutto il tuo vissuto sia scomparso.

E a volte ripeto un po' troppo le cose,

perché ho paura che tu non ricordi.

O che non ti interessi abbastanza per ricordare.

Mia madre sono sicuro che ti ricordi.

Con i capelli a spazzola,

costantemente impigliati in qualche manata di gel per capelli.

Il piercing al labbro posato sulla carne rosea

e la chitarra acustica sempre in mano.

Ai suoi occhi eravamo tutti dei ragazzini.

Ma quando ero lì,

mentre mi sentivo un estraneo

sul portico di una casa che era stata mia,

pensai che non mi avesse nemmeno visto.

E mi chiesi in che modo mia madre mi vedeva ora.

E quale fosse l'ultima immagine che aveva di me.

Avevo le mani infilate nelle tasche dei jeans,

stringevo i denti

pregavo di non piangere.

Mia madre risucchiò un sospiro tremante

e portandosi una mano alle labbra sottili

disse il mio nome.

Con orrore.

E volli solo sparire.

Perché fantasma erano le mie lacrime.

E fantasma mi sentivo io.

Mi guardò con gli occhi azzurri spalancati

le dita a bloccarle il respiro

le narici allargate mentre prendevano avidamente aria.

Poi la sua espressione si fece rilassata e allargò le braccia.

Non ricevevo così tanti abbracci

da quando ero con Ris.

A Londra.

Mi sento ancora strano

e contrariato

dal suo abbraccio.

Sentivo che era giusto

perché lei è sempre mia madre,

ma c'è stato qualcosa,

non so bene quando,

che mi ha fatto staccare precocemente dal suo corpo.

Credo sia il tempo.

Mi ha cambiato

più di quanto non l'abbia fatto tu.

Abbiamo rifiutato la sua offerta di entrare in casa,

le abbiamo chiesto ciò di cui avevamo bisogno.

E lei c'è l'ha dato.

Calum non ti ha menzionato.

Nonostante Michael non sia più con noi,

gli è ancora difficile pronunciarti.

Lo vedo nei suoi occhi

nel modo in cui Jodie lo sfiora,

come se volesse fargli sapere che lei è al suo fianco.

Che loro due ci saranno sempre.

Qualunque cosa succeda.

Anche se tutti dovessero abbandonare,

come già abbiamo fatto,

sono sicuro che loro due saranno sempre capaci di rialzarsi.

Mi piace pensarla così.

Che in tutto questo

ci sia anche solo una piccola cosa

che mi faccia sperare che le cose andranno bene di nuovo.

-Sempre tuo, Ashton.

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