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Cap 42

Selene

Ringraziai il cameriere, dopo aver preso i nostri ordini, mentre lanciavo uno sguardo alla mia principessa addormentata dentro la carrozzina, mentre Rose, tornava verso il nostro tavolo, con la piccola Primula appena cambiata.

-Ordinato?-

-Si, Signora!-

Dissi, prendendola in giro giocosamente, mentre la vedevo ridere divertita, mentre riponeva sua figlia dentro la carrozzina, accomodandosi di fronte a me.

-Allora, devi dirmi qualcosa?-

Dissi, sapendo che mi aveva chiamata per una uscita pomeridiana, chiedendomi espressamente di andare in gelateria, anche se eravamo in pieno Febbraio.

-Si, avevo voglia di gelato.-

La guardai con fare strano, mentre la vedevo ridacchiare, mentre il cameriere a cui avevo dato gli ordini, arrivata con un bel gelato per Rose e un frappè per me.

-Grazie.-

Sussurrammo entrambe, mentre il cameriere si allontanava, dandoci la giusta privacy, mentre osservavo gli uomini qualche metro di distanza da noi, che ci tenevano d'occhio con fare disinvolto, così da non dare troppo nell'occhio.

Come se la gente non sapesse.

Sospirai internamente, mentre afferravo il mio delizioso frappè gusto Minnie, e presi a sorseggiarlo mentre aspettavo che Rose, si decidesse a parlare.

Perché sapevo che voleva dirmi qualcosa, lo notavo dal suo sguardo e dal tono di voce di questa mattina, che mi aveva chiamata al cellulare.

Ieri, Gabriel quando era rientrato a casa, aveva uno sguardo completamente soddisfatto, come se avesse fatto qualcosa, che appagava tutto il suo essere.

Dopo che aveva notato il mio sguardo curioso e incerto, aveva calato quella maschera, che era impossibile leggergli l'emozioni dai suoi occhi, come se si fosse reso conto, di non averla indossata prima di rientrare, facendomi capire che aveva fatto qualcosa, che centrava sicuramente, nel suo essere capo mafia.

Sospirai, mentre sorseggiavo il mio delizioso frappè, dimenticandomi alle volte, chi era lui per davvero, anche se era impossibile dimenticarsene, ma alle volte mi capitava anche a me, di dimenticare che ero cresciuta in una famiglia "particolare" e che mio marito, non era un semplice uomo d'affari.

Ma era la mia vita, l'amavo.

Con tutti i suoi pro e contro e non lo avrei mai rinnegato tutto questo, perché sapevo che Gabriel non avrebbe mai fatto nulla che avrebbe potuto spaventare sia me che nostra figlia.

Sapevo che, una volta che rientrava nelle mura di casa nostra, il suo essere rimaneva fuori, comportandosi si in modo dominante, era la sua personalità, ma si comportava più come un ragazzo "normale" dedito alla sua famiglia.

Era stato cresciuto con certi valori, che io apprezzavo e amavo moltissimo, non mischiavano mai ciò che facevano, con l'ambiente sereno dentro casa.

Cercavano sempre di tenere quella vita fuori dalle mura di casa, per quanto potevano ovviamente.

Spostai lo sguardo su mia figlia, che si era appena svegliata, risvegliandomi dai miei pensieri, accogliendola con un dolcissimo sorriso pieno d'amore.

Mia figlia.

Ero madre, e ancora stentavo a crederci.

Sposata con l'uomo che amo e una figlia meravigliosa.

La mia vita quasi perfetta, quasi perché mancavano i due pilastri importanti nella nostra vita, ma sapevo che ci vegliavano costantemente ogni giorno, proteggendoci sempre.

Tornai di nuovo con lo sguardo di Rose, intenta a mangiare il suo enorme gelato con gusto, mentre posava il suo sguardo complice verso il mio, capendo di cosa mi avrebbe voluto parlare.

-Non dirmelo.-

-Sono incinta di quattro settimane e sono due!-

Sbarrai la bocca per la sorpresa meravigliosa mista a shock, prima di alzarmi, a correre ad abbracciarla.

-Oddio tesoro, nuovamente auguri ma doppi questa volta!-

-Grazie.-

La vidi sorridere felice, mentre mi ricambiava l'abbraccio, per poi tornare al mio posto.

-Hai capito Thomas, come si dà fare!-

Dissi, sorridendo smaliziata, vedendo la migliore amica arrossire, mentre mi divertivo a prenderla giocosamente in giro.

-Sel!-

-Ben ti sta!

Quando vuoi far arrossire me e tu ti diverti, ho preso io la palla al balzo sta volta!-

-Sei tremenda!-

Scoppiammo a ridere entrambe, mentre proseguivamo il resto del pomeriggio con completa serenità.





Gabriel

Rientrai in quel momento dentro casa, notando che era l'una passata.

Quella sera avevo fatto, fottutissimamente tardi.

Avevo avuto un appuntamento con Harrison al Paradise, per organizzare uno dei suoi festini fatto di droga, buon vino e puttane alla sua villa, e poi ero andato al capanno e lì avevo perso più tempo del dovuto.

Finalmente, ero a casa.

Sbuffai infastidito, per non aver visto mia moglie e mia figlia da questa mattina presto che ancora dormivano, non ero rientrato per niente a casa, nemmeno per il pranzo.

Avevo del lavoro da fare fra conti e il resto al Paradise, l'appuntamento e il capanno, addio la giornata era volata come se niente fosse.

Spensi le luci nell'atrio che mia moglie mi lasciava puntualmente accese, per quando rincasavo tardi, dirigendomi direttamente lungo la scala in marmo, che mi avrebbe condotto al piano di sopra, andando verso la camera di mia figlia.

Entrai, avvicinandomi silenziosamente, notando la culla vuota.

Sospirai, uscendo dalla sua camera, dirigendomi lungo la mia, entrando, trovando la mia bellissima moglie, profondamente addormentata con nostra figlia stretta a se.

Sicuramente l'aveva allattata, e dato che non ero rientrato, l'aveva fatta rimanere con lei.

Sorrisi, godendo appieno la vista delle mie ragioni di vita, dolcemente addormentate nel mio letto, mentre mi avvicinavo silenziosamente, pronto a spogliarmi, quando sentii il vibrare incessante del mio cellulare.

-Che succede?-

-Walsh è qui, Signore.-

-Lasciatelo passare, fate finta di nulla ed eliminate silenziosamente chi è con lui.-

-Si, Signore.-

Chiusi velocemente la chiamata, passandomi nervosamente una mano fra i capelli, mentre correvo nel lato di mia moglie svegliandola, mentre estraevo la pistola nel retro dei pantaloni, mentre tenevo d'occhio la porta della nostra camera.

-Piccola?

Piccola, svegliati amore.-

La vidi aprire quei deliziosi occhi da cerbiatta assonnati, guardandomi con fare confuso, prima di capire dalla mia espressione che qualcosa non andava.

-Che succede amore?-

-Prendi Hope, e chiuditi a chiave nel bagno, abbiamo visite.-

Dissi, con fare autoritario, mentre mi raddrizzavo, puntando la pistola verso la porta, aspettando che il fottuto pezzo di merda entrasse, con l'intento di fottermi, ma sarebbe finita ancora prima che sarebbe incamiciata, chiudendo una volta e per tutte questa situazione, vendicando la mia famiglia e mia moglie.

Sapevo che aveva intenzione di prendersela, e non l'avrebbe fatto!

Vidi mia moglie, prendere delicatamente Hope, mentre correva verso il bagno, non prima di andare verso la cabina armadio e afferrare una pistola passandogliela.

-Che..

Che dovrei farci!?-

-Prendila amore, per ogni evenienza.-

Vidi il terrore apparire nel suo sguardo, mentre cercava di rimanere forte per me, afferrando la pistola, correndo dentro il bagno, sentendo la serratura scattare, mentre mi avvicinavo come un predatore pronto a mietere la sua vittima, piazzandomi proprio davanti alla mia porta, e attesi.

Impugnai la pistola, puntandola dritto alla porta, mentre rimanevo lucido e calmo, sentendo la mia anima oscura avvolgere tutto il mio essere, come succedeva ogni volta, che stavo per uccidere qualcuno, attendendo l'arrivo di Walsh.

Avvertii i suoi passi lungo il corridoio, ghignando sadicamente, credendo che non l'avrei sentito, era un bastardo, che non sapeva nemmeno cogliere il suo fottuto nemico di sorpresa.

Non vedevo l ora di levare la feccia dalla faccia della Terra, e spedirlo dritto all'inferno, il posto  a cui era destinato ad andare, proprio come me.

Siamo mostri, ma sappiamo che ci sono mostri e mostri e lui è il peggiore di tutti.

Schiavizzare delle donne e venderle, lo rende il peggiore essere, perfino peggiore di me, sulla faccia della Terra.

Avrei fatto un piacere non solo a me, ma al mondo stesso, eliminandolo definitivamente.

Non avrei sprecato nessun tempo con lui, nel torturarlo, no.

Avrei usato una sola pallottola e lo avrei ucciso definitivamente.

Puntai il mio sguardo privo d'emozioni alla porta, vedendola aprirsi lentamente, notando lo stupore nel suo sguardo, prima di capire di essere definitivamente morto.

Sparai un solo colpo alla testa, eliminandolo, fuori dalla porta della mia camera da letto, mentre avvertivo un urlo spaventato provenire dalla porta del mio bagno, immaginando cosa stesse immaginando mia moglie in quel momento.

Rimasi completamente fermo e lucido, mentre afferravo il mio cellulare, chiamando i miei uomini, per portare via il corpo e farlo sparire definitivamente, mentre chiudevo la chiamata, posando la pistola nel retro dei miei pantaloni, avvicinandomi alla porta del bagno chiusa.

-Aprimi amore e resta dentro.-

Dissi, con voce autoritaria, mentre l'addolcivo almeno un po', durante l'ordine impartitogli, mentre sentivo la serratura scattare, in modo da poter entrare dentro nel bagno.

Chiusi la porta alle mie spalle, puntando il mio sguardo dominante e sicuro nel suo spaventato, mentre passava in rassegna il mio corpo, vedendo che non avevo nemmeno un graffio, sentendola ispirare e ispirare di sollievo.

Le tolsi la pistola dalla mano tremante, mettendomela anche quella, a fianco alla prima, avvicinando il mio corpo imponente e caldo al suo, attirandola a me.

Le circondai i fianchi, con una presa possessiva ma dolce, mentre vedevo mia figlia, aprire i suoi piccoli occhi dolci, accoccolata alla spalla di mia moglie, mentre calavo il mio viso su di lei, sussurrandole:

-Finalmente è finita.

Siamo liberi.

Ho vendicato i miei genitori e colui che ti aveva fatto del male otto anni prima.-

Dissi, solamente, prima di posare le mie labbra sulle sue, baciandola con ardore, trasmettendogli tutto il mio amore incondizionato in quel bacio pieno di fame e desiderio, mentre la sentivo sussultare attraverso il nostro bacio, ricambiandolo con più dolcezza.

Ci separammo per mancanza d'ossigeno sussurrandogli sulle labbra:

-Sarai sempre al sicuro con me mia regina.

E' una promessa.-

Continua

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