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L'ultima delle nostre estati


Il sole, alto nel cielo, mi accarezza la pelle scaldandomi le ossa, mentre gli occhiali scuri mi riparano gli occhi. Le onde, con il loro rumore regolare, mi cullano.

Una bella giornata come tante, qui nelle Marche. A circa un'ora da Ancona, e ancora meno lontano da Fermo, il campo Palma Verde si estende a ridosso della spiaggia, con la maggior parte degli spiazzi e delle casette a pochi metri dal mare, mentre la sua via Principale è diretta verso l'entroterra, dandogli una forma caratteristica, da alcuni definita proprio "a palma".

Gli ombrelloni oscillano appena spinta dalla leggera brezza mattutina, mentre i bambini che scappano dalle onde schiamazzano divertiti. Io sono stesa su uno degli enormi scogli che dividono in due la spiaggia. Alzo appena la testa quando intravedo Lisa, ancora mezza addormentata, che si siede accanto a me.

"Gli altri?" mi chiede. Di solito è l'ultima ad alzarsi, per questo è ancora più disorientata.

"Sono solo le dieci, staranno ancora dormendo."

"Davvero?" mi squadra sospettosa.

"Hanno preso la navetta per Fermo stamattina alle otto. Dovrebbero tornare presto. Oggi c'è una qualche fiera..."

"E perché tu non sei andata?"

"Non mi piacciono le fiere; e sto molto meglio qui al sole."

Lisa si sdraia accanto a me e si riaddormenta in pochi minuti.

La conosco da quando eravamo piccole, praticamente abbiamo imparato a camminare insieme. Non ci vediamo per nove mesi all'anno, visto che abitiamo in città diverse, ma a ogni giugno sembra che a separarci non siano più di pochi giorni. Anche per gli altri è così e ce ne rendiamo conto tutti. Siamo come una famiglia.

La sveglia del mio orologio suona, svegliando di nuovo Lisa che spaventata si alza a sedere di scatto: "Che succede? Che succede?"

"Sono le undici e mezzo, dobbiamo rientrare..." dico ammirando la spiaggia deserta. Quando il sole comincia a bruciare, le mamme ritirano i bambini e i pensionati si rifugiano nel bar Centro, esattamente all'incrocio delle vie più grandi del campo.

"Uffa, di già?"

"Andiamo a vedere se sono tornati." la motivo raccogliendo le nostre cose.

Nel campo siamo conosciuti come "quelli dei Gigli", dal nome della nostra via. Le nostre roulotte sono abbastanza vicine, anche se per arrivare alla mia devo passare davanti a quelle di tutti gli altri. La prima è quella di Pietro, enorme e bianca; poi ci sono quelle di Anna, a destra, e Giulia, a sinistra; la mia e quella di Lisa sono in fondo alla via, una accanto all'altra. Esattamente al centro c'è la piazzola di Giacomo e Martina, fratello e sorella. Accanto al loro, c'è uno spiazzo vuoto in cui i loro genitori hanno allestito un paio di panchine e un tavolo che usiamo quando non sappiamo dove andare.

Ed è lì che li troviamo: tutti e cinque, intenti a parlare fitto fitto.

Ci avviciniamo e ci sediamo insieme a loro, aspettando di sentire le cronache delle loro avventure a Fermo, quando questi si girano e ci fissano in silenzio. Il sorriso sulle mie labbra si spegne e comincio a preoccuparmi. Non sono mai silenziosi, non è nella loro natura: non ne sono capaci!

"Cosa è successo?" chiedo con un filo di voce.

Pietro tira fuori un quotidiano e lo sbatte sul tavolo. Sembra agitato, strano che non stia imprecando.

Prendo il giornale e giro appena due pagine prima di vedere la foto della piazzetta del bar Centro. Scorro cercando il titolo: "Proprietario di campeggio indagato per evasione fiscale". Leggo d'un fiato l'articolo, cercando di capirci qualcosa. L'ultima frase è la peggiore: Il campeggio, il più grande della zona, rischia di chiudere.

"Cosa significa?" borbotta Lisa.

"Significa che il signor Rossi ha fatto un torto a qualcuno." le risponde Pietro.

"Qui c'è scritto che è un criminale..."

"No, lì c'è scritto che ha evaso delle tasse. In realtà..."

"In realtà?" mi intromisi. Non credevo fosse così informato.

"Non ha evaso un bel niente. A Maggio, prima che arrivino i campeggiatori il signor Rossi mette a disposizione il campeggio ad un orfanotrofio di Milano. Ora, penso che qualcuno abbia insinuato che non sia un'opera di beneficenza, ma che ci ricavi non so quanto."

"Ma è falso, vero Pietro?"

"Sì, è falso. Ti ricordi quando Giacomo e Martina hanno avuto per ospite la sorella con la figlia? Nella loro roulotte c'era una persona oltre il limite, ma il signor Rossi ha deciso di chiudere un occhio. Quando gli abbiamo chiesto se questo spiazzo si poteva usare? Ci ha dato il permesso. Ecco, è un tipo così... Però, per il fisco questi piccoli favori sono evasione fiscale."

"Ma non ha del profitto da questa piazza: ce l'ha regalata!" si agita Lisa.

"Vero, ma come puoi dimostrarlo?"

Rimanemmo in silenzio, aspettando forse un miracolo.

"Ne parleremo con i nostri genitori. Fatelo anche voi." comincia Martina. "Vediamo cosa ne pensano loro."

"Comincio io." affermo prendendo il giornale. "Più tardi porterò l'articolo a Giulia. Mi raccomando, fatelo girare."

"Scoppierà una rivoluzione." afferma Pietro pacato.

La profezia di Pietro si avvera: nei giorni seguenti la voce si sparge per il campo e il signor Rossi è costretto a indire una riunione nell'arena. Anche il cielo sembra preoccupato, con quei nuvoloni neri che minacciano, ma neanche una goccia si posa sul campo.

I pensionati passano il tempo a parlare della chiusura, chiedendosi se si arriverà almeno a fine settembre. I miei genitori e quelli di Lisa evitano di parlarne, preferendo aspettare che la situazione si evolva.

"Mio padre ha detto esattamente quello che ha detto Pietro." comincia Giulia.

"I nostri non ne parlano..." aggiunge Giacomo, guardando la sorella.

"Preferiscono aspettare di vedere cosa succederà..." conferma Martina.

"Ho chiamato ieri mia madre. Mi ha confermato quello che ha detto Rossi: non possono chiudere il campo da un giorno all'altro, però potrebbe non riaprire l'anno prossimo."

"Ma è così grave non aver pagato qualche tassa?" chiede Lisa.

"Non è più solo qualche tassa, a quanto pare ogni giorno salta fuori qualcosa di nuovo."

"Mi dispiace." dico semplicemente. Sono tutti così presi a cercare una soluzione, sicuri che non possano portarci via un pezzo della nostra vita così.

"Anche a me." aggiunge Pietro. Effettivamente, lui è quello che ha più da perdere. Passa l'estate qui, da solo, mentre i genitori lavorano in giro per il mondo.

"Tra pochi giorni finirà agosto." ci ricorda Giulia. Lei è la prima ad andarsene, sempre il primo settembre. Pochi giorni dopo tocca a Giacomo e Martina, seguiti da Anna.

Io, Lisa e Pietro rimaniamo fino all'inizio della scuola.

La sera del trentuno agosto la passiamo tutti sulla spiaggia, il campo ormai è quasi vuoto. Le famiglie sono rientrate per tornare al lavoro, sono rimasti solo i pensionati e le madri con figli piccoli. Noi riusciamo sempre a convincere i nostri genitori a lasciarci da soli.

Quest'anno Anna e Giulia hanno raccolto della legna dai boschetti intorno al campo e l'hanno accatastata sulla spiaggia. Abbiamo acceso il falò e nessuno ha osato dirci niente. Ci siamo seduti in cerchio, in silenzio. Nessuno ha davvero voglia di parlare.

Giacomo è il primo che rompe il silenzio: "potresti sconfiggere il mondo, potresti vincere la guerra, potresti parlare a Dio; và a bussare alla sua porta."

"Giacomo, ma che cavolo stai blaterando?" chiede Pietro confuso.

"No! Come hai osato?" urla Anna e si fionda addosso a Giacomo cercando di strappargli un foglio dalle mani, ma lui si alza in piedi e solleva la mano per impedirglielo.

Sorridiamo tutti a quella scena, anche Giulia che è sempre malinconica prima di partire.

"Dove lo hai trovato?" chiedo curiosa. Anna nasconde le sue poesie in posti sempre insoliti. È molto gelosa del suo lavoro...

"Sotto ad uno scoglio..."

"Mi stavi spiando!"

"No, Anna. Ti ho anche salutato, ma tu eri tanto concentrata che mi hai ignorato..." si difende Giacomo.

"Se lo avessi letto davanti a qualcun altro sarei infuriata."

"Lo so. Ma siamo la tua famiglia, noi."

"Già.", Anna si risiede di nuovo triste.

Ognuno è perso nei suoi pensieri, mentre Giacomo restituisce il foglio di carta ad Anna che lo butta tra le fiamme. Guardiamo quel foglio accartocciarsi, andando in fumo come il nostro umore.

"E adesso?" chiede Lisa.

"E adesso niente." le rispondo.

Le fiamme si stanno spegnendo lentamente, e noi non abbiamo altra legna per ravvivarle.

"È stato bello passare le estati con voi." dice Giulia.

"Non sarà l'ultima!" afferma Giacomo convinto.

"Comunque vada, noi non possiamo farci niente." aggiunge Pietro allungando le gambe verso il mare e appoggiando la testa sulla spiaggia, lo sguardo rivolto alle stelle.

"Però non è giusto..."

"Sarebbe accaduto comunque: saremmo cresciuti, avremmo iniziato a lavorare, avremmo avuto meno tempo per le vacanze. Alla fine ci saremmo allontanati lo stesso. Almeno così abbiamo la scusa che non sarà stata colpa nostra."

"Come sei cinico, Pietro." sussurro.

"E tu sei un'idealista, Giacomo un furfante, Giulia timida e Anna ha un'anima troppo poetica. Però vi voglio bene lo stesso."

"Non è una cosa brutta!" si difende Anna, mentre Giacomo ride sotto i baffi.

"E io?" chiede Martina.

"Tu sei una pignola. Lisa invece dorme sempre."

Tutti e sei ci voltiamo verso Lisa che si è effettivamente appisolata coprendosi col telo di Anna. Scoppiamo a ridere all'unisono, svegliandola. Lei si guarda intorno e ridacchia con noi, anche se non ha idea di che cosa stessimo parlando.

"Io non ci credo che tutto questo possa finire così, da un giorno all'altro." afferma quando torna il silenzio. "Non credo che vi dimenticherò così facilmente."

"Rimarremo in contatto, non come prima, però non ci perderemo di vista." la rassicuro.

"Chissà, magari un giorno qualcuno deciderà di riaprirlo. Qualcuno potrebbe comprarlo."

"Potrebbe anche essere..."

Giacomo si alza e ricomincia a recitare la strofa della poesia di Anna mentre lei prova a zittirlo stizzita con un "Ma te la sei imparata a memoria?!?"

Il fuoco si è ormai del tutto spento e il buio della notte, con un miliardo di stelle senza luna, ci avvolge. Ci alziamo lentamente allontanandoci dal mare mentre le onde ci salutano come ogni anno, come se non fosse cambiato nulla.

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