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Humanity

Caio chiuse la porta cigolante dietro di sé e si avviò con passo pesante verso la settima lavatrice - l'unica che ancora lavasse davvero, lì dentro. Riempì il cestello, richiuse l'anta e premette qualche bottone avviando il programma semi-lungo. Si sedette, poi, su una tra le poche sedie addossate a una parete.

Una volta, quella lavanderia era stata un museo: una vera e propria attrazione turistica. Il proprietario aveva preso spunto da quelle di oltre duemila anni prima, dipingendo le pareti di un giallo canarino che era diventato, con il passare dei decenni, ocra. Aveva commissionato una dozzina di lavatrici dall'aspetto complicato: non vi erano schermi, né controllo vocale. C'era, invece, un oblò che permetteva di osservare i capi girare e uno scomparto per il detersivo, troppo grande per le capsule tuttopulito che avevano invaso il mercato da secoli.

Il programma minimo si avvicinava ai quarantacinque minuti; quello che era solito usare Caio durava un'ora. All'inizio era stata una novità, le persone affollavano quel posto per osservare quelle macchine rudimentali che si agitavano quando iniziava la centrifuga. Poi, la lunghezza aveva iniziato ad annoiare e dopo nemmeno dieci anni tutti si erano dimenticati di quel posto.

Era quello il motivo per cui piaceva a Caio: lo allettava l'idea di poter stare da solo per un'ora, a pensare o anche semplicemente a rilassarsi. Allungò le gambe e le incrociò sui talloni; estrasse dalla tasca il suo orologio e lo legò al polso: non si era mai abituato a portarlo tutto il giorno, lo trovava troppo scomodo e pesante.

Quando l'oggetto ebbe riconosciuto il suo proprietario, si accese con un bip e gli proiettò davanti al volto una piccola stella lampeggiante.

"Apri" mormorò l'uomo.

Messaggio pervenuto da: QG, gli rispose una voce leggermente metallica ma fluente.

"Leggi."

Atteso ore 16 in Sala Blu. Firmato: Julio Julius, Ammiraglio della flotta di esplorazione, eccetera eccetera.

Caio sorrise piano, divertito. Aveva impostato da poco la sua assistente digitale perché evitasse di leggere tutti i titoli onorifici nelle firme dei messaggi. Era una perdita di tempo, non solo perché non lo interessavano, ma soprattutto perché l'83% dei messaggi ricevuti erano mandati dal suo capo e contenevano a stento una riga di messaggio e tre pagine standard con tutti i suoi incarichi, che ormai conosceva a memoria.

"Devo ricordarmi di non leggere la posta davanti a Julius" pensò.

"Che ore sono?" chiese all'apparecchio.

Sono le 14.49 secondo l'orario centrale della Capitale. Ora siamo esattamente a 3.2 km dalla sede centrale della Flotta di Capria. Con le condizioni attuali di traffico, usando i mezzi pubblici, prevedo un viaggio di 12 minuti. Consiglio di non partire subito: le 16 sono ancora lontane!

Caio sospirò leggermente infastidito: "Avevo chiesto solo l'ora."

Sono le 14.50.

Riprogrammare la sua assistente si stava rivelando più lungo del previsto: lo avevano costretto ad aggiornare la sua vecchia Luce perché ormai diventata obsoleta per un ufficiale del suo grado.

Un'altro bip segnalò l'arrivo di un'altro messaggio.

"Leggi."

Riunione anticipata alle ore 15.15. Firmato: Julio Julius, Ammiraglio della...

"Va bene, basta." la interruppe Caio. "Invia una risposta. Testo: Non mi è possibile arrivare in tempo, sono spiacente."

Messaggio inviato. Risposta immediata tramite canale privato: messaggio vocale.

"Riproduci."

"Alza il culo e vieni subito qui, nessuno ruberà le tue mutande!"

Caio sospirò e maledisse l'idea stolta che aveva avuto: la prossima volta nulla lo avrebbe portato ad accendere quell'aggeggio nella sua area di pace. Uscì alzando il colletto del cappotto di lana sintetica e affrontò le temperature gelide dell'inverno su Capria.


Julio era comodamente seduto sulla sua sedia girevole in pelle dall'alto schienale imbottito. Aveva in mano un cubo di Rubik e lo scomponeva per poi ricomporlo in pochi secondi con cadenza regolare, come faceva sempre quando era nervoso. La stanza era semivuota: soltanto un terzo dei posti attorno all'enorme tavolo ovale era occupato da ufficiali in uniforme intenti a chiacchierare sottovoce cercando di captare qualche informazione sul motivo di quella riunione di emergenza. Altri continuavano ad arrivare, occupando con ordine le loro postazioni, posando eventuali valigette o palmari. La maggior parte di loro erano uomini di almeno cinquant'anni e avevano raggiunto il loro incarico con anni di lavoro nella Flotta. Gli unici a non corrispondere a tale descrizione erano due giovani uomini e una donna, tutti sotto la trentina.

Il Capitano Tito Emilis era il capo dei piloti della flotta, esperto conduttore di Viper, navicelle ultraleggere e veloci. Quintilio Julius era il nipote dell'Ammiraglio, Ufficiale Esecutivo di Caio sulla nave Libra. Infine, Livia, ingegnere delle telecomunicazioni e ufficiale sulla Libra.

Caio si diresse verso Julio per salutarlo subito dopo essere entrato, dedicandosi poi ai suoi ufficiali.

"Come mai hanno convocato anche voi?" chiese loro. Quintilio alzò le spalle, confuso quanto il suo Comandante.

Quando la sala fu piena, Julio si alzò e chiuse le porte con un cenno. I vetri della sala si oscurarono, facendo però passare luce dall'esterno, e alcuni orologi vibrarono o emisero qualche suono di allarme.

"Da ora fino alla fine della seduta non sarà possibile comunicare con l'esterno." spiegò l'Ammiraglio. Tutti si girarono verso di lui in silenzio, sorpresi da tanta cautela. "Vi starete chiedendo il perché della mia urgenza e di tutte queste misure: i vostri dubbi verranno presto dissipati. Abbiamo ricevuto notizie dalla Terra."

"La Terra?" chiese qualcuno non riuscendo a trattenere la sorpresa. Erano secoli che nessuno la nominava: da quando si erano stabiliti su quel pianeta a cinquanta anni luce dal Sistema Solare.

"Come sapete" continuò Julio, ignorando le reazioni dei suoi sottoposti, "siamo giunti su Capria dopo quasi un secolo di pellegrinaggio nell'universo, ormai seicento anni fa. I libri di scuola parlano di un'avventura, una partenza alla ricerca di qualcosa di nuovo. I nostri antenati sono presentati come eroi, ma se siete giunti fino alla carica che vi permette di essere qui, a questa riunione, sapete quanto, in realtà, sia errato. Erano fuggitivi, criminali, espulsi dalla Terra per un motivo o per un altro." Livia ebbe un sussulto e si osservò intorno cercando di capire se anche gli altri fossero sorpresi come lei, ma trovò solo facce concentrate e attente. Era lei, l'unica a non saperne nulla. "È questo il motivo per cui non abbiamo più avuto contatti di nessun tipo con il nostro pianeta. Ci siamo stanziati su questa roccia, arida ovunque eccetto che intorno ai poli, abbiamo costruito delle case e ricominciato da capo. La nostra società è fiorita in poco tempo, permettendoci di sopravvivere e coltivare abbastanza cibo per le nostre bocche. La Flotta, attrezzata e armata, si è ridotta a una mezza dozzina di navi che gravitano intorno all'equatore e scrutano lo spazio profondo. Ci siamo dimenticati della nostra provenienza, ma ora serve ricordare. Un segnale è arrivato questa mattina, è stato intercettato da tutte le navi in orbita che hanno fatto rapporto direttamente a me."

Appena ebbe finito, si sedette e incrociò le mani sul tavolo.

"Che cosa faremo?" chiese il Colonnello Cicero Mastro, l'uomo alla sua destra.

"Lo decideremo in questa seduta. Per questo ho voluto qui il personale essenziale della nostra migliore nave esploratrice."

"Non esploriamo nulla da almeno tre anni." si intromise Caio.

"No, hai ragione, amico mio. Però, avevo bisogno di qualcuno che conoscesse davvero i rischi dell'attività fuori dai nostri radar. Non possiamo semplicemente ignorare la situazione."

"Che tipo di situazione?" domandò un uomo seduto in fondo.

"Già prima della partenza la Terra aveva avuto varie volte problemi con l'inquinamento. L'umanità aveva rischiato l'estinzione su quel pianeta, ma negli ultimi anni di cui abbiamo traccia, nei Diari di Arrivo, i terrestri avevano iniziato a prendersene cura: riducendo l'affollamento espellendo chi era di troppo, come è successo a noi, e restituendo alla natura territori non indifferenti. Sociologi, statisti e biologi hanno lavorato a lungo sul tema e siamo giunti alla conclusione che in circa trecento anni la Terra sia tornata completamente vivibile, senza rischi per nessuna specie. Consultando alcuni storici, abbiamo calcolato la probabilità che sia scoppiata una guerra negli ultimi trecento anni e la portata dei danni. C'è una possibilità non indifferente di olocausto nucleare. I nostri antenati sono stati privati di quella tecnologia per paura di ritorsioni. Una nave si sta avvicinando a Capria, in cerca di forme di vita. Non ci hanno ancora localizzato, né lo abbiamo fatto noi: abbiamo soltanto intercettato le loro onde elettromagnetiche. Non sanno ancora della nostra esistenza."

"L'opzione più sicura è abbattere la nave." spiegò con voce atona l'uomo alla sinistra dell'Ammiraglio sfogliando alcuni fogli pieni di formule e numeri. "Accogliere dei rifugiati potrebbe portare sul nostro pianeta malattie sviluppate negli ultimi sette secoli con il rischio di estinguerci in poche settimane. La nave, inoltre, potrebbe non avere intenzioni pacifiche. Se la Terra avesse veramente subito un armageddon, i sopravvissuti sarebbero alla ricerca di un nuovo pianeta, e il nostro è il più vivibile della galassia."

"Il nostro Stratega ha analizzato tutte le possibilità." spiegò Julio. "Attualmente sono a circa mezzo anno luce da qui, anche se, come ho detto, non sappiamo esattamente dove. Pare che non abbiano sviluppato la tecnologia iperluce. Senza di essa, ci metteranno almeno otto mesi."

"Gli andremo incontro." lo interruppe Caio alzandosi. "La Libra li raggiungerà in poche ore, li faremo identificare e trasmetteremo informazioni più dettagliate."

"È pericoloso." asserì Julio.

"Certo che lo è, ma non possiamo levare loro il beneficio del dubbio."

"I terrestri non sono stati così clementi quando hanno cacciato i nostri avi." brontolò il Colonello Cicero.

"Anche noi siamo terrestri. Se volete sapere cosa sia successo sulla Terra, vi conviene contattarli. Potrebbero essere gli ultimi."

"Anche tu, Caio, sei molto curioso, a quel che vedo."

"Julio, sai che non metterei in pericolo il mio equipaggio se non fossi certo, del tutto certo, che il loro arrivo abbia qualche significato."

Livia allungò la mano e tirò leggermente la manica di Caio. Lui si girò verso di lei, mormorando: "Parla pure, Livia."

"Potrebbero aver già sviluppato l'iperluce, ma essere rimasti a secco. Le miniere sulle nostre due lune sono le uniche del sistema, potrebbero essere il loro obiettivo." Tutta la sala tacque e si girarono tutti verso di lei. "Oppure, potrebbero aver davvero risolto tutti i problemi sulla Terra e vorrebbero soltanto ricongiungesi con noi. Certo, dopo sette secoli di isolamento è utopico pensare che si ricordino di noi, ma..."

"È possibile." annuì lo stratega. "Molto improbabile, ma d'altronde non sappiamo nulla dell'evoluzione della società sulla Terra."

"Stiamo perdendo tempo." aggiunse Caio.

"E sia, autorizzo la spedizione esplorativa della Libra verso i nostri visitatori. Obiettivo: avere contatti pacifici con la navicella, scoprire qual è la loro missione e tornare indietro con l'equipaggio integro. A costo di distruggerla. Incarico, dunque, il Comandante Caio Libero di portarla a termine con l'aiuto del Capitano Tito Emilis e di un gruppo scelto di piloti militari. Integreremo sulla nave armi a medio raggio e Viper."

I due nominati si alzarono e portarono la mano destra accanto alla tempia, in un impostato saluto militare. Julio riaprì le porte, chiedendo a tutti di mantenere il segreto per le ore successive. Caio uscì velocemente, seguito da Livia e dal suo Ufficiale Esecutivo, che fu però richiamato indietro dall'Ammiraglio.

"Quintilio, aspetta un attimo." esordì riprendendo a giocare con il cubo di Rubik.

"Dimmi, papà..."


La Libra era un'enorme nave da guerra, costruita al tempo in cui gli esseri umani ancora non sapevano di essere soli nell'universo. Era fornita di armi, per lo più in disuso, e milioni di sistemi di sopravvivenza mantenuti in vita dall'efficientissimo team di tecnici che, senza riposo, controllava ogni angolo e riparava il minimo danno. Era una vera e propria piccola città, in grado di trasportare svariate migliaia di passeggeri, oltre all'equipaggio. Il ponte di comando, raggiungibile in poco meno di un minuto dall'ingresso principale, era una sala circolare, con un centinaio di computer e una ventina di posizioni intorno al tavolo centrale, rotondo anch'esso, che una volta acceso proiettava una trasposizione in tre dimensioni dell'area intorno alla nave.

Caio era in piedi, intento ad accendere gli ultimi sistemi della nave. La sala era ancora vuota, ad eccezione di Livia che controllava lo stato dei collegamenti.

"Posso parlare liberamente?" gli chiese lei, una volta finito il suo lavoro. Caio annuì. "Non riesco a capire il motivo di tanta impazienza, di tanta curiosità..."

"Tu hai scoperto da poco cosa è successo davvero sulla Terra, settecento anni fa, ma io lo so da anni e mi sono sempre chiesto come la partenza di quelli di troppo abbia giovato all'umanità. Con la nostra tecnologia attuale potremmo tornare lì in pochi mesi, ma nessuno ha mai osato proporlo. Loro, invece, devono averci messo anni ad arrivare fino a qui, forse persino secoli. L'universo è infinito e per la maggior parte invivibile: non ti sembra una coincidenza che arrivino proprio qui? Cosa c'è sotto: l'aiuto di una qualche divinità, del destino, o è tutto in piano?"

"E se fossero come eravamo noi? Criminali espulsi dalla Terra. In quel caso, permettere loro di integrarsi non avrebbe certo effetti positivi: la nostra società è evoluta nel corso dei secoli e ora siamo una normale popolazione con un tasso di criminalità accettabile, ma loro no. Se fossero davvero in esilio, penso sarebbero i più pericolosi della Terra."

"Potrebbero, invece, essere gli ultimi terrestri sopravvissuti, profughi. Cosa dovremmo fare in quel caso?" chiese, interrotto dalla voce meccanica del computer dell'astronave.

Controllo sistema di sopravvivenza terminato: 100% funzionante; controllo sistema bellico terminato: 91% funzionante; collegamento nuove risorse terminato: registrati dodici nuovi veivoli di tipo Viper 100237.C e munizioni in supplemento.

"E tutte queste armi, Livia..." continuò: "Erano state costruite per difenderci da eventuali alieni con cattive intenzioni. Ora potremmo doverle usare contro di noi."

"Speriamo non si giunga a tanto, Comandante." finì la ragazza tornando al suo lavoro.

Quintilio entrò nel momento in cui Caio aveva alzato il microfono che gli avrebbe permesso di essere sentito in ogni corridoio. Si diresse verso la sua postazione, porgendo al suo superiore una sacca. Caio la prese in mano, curioso e ne osservò il contenuto.

"Te ne sei dimenticato" spiegò poggiandogli una mano sulla spalla.

Il Comandante scoppiò a ridere posandola senza troppa eleganza sotto al tavolo, per poi subito tornare serio e concentrato sulla sua missione, ma non prima di aver pronunciato: "Non sia mai che vada a una riunione di famiglia senza le mie mutande..."

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