Capitolo 24
Sono passati due giorni dall'intervento.
Maria non ha ancora ripreso conoscienza, mentre io sto per essere dimessa. Dopo il mio attacco di panico il dottor Perrotta ha preferito tenermi per un paio di giorni in osservazione, forse temeva che se mi avesse lasciata a piede libero avrei potuto compiere un gesto sconsiderato.
Rosita si è praticamente trasferita in ospedale con me. Ha lasciato i bambini con i suoi genitori, ha avvisato l'università che sia io che lei avevamo gravissimi problemi familiari ed è tornata da me, senza lasciarmi più.
Le voglio un mondo di bene, e forse è anche riduttivo.
Mio padre è tornato a casa mentre io ero ricoverata e non si è più fatto vedere. Ha lasciato il suo numero a Ros ed è lei ad avvisarlo delle novità. Io e lui, ormai, abbiamo perso ogni possibilità di dialogo.
Per quanto riguarda il messaggio stucchevole e insensato di Sebastiano, l'ho cancellato non appena ho ripreso i sensi. Può andare a farsi fottere, lui e tutto ciò che lo riguarda.
Da oggi si cambia musica. Da oggi c'è solo Maria.
Mi lego i capelli in una coda sfatta, dopodiché firmo le dimissioni dall'ospedale e scendo giù, al reparto pediatrico.
Il dottor Perrotta esce dalla stanza di Maria con dei fogli in mano e mi fissa, sorpreso. <<Cristina, che ci fai qui?>> Dovrei fargli la stessa domanda. Praticamente si è accampato nella camera della mia piccola.
Scrollo le spalle. <<Voglio salutare mia sorella.>>
Lui mi prende per le spalle delicatamente e mi fa indietreggiare. <<Sei appena stata dimessa. Vattene a casa, fatti una doccia e riposati. Tua sorella è stabile, ma ancora non ha ripreso conoscienza. Non risolverai niente se te ne stai qui a guardarla. Devi essere in forma per quando si sveglierà. Vai a riposarti, è un ordine.>>
<<Claudio, ti prego, non riesco a starmene a casa con le mani in mano, io devo aiutarla, devo...>>
<<Cris, io devo aiutarla. Sono il suo dottore.>> Mi lascia una carezza sulla guancia e mi sorride come farebbe un padre con una figlia. <<Voglio bene a te e Maria come se fossimo parenti, devi fidarti di me. Vai a casa, riposati un po'. Oggi pomeriggio potrai vederla.>>
<<Ma...>>
<<Cristina, coraggio, vai a casa.>>
Esco fuori nel parcheggio dell'ospedale e provo a chiamare Rosita. Quando Dante è venuto a riprendersi la sua auto, lasciando la mia, io ero già priva di sensi, così ha dato le chiavi alla mia amica con la promessa che sarebbe venuto a salutarmi l'indomani, ma io ho preferito chiaramente non ricevere visite. Ho bisogno di starmene per conto mio.
Comunque sia, stamattina Rosita è tornata a casa per farsi una doccia e ha preso la mia macchina, quindi ho bisogno di lei per andarmene di qui.
C'è la segreteria, così le lascio un messaggio, chiedendole di venire a prendermi, e poi mi rifugio nel bar dell'ospedale. Ordino un cappuccino e un cornetto, anche se non finisco né l'uno né l'altro. Ho lo stomaco sottosopra.
<<Eccoti, ti ho cercata ovunque.>> Alzo lo sguardo e mi trovo davanti il sorriso di Dante. <<Il tuo dottore mi ha detto che sei stata dimessa.>> Prende posto accanto a me e si sbottona il cappotto.
<<Sì, poco fa.>> Lo osservo, confusa. <<Ma tu che ci fai qui?>>
<<Ehi, volevo vederti.>> Mi accarezza una guancia, mentre mi ruba un sorso di cappuccino. <<Come sta la tua sorellina?>>
Alzo le spalle. <<E' in coma.>>
<<Sì, lo so, me l'ha detto la tua amica brasiliana.>>
<<Spagnola.>>
<<Come?>>
Sorrido. <<Rosita è spagnola.>>
<<Sì, certo.>> Dante mi prende le mani e si avvicina. <<Vorrei starti accanto, Cris, dico davvero. Permettimelo.>>
Lo farei, dico davvero. Sarebbe facile abbandonarsi alle sue parole, aprirgli la porta e permettergli di starmi vicino, proprio come mi sta chiedendo. Sarebbe facile stare con lui, credere che sia sincero, fidarmi.
Sarebbe facile. Se non fosse per gli occhi di Sebastiano fissi su di me in questo momento.
Se ne sta al di là della vetrina del bar, ha le mani infilate nelle tasche dei jeans e mi guarda. Ed io non lo so che mi succede, ma mi sembra di tornare a respirare dopo giorni di apnea, e non c'è niente di giusto, proprio niente. E' come se stessi respirando l'ossigeno di qualcun'altra, non mi appartiene, non ne ho il diritto.
E poi sto male, male da morire. E sono arrabbiata, ferita, delusa. Voglio che provi dolore anche lui, che vada in apnea anche lui, che si penta e che venga da me in ginocchio, che mi chieda scusa, che mi dica che tra lui e Diletta non c'è storia, che ci sono io, solo io.
Ed è facile, sapete? Mi basta semplicemente avvicinare la faccia a quella di Dante, sporgermi un po' ed incollare le mie labbra alle sue, in un semplice bacio a stampo.
<<Bè, direi che questo è un permesso bello e buono.>> Dante prova a stringermi in un abbraccio, ma io mi divincolo.
Quando torno a guardare fuori dalla vetrina, Sebastiano è voltato di spalle e cammina verso la sua moto, pacheggiata poco più in là.
Sorrido a Dante e infilo il cappotto. <<Torno subito, devo parlare un secondo con il dottore.>> E corro fuori. Corro da lui.
Lo raggiungo mentre sta per mettere in moto ed andarsene. Ci guardiamo per un attimo, senza sapere bene cosa dire, cosa fare, come respirare.
Alla fine è lui a rompere il silenzio: <<Maria come sta?>>, la sua voce è tagliente, affilata. Ferisce senza neanche toccarti.
Mi stringo nel cappotto, a disagio. <<Non ha ancora ripreso conoscenza, ma il dottore è fiducioso.>>
Sebastiano annuisce, senza guardarmi. <<Mia nonna vorrebbe passare a trovarti.>>
<<Ne sarei contenta. Le voglio bene.>>
<<Mi riesce difficile crederlo.>> La moto emette un rombo assordante, mentre Sebastiano parte e si dà lo slancio con il piede.
<<Che vuoi dire?>>
Si blocca al centro del parcheggio. <<Che sei una stronza, Cris. Una che non ha sentimenti.>>
Ed è a questo punto che mi si annebbia la vista. Provo una rabbia furente, cieca. omicida probabilmente. Lo afferro per la giacca di pelle e lo trascino giù dalla moto, facendolo quasi ruzzolare a terra.
<<E tu cosa sei, allora?>> Tremo, tremo forte. <<Sei una testa di cazzo. Con i sentimenti della gente ti ci pulisci le scarpe. Non te ne frega niente.>>
<<Hai ragione, non me ne frega un cazzo di te.>> Ed è proprio qui, in questo preciso momento, che il mondo si ferma. <<Cercavo un'avventura facile, una che è disposta ad avere a che fare anche con la peggior feccia della città>>, dice, indicando con un cenno della testa il bar dove si trova Dante. <<Ma non...>>
Lo colpisco con uno schiaffo in piena faccia. Lui mi guarda, sconvolto, rendendosi probabilmente conto solo in questo momento delle sue parole. Poi mi volto, gli dò le spalle e ricomincio a camminare, mi allontano da lui, da tutto lo schifo che mi ha gettato addosso in questi mesi.
<<Cris...>>, mi chiama lui. <<Cris, aspetta!>>
Non aspetto più niente.
Torno dentro, da Dante. Mi getto fra le sue braccia e inizio a piangere. Lo lascio entrare, spalanco porte, portoni e finestre. Mi lascio andare, mi affido a lui, cedo, crollo. E mi piace, perché lui mi prende al volo, non mi lascia cadere, non mi spinge ancora più in basso, non mi vieta di riemergere, non mi toglie il respiro.
Non è Sebastiano.
Sono passati dieci giorni dall'operazione di Maria, ma non ci sono stati risultati. Il dottor Perrotta dice che le sue funzioni vitali si stanno pian piano stabilizzando e che è certo che presto riacquisterà conoscenza, ma io rimango comunque scoraggiata. Dieci giorni sono tanti, potrebbe aver subito danni neurologici, potrebbe anche svegliarsi e non essere più lei.
Imbusto la spesa di una signora, mentre lei è in cerca dei soldi nel suo borsellino.
Oggi ho ricominciato a lavorare al supermercato, ma per adesso di tornare al Millenium non se ne parla. Dante è stato molto comprensivo, mi ha detto di concedermi tutto il tempo che mi serve, inoltre viene a prendermi tutte le mattine in ospedale e mi porta a lavoro. Di notte non lascio Maria neanche per un secondo. Il dottor Perrotta mi ha fatto sistemare una brandina accanto al suo letto ed io gliene sarò eternamente grata.
Le cose tra me e Dante procedono. Non so definire cosa siamo, né se diventeremo mai una coppia vera e propria, ma mi sta vicino e questo significa molto, per me.
Ci sono stati dei baci, alcuni più passionali di altri, ma niente di più. Lui vorrebbe, ma io sono di ghiaccio, non riesco a sciogliermi fino a quel punto, ho bisogno di tempo.
Sebastiano è completamente scomparso. Niente messaggi, niente apparizioni improvvise. Niente di niente, e sono felice così. Credevo fosse ossigeno, invece era anidride carbonica pura e semplice.
La signora Giovanna, sua nonna, è passata a trovarmi in ospedale un paio di volte. Mi ha abbracciata forte e ha pianto nel vedere Maria priva di sensi. Mi ha detto che mio padre lo tiene d'occhio lei e che per adesso se ne sta tranquillo in casa, senza combinare guai. Di suo nipote non mi ha detto nulla, non so neanche se sappia quello che c'è stato tra me e lui. Probabilmente no.
<<Ti dico che è strano, Tati, non ci si può parlare, grida per tutto.>>
Mi riscuoto dai miei pensieri quando sento avvicinarsi una nuova cliente. <<Buongiorno>>, dico, alzando lo sguardo.
Diletta se ne sta davanti a me, bellissima come sempre, calcata dentro un vestitino di Dior azzurro che le fascia il corpo in modo stupendo ed i capelli biondi freschi di parrucchiere, mentre io indosso questa ridicola divisa verde e gialla e ho i capelli talmente in disordine che rimpiango di non aver indossato un cappello. Lei bella e desiderata, io sciatta e inadeguata.
<<Cristina, ciao!>> Mi sorride, accarezzandomi una spalla. <<Come va? Ho saputo di tua sorella, mi dispiace tantissimo.>>
Sento un moto insensato di rabbia farsi strada dentro di me. Sicuramente Sebastiano le avrà raccontato i fatti miei a tutto spiano, l'ennesima mancanza di rispetto nei miei confronti. So che è normale parlare di tutto quando si è una coppia, ma non posso accettare che la mia vita personale sia sulla bocca di Diletta.
<<Ti ringrazio.>> Provo a sorridere, ma sicuramente mi esce fuori più una smorfia stizzita. Non voglio parlare con lei di mia sorella. Non voglio parlare con lei di niente. Osservo la ragazza che è insieme a Diletta, un'altra Barbie impeccabile. <<Faccio due conti separati?>>
<<No, fanne pure uno unico.>> Lei mi porge una delle millemila carte di credito presenti nel suo portafoglio di Louis Vuitton. <<Lei è Tatiana, la mia damigella d'onore.>>
Chiudo gli occhi, disturbata dalle sue parole quasi come se qualcuno avesse appena passato le unghie sulla lavagna. <<Piacere>>, borbotto, mentre inizio ad imbustare la sua spesa.
<<Sempre se ci sarà ancora un matrimonio>>, dice quella Tatiana, scoppiando a ridere.
E non posso fare a meno di ripensare alla frase che ho sentito quando si sono avvicinate alla cassa, prima che mi rendessi conto che si trattava di Diletta. Parlava di qualcuno di strano, intrattabile. Forse si riferiva a Sebastiano.
<<Piantala, Tati.>> Diletta non ha più tutta questa gran voglia di ridere.
Le restituisco la carta di credito e sorrido. <<Buona giornata.>>
Tatiana ricambia il sorriso, afferra una delle due buste e si allontana, incollata al suo iPhone. Diletta rimane ferma dov'è, mi guarda con una smorfietta impietosita sulle labbra.
<<Mi dispiace del brutto momento che stai passando.>> Si appoggia con il fianco contro il bancone. <<Per me, invece, questo è il periodo più bello della mia vita. Io e Seb siamo davvero felicissimi, insieme.>>
Trovo fuori luogo queste sue parole, e non perché sono innamorata di Sebastiano, ma perché sa perfettamente di quanto io stia di merda per mia sorella, eppure questo non le ha impedito di sputare fuori questa frase assurdamente stucchevole.
<<Mi fa piacere per te.>> Mi schiarisco la voce e fingo di essere occupata a sistemare la mia postazione. <<Ho parecchio da fare.>>
<<Ti chiedo solo di lasciarlo in pace.>>
Quelle parole mi colpiscono come uno schiaffo. <<Come, scusa?>>
<<Io l'ho visto come ti guardava.>> Una lacrima scivola giù lungo la sua guancia, ma lei si affretta a raccoglierla con le sue dita sottili. <<E come lo guardavi tu.>>
<<Diletta, guarda che ti stai sbagliando.>>
<<Veramente, Cristina?>> Mi sfida con lo sguardo. Mi sfida a mentire ancora, ma io rimango in silenzio. <<Ti auguro tanta fortuna con tua sorella.>>
La guardo allontanarsi e mi sembra davvero piccolissima, fragile, di vetro. Pensavo avesse una vita perfetta, invece è molto più insicura di quanto credessi.
Per quanto mi riguarda può viversi la sua storiella d'amore in santa pace. Sebastiano non è più un mio pensiero. Non voglio più averci a che fare.
*Note dell'autrice*
Capitolo piuttosto movimentato. Sì, lo so, lo so... Sebastiano non si è comportato proprio al meglio, ma la gelosia se lo mangia vivo!
Spero davvero tanto che questi nuovi capitoli servano a farmi perdonare tutto il tempo trascorso senza questi due matti.
Lasciatemi un commentino, se vi va! Sono curiosa di sapere cosa ne pensate.
A presto!
BecLynn.
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